Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

«Il pensiero bianco», un libro di Lilian Thuram

add editore, settembre 2021

Non si nasce bianchi, lo si diventa

«Bisogna fare uno sforzo non indifferente per liberarsi di tutte le maschere che si è stati obbligati a portare, e anche quando ci si riesce, si corre il rischio di non essere capiti, perché la società non ama gli spiriti liberi. Ma sono gli spiriti liberi a cambiare le società

Che cosa vuol dire essere bianco? E se invece di un colore della pelle indicasse un modo di pensare? Diventare bianco, non è forse imparare a pensare a sé stesso come dominante?

Quando si parla di razzismo, il nostro sguardo si rivolge alle persone discriminate, mentre dovremmo guardare alle persone che da queste discriminazioni traggono vantaggio.

Sul filo della storia – le conquiste coloniali, la schiavitù, la continua razzia di materie prime e dell’arte africana – Lilian Thuram racconta il pensiero bianco, come è nato e come funziona, il modo in cui dilaga e divide.
È la cristallizzazione di una gerarchia, di un sistema economico di dominazione e di sfruttamento.
Capire i meccanismi intellettuali invisibili che sostengono questo schema, e rimetterli in discussione, ci farà prendere coscienza che il nostro modo di definirci – sono un uomo, sono una donna, sono nero, sono bianco, sono meticcio, sono cattolico, sono musulmano, sono ebreo, sono ateo – è frutto di un pregiudizio storico e culturale.
Per cambiare la realtà, dobbiamo cambiare punto di vista.
Questo ci permetterà di considerarci per quello che siamo: esseri umani.

«Pierre, tu ti senti bianco?»
Percepisco un’esitazione dall’altra parte del filo.
«In che senso, Lilian?»
«Pierre, sei d’accordo che io sono nero?»
«Beh, sì.»
«Se io sono nero, tu cosa sei?»
«Beh… io sono normale.»

È da quella parola, “normale”, che comincia questo libro.