Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Piccolo di Trieste del 25 settembre 2007

Il sindaco: «Il Cpt è un’emergenza per la città»

l prefetto: «La tensione riguarda solamente gli immigrati di nazionalità egiziana»

Si è riunito a Gorizia il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. È imminente il rimpatrio dei rivoltosi.

Gradisca. «Ormai è emergenza. L’ennesima tentata fuga sta a dimostrarlo». Franco Tammasini, sindaco di Gradisca, non ha dubbi e sulla presenza del Cpt sul territorio è stato lapidario: «abbiamo sempre manifestato la nostra contrarietà alla struttura. Lo ribadiamo. Prima si chiude il Cpt e meglio è».
Una posizione netta quella espressa ieri mattina da Tommasini, un po’ sfumata poi nella seduta consiliare del pomeriggio, ma non c’è dubbio che le continue rivolte all’interno del Cpt preoccupano i gradiscani. L’altra sera le urle, gli spari dei fucili che lanciavano i candelotti lacrimogeni sono stati sentiti distintamente da molti gradiscani e il gas ha superato i muri del Cpt per riversarsi sulla statale.
Ieri la situazione era ritornata apparentemente tranquilla, ma all’interno del centro di via Udine la tensione è rimasta altissima anche perchè tutti gli extracomunitari, pure coloro che non hanno partecipato alla sommossa, sono stati costretti a rimanere all’interno delle loro stanze. E le proteste non sono mancate.
Quanto accaduto domenica al Cpt di Gradisca è stato esaminato in una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica alla quale hanno partecipato il prefetto Roberto De Lorenzo, il questore, Claudio Gatti, il comandante provinciale dei Carabinieri, Stefano D’Ambrosio, e della Guardia di Finanza, Michele Pallini. Dalla riunione è emerso che l’azione di domenica sera di polizia e carabinieri si è svolta esclusivamente all’esterno del Cpt (nel quale le forze dell’ordine possono entrare solo in casi eccezionali ed estremamente gravi) e che, a un certo punto della protesta, è stato deciso di utilizzare i lacrimogeni per evitare «contatti e scontri con gli altri immigrati ospiti del centro contrari al tentativo di fuga». Durante la rivolta tre clandestini sono rimasti leggermente contusi.
«La tensione – ha spiegato il prefetto – riguarda solo gli immigrati di nazionalità egiziana, che sanno che, per un motivo o per l’altro, prima o poi dovranno essere reimpatriati e che vorrebbero tentare di impedire che ciò avvenga». Ma il loro rimpatrio sarebbe già stato deciso e non è escluso che sia già avvenuto la scorsa notte.
Al momento, nel Cpt gli egiziani sono in tutto una cinquantina su un totale di 230 immigrati. «Questo gruppo – ha spiegato il prefetto – si contrappone agli altri immigrati che, invece, accettano la permanenza nelle strutture del Cpt. Molti di questi immigrati di nazionalità diversa da quella egiziana sono in attesa della conclusione delle procedure per l’asilo politico o di quelle per i ricongiungimenti familiari; ritengono di avere buone condizioni di vita e – ha concluso De Lorenzo – vivono con tranquillità la loro permanenza nel CPT».
Proprio per evitare di rientrare in Egitto, gli immigrati hanno tentato di nuovo la fuga, bloccati dalla reazione delle forze dell’ordine che non hanno esitato di usare i gas lacrimogeni. D’altra parte all’interno del Cpt il presidio di polizia conta su pochi agenti, insufficienti a reggere la prima emergenza. «Fino ad ora ci è andata sempre bene – ha detto Sammito, responsabile del sindacato di polizia Siulp – perchè non ci sono stati feriti o morti, ma è necessario intervenire potenziando il reparto mobile».
Il segretario regionale del Coisp, Maurizio Iannarelli, ribadisce la richiesta di chiusura del Cpt e «in attesa che ciò avvenga, devono essere cospicuamente rinforzati gli organici degli operatori delle forze di polizia adibiti alla vigilanza di queste strutture».
fra.fem.


Rosato: aumenterà il numero degli agenti
Antonaz chiede la chiusura del Centro, Metz vuole visitarlo, la Lega attacca il Governo.
Le rassicurazioni del sottosegretario all’Interno: lavoriamo per mantenere sul territorio anche le forze ora impegnate alla frontiera.

«Da qui a Natale, nei momenti di picco, all’interno del Cpta di via Udine ci sarà un aumento delle forze di sicurezza»: lo assicura il sottosegretario all’Interno Ettore Rosato che, dopo la terza sommossa messa in atto da cittadini di nazionalità egiziana nella struttura gradiscana, torna sulla questione sicurezza. Premesso che è in previsione un alleggerimento della presenza di immigrati, in attesa della sospensione dei controlli di documenti alla frontiera italo-slovena grazie alla quale si renderanno disponibili diverse unità di polizia ora occupate ai valichi, al Cpt arriveranno dei rinforzi.
In merito al disimpegno degli agenti di frontiera Rosato specifica: «Stiamo lavorando per fare in modo che questi rimangano sul territorio. Per ora non c’è ancora la certezza che questo accada, c’è solo il nostro impegno».
Riguadro all’agitazione dei clandestini il rappresentante del Governo nota che viene «da cittadini di nazionalità rispetto alle quali si sta attuando una politica di rimpatri rapidi». È quindi naturale che queste persone cerchino di di evitare l’espulsione: «questo bisogna metterlo in conto e l’intervento delle forze dell’ordine è sempre stato misurato. Inoltre i fuggitivi sono stati quasi sempre rintracciati», conclude Rosato.
Per l’assessore regionale alla Pace Roberto Antonaz tre tentativi di evasione in meno di un mese stanno a significare soltanto una cosa: «al Cpt di Gradisca siamo in piena emergenza e in una situazione che non ha eguali sul territorio nazionale. Serve dunque una decisione di emergenza e l’unica possibile in questo momento è quella di chiudere questi centri».
In attesa che il Governo definisca il ruolo di queste strutture con la legge Ferrero-Amato, Antonaz ribadisce che i Cpt vanno chiusi: «Questa è la posizione della Regione, ma anche della Provincia di Gorizia, del Comune di Gradisca e dei sindacati di polizia», aggiunge il rappresentante della Giunta Illy.
«Da Lampedusa a Gorizia, questo è un paese dove gli immigrati fanno quello che vogliono»: è l’opinione del presidente federale della Lega Nord, Angelo Alessandri che parla di «prove tecniche di banlieu». «La rivolta nel Cpt di Gradisca – aggiunge l’esponente del Carroccio – è la dimostrazione che la strada del rispetto delle regole è ancora molto lunga e il governo non facilita certo il compito».
Definendo la situazione del Cpt di Gradisca scandalosa, il coordinatore Enti locali della Lega Nord Federico Razzini parla di un «business per pochi» e di «una realtà controproducente e dannosa per il territorio che la ospita» e propone di chiuderla con un «fallimento pilotato».
Ricordando che «non può essere normale» fare respirare a una bambina di pochi mesi il gas dei fumogeni, il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz chiede invece al prefetto Claudio Gatti di poter visitare venerdì alle 14.30 la struttura di via Udine assieme ai altri rappresentanti delle istituzioni, a quelli delle associazioni e a quelli degli organi di stampa.


Forza Italia sollecita a chiedere contropartite allo Stato
Ripercussioni in Consiglio comunale su quanto accaduto l’altra notte al Centro immigrati di via Udine.

«Il nostro augurio è di riuscire a rendere la struttura più vivibile per chi vi è dentro rassicurando di conseguenza chi vi abita vicino». È stato realistico il sindaco di Gradisca Franco Tommasini durante il consiglio comunale di ieri, nel quale è stato affrontato immediatamente il tema «caldo» del momento: la difficile convivenza tra Gradisca e il Cpt, alla luce anche dei preoccupanti fatti di cronaca registratisi nell’ultimo mese.
Il primo cittadino ha spiegato di fronte ai colleghi di maggioranza e opposizione: «Purtroppo dobbiamo cercare di continuare a convivere con il centro: non ci sono novità rispetto a tre giorni fa, quando il sottosegretario all’Interno Ettore Rosato ha promesso l’apertura del centro di identificazione, che speriamo non crei ulteriori disagi alla nostra comunità. Questa notte siamo stati costretti a registrare il terzo gesto di ribellione in poche settimane: ho assistito personalmente a tutto, e non si può negare l’uso di lacrimogeni e il caos vissuto nella struttura ieri sera. C’è stato un clima di tensione, anche all’esterno: l’abitazione dei miei genitori dista poche decine di metri dall’ex Polonio e si sono sentiti distintamente spari e urla che provenivano dall’interno, allarmando chi da fuori non capiva cosa stesse succedendo. Abbiamo espresso in tutte le sedi – ha continuato Tommasini – le nostre preoccupazioni: allo stato attuale non possiamo fare di più. La chiusura del Cpt di via Trieste purtroppo resta solamente un sogno».
Un discorso, quello del sindaco, che non è affatto piaciuto al coordinatore di Forza Italia Paolo Tondi: «Il sindaco ha detto solo poche parole sul Cpt: continua a pensare che il governo possa chiudere la struttura, e non ha accolto le nostre richieste di rassegnarsi, chiedendo invece una contropartita allo Stato. Non è facile chiudere qualcosa costato 22 milioni ai contribuenti: purtroppo però bisogna rassegnarsi. Gradisca, volente o meno, dovrà tenersi questa struttura – incalza Tondi – e allora vogliamo che il sindaco si impegni per arrivare a una contropartita. Se in caso contrario invece questa amministrazione rimarrà supina, siamo pronti a lanciare una petizione popolare: non riguardante il Cpt, ma la contropartita. È necessario incentivare il turismo: Gradisca è spesso citata sui giornali a causa della ex Polonio e non perché disponiamo di un castello e di tante altre attrattive. Non sarà un referendum – chiude Tondi – ma solo una sveglia nei confronti del sindaco perché si decida a chiedere una contropartita allo Stato».
Matteo Femia


Betania, nove mesi, arrivata il 27 agosto assieme alla mamma
La bimba eritrea visitata dai medici
Si chiama Betania, è eritrea e ha nove mesi. È lei l’inconsapevole simbolo della sommossa di domenica sera al Cpta di Gradisca. Lei che dietro le mura di cinta dell’ex caserma Polonio è coccolata da tutti – ospiti e operatori che siano – è finita sotto i riflettori dei media locali e nazionali e, forse, non è stata neppure la prima volta. In braccio alla sua mamma, Betania era sbarcata a Lampedusa nella seconda metà di agosto quando l’attenzione dei telegiornali era puntata su quei 120 chilometri di mare che separano l’isola dalla Tunisia. Al Cpta di Gradisca è arrivata il 27 agosto. Tre giorni dopo si è registrata la prima fuga.
La camerata dove mamma e figlia vivono non è a ridosso della zona dei disordini, ma il fumo, il rumore, le urla e tutto ciò che segue ai tentativi di fuga o alle rivolte si ripercuotono inevitabilmente anche su di loro. Quando Betania è stata accompagnata dagli agenti al di là del muro che divide il «dentro» dal «fuori», era tranquilla. Dopo essere stata sottoposta a una visita medica di controllo, i sanitari hanno ritenuto opportuno portarla in ospedale più per precauzione che per altri motivi. Così sarebbe stata lontano da altre fonti di stress.
Ieri mattina Betania è stata dimessa. Come ha ricordato anche il primario del pronto soccorso di Gorizia, Giuseppe Gianiorio, le sue condizioni di salute sono ottime. Per lei non ci sono stati sintomi di intossicazione neppure alle prime vie respiratorie.
Come tutti gli altri bambini che l’hanno preceduta, al Cpta anche Betania è considerata una mascotte. I suoi occhi grandi ed espressivi stregano al primo sguardo e sembrano dire: «Prendimi in braccio».
Stefano Bizzi


Sfasciate anche le macchinette distributrici di snack e bevande
Danni per migliaia di euro.
Ammonta a qualche migliaio di euro il danno complessivo provocato dai rivoltosi durante la sommossa di domenica sera al Centro di permanenza temporanea di via Udine.
Ricalcando la matrice dell’azione del 14 settembre con la quale avevano tentato di abbattere un vetro anti-sfondamento, gli egiziani hanno sfilato una porta di acciaio e l’hanno utilizzata come ariete. A farne le spese, questa volta, sono state, però, le macchine distributrici di snack. L’obiettivo insolito lascia aperte due ipotesi. Da un lato porta a presumere che lo scopo della rivolta non era la fuga, dall’altro porta a pensare che alla luce dell’esperienza di chi era stato ritrovato a distanza di tre giorni ridotto allo stremo per fame la scorsa settimana, gli egiziani volessero «fare provviste».
Oltre ai distributori di merende e succhi di frutta, gli egiziani hanno sfondato anche alcuni pannelli del controsoffitto della mensa. Da qui, con ogni probabilità, pensavano di poter raggiungere altri locali della struttura.