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Il terzo rapporto di MEDU sulle condizioni dei migranti lungo il confine Nord-Occidentale delle Alpi: una sintesi

L’associazione umanitaria ci descrive una realtà complessa e molto critica

Photo credit: Piero Gorza

Si presenta una sintesi del rapporto dei Medici per i Diritti Umani relativo agli ultimi quattro mesi sul confine Nord-Occidentale delle Alpi 1.

Il report, che si configura come il terzo di una serie, fotografa una realtà complessa: il precedente è datato febbraio 2021, proprio pochi giorni prima dello sgombero della casa cantoniera ChezJesOulx, a seguito del quale una situazione già di per sé grave, inasprita dalla pandemia e dalla difficoltà di questo confine, è precipitata, ridefinendo la distribuzione dei migranti nella Val di Susa e il loro breve soggiorno sul confine prima dell’attraversamento francese.

La Val di Susa in Europa: contesto geopolitico

L’entità dei flussi che oggi attraversano la Val di Susa è molto diversa dal passato. I migranti che attualmente si affacciano sul confine francese non sono i maghrebini, gli albanesi e i rumeni del secolo scorso, che giungevano in Italia per attrattività economica col progetto di rimanervi e di integrarsi nel suo contesto sociale; e non sono neppure i migranti che hanno valicato i pendii di questi stessi monti negli anni 2017-2019; con l’aumento dell’instabilità politica in Medio Oriente e delle violenze consumate in Libia a danno dei migranti, un numero sempre più consistente di soggetti in transito provenienti dall’Africa hanno scelto di intraprendere la rotta di terra per giungere in Europa, anche a costo di un giro più lungo e costoso: così, la Turchia è entrata nel complesso scacchiere delle rotte migratorie iniziando a rappresentare uno snodo fondamentale di molti flussi migratori.

Una volta giunti in Turchia, alcuni si dirigono verso Patrasso e intraprendono le rotte di mare che li conducono in Italia meridionale; altri si immergono nella rotta di terra più volte ridisegnata, ma sempre identificata con il nome di rotta balcanica, che risale l’Europa orientale fino a giungere in Italia 2.

In questo contesto estremamente mobile si inscrivono le politiche di esternalizzazione delle frontiere e di incremento degli strumenti di controllo, contenimento (si pensi ai campi greci) e ai dispositivi di respingimento. Tra gli accordi internazionali più determinanti per la ridefinizione delle rotte di terra che ha portato all’attuale configurazione, vi è l’accordo stipulato nel 2016 da Europa e Turchia, on cui 60.000 persone sono rimaste bloccate all’interno dei paesi balcanici.
A questo si aggiungono le politiche di Orban che di fatto chiude le frontiere ungheresi. Da qui in poi, la rotta balcanica converge sul confine croato dove si tenta il game.

L’inasprimento delle politiche migratorie lungo questi confini si è tradotto in un rimodellamento dei flussi anche in Val di Susa; qui si è assistito ad un incremento esponenziale del numero di persone che hanno valicato la frontiera del Monginevro tra il 2018 e il 2021; la nazionalità che interessa queste dinamiche è principalmente quella afghana, insieme a quella iraniana e algerina.

E la rotta del mediterraneo centrale? Se in questi anni la ridefinizione delle rotte balcaniche dovuta al crescente inasprimento delle politiche degli Stati interni dell’UE e agli accordi con la Turchia, la rotta del Mediterraneo centrale non si è mai interrotta ed anzi negli ultimi tre mesi si è intensificata.

Le prassi con cui vengono gestite le immigrazioni sul suolo europeo si manifestano lungo ogni confine attraverso le medesime forme e il medesimo linguaggio, definendosi inequivocabilmente come il frutto di una strategia transnazionale ben meditata, che quando non abusa esplicitamente della forza attraverso le proprie polizie, sfodera impropriamente il diritto internazionale per giustificare le proprie mosse. Tra le prassi più ricorrenti su molti nostri confini ne ritroviamo almeno tre.

Innanzitutto, coerentemente con il gioco delle parti, le forze dell’ordine italiane tendono a non ostacolare i migranti lungo il confine francese; sul versante opposto del Monginevro, invece, il territorio viene setacciato dalla polizia francese in modo sistematico, giorno e notte. Nella sede della police aux frontières, i migranti vengono costretti a firmare un foglio di cui non conoscono il contenuto e poi vengono respinti in Italia; ai minori, che teoricamente possono contare su un maggior numero di garanzie, viene negato questo diritto; infine, non viene permessa la presentazione delle richieste d’asilo. Sempre in modo coerente al gioco delle parti, sul confine sloveno-italiano la polizia italiana si occupa delle “riammissioni informali” con cui i migranti giunti in Friuli-Venezia Giulia vengono rimbalzati indietro in Slovenia, in Croazia e di nuovo in Bosnia 3.

Un altro schema ricorrente in Europa è la criminalizzazione delle associazioni che si occupano di cura e supporto dei migranti in transito, tanto alla fine dei Balcani (si veda il caso di Linea d’Ombra a Trieste, in cui il capo d’accusa su una singola persona mina evidentemente a minacciare un’intera pratica di solidarietà) quanto in territorio italo-francese; associazioni, queste, che si cerca di infangare attraverso processi politici, ma che rappresentano l’unico dispositivo che supplisca alle carenze statali di tipo sanitario per i soggetti in transito.

Infine, lungo tutta la striscia di terra che interessa la rotta balcanica si osserva il periodico sgombero degli squat, dei bivacchi di fortuna e degli altri luoghi di sosta non istituzionali; prassi che non inibiscono in nessun modo i flussi, ma si limitano a ridefinire ciclicamente la distribuzione dei migranti al di fuori dei campi.

La rotta balcanica viene descritta come un’esperienza di polarità: ai repentini salti che caratterizzano il momento del game o l’attraversamento di qualsiasi confine pericoloso si alternano periodi di staticità nei campi profughi di Patrasso o della Bosnia. Si fa riferimento alla difficoltà di sostenere psicologicamente situazioni che richiedono notevoli capacità di adattamento e grande confidenza con l’imprevisto: tutte qualità su cui possono contare i giovani single men, molto meno le famiglie.

Nonostante l’esperienza del campo, soprattutto a causa del sovraffollamento, sia un’esperienza estenuante, spesso è anche l’occasione per creare nuovi nuclei di conoscenze, di stringere legami che continuano anche quando è tempo di proseguire il viaggio.

Passando a trattare specificamente il confine nord-occidentale delle Alpi, il report documenta che questo è attraversato da due rotte: la rotta balcanica, costituita da soggetti che fanno tappa a Oulx e procedono attraversando a piedi il colle del Monginevro; e un’altra rotta “mista”, costituita da migranti delle più svariate provenienze, che tendenzialmente intendono attraversare il Frejus in Flixbus contando su documenti per l’espatrio che pensano adeguati. Si tratta di due entità diverse di migranti: solitamente i primi giungono a Oulx con pochi oggetti, e spesso vengono da un viaggio che li ha visti entrare in Italia dalla Slovenia pochi giorni prima del loro arrivo a Oulx; gli altri invece sono migranti in cammino da più tempo e giungono in Val di Susa con valigie e trolley.

Per dare ragione di queste dinamiche, si deve considerare anche il ruolo che ha in questo contesto la frontiera di Ventimiglia, dove le politiche securitarie hanno portato al respingimento di oltre 100 persone al giorno. Questo giustifica il riversamento dei flussi in Val di Susa: qui, fino a marzo 2021, erano due i rifugi che ospitavano i migranti in transito: la casa cantoniera ChezJesOulx e il rifugio Fraternità Massi.

Nonostante le politiche altalenanti di apertura e chiusura delle frontiere a causa della pandemia da Covid-19, fra gli ultimi mesi del 2020 e i primi del 2021 ci sono stati oltre 7.700 transiti per Oulx, con una media di 1.000 presenze al mese nei primi mesi del 2021, ripartite tra i due centri.

Il dato che i medici trovano inaspettato nell’attuale report riguarda il rapporto tra respingimenti e attraversamenti del confine: nonostante le politiche delle riammissioni informali fra Italia e Slovenia (dichiarata pratica illegale solo a gennaio 2021) che già costituiscono un filtro per i flussi balcanici, e nonostante le politiche di chiusura legate all’intensificarsi della pandemia, il numero di coloro che sono riusciti a varcare effettivamente il confine francese è andato crescendo tra gennaio e marzo, e in particolare è quasi raddoppiato tra febbraio e marzo.

Per quanto riguarda il rapporto tra i migranti e la popolazione locale, sebbene non siano stati rilevati episodi di xenofobia o di ostilità nei confronti dei soggetti migranti in Val di Susa, si osserva una cecità da parte delle amministrazioni locali, il cui atteggiamento verso la questione migratoria è rimasto silenzioso se non addirittura indifferente.

Sgombero della casa cantoniera e conseguenze

Il report riporta lo sgombero della casa cantoniera ChezJesOulx come un doloroso spartiacque tra quello che c’era prima e quel che si è dovuto sopportare dopo.
A partire dall’inizio del lockdown a marzo 2020, con la chiusura del ricovero di Bardonecchia, sulla casa cantoniera ChezJesOulx e sul rifugio Fraternità Massi ricade il peso di tutti gli arrivi. La situazione durante l’inverno scorso sul confine francese è stata caratterizzata dal silenzio delle istituzioni e dal movimento transnazionale della solidarietà (Mèdicins du Monde, Rainbow for Africa e altre), grazie alle cui donazioni di medicinali, cibo e vestiti la casa cantoniera ChezJesOulx ha potuto soddisfare le esigenze dei migranti che vi sono giunti. Su questo confine non è raro operare soccorso alpino di persone che tentano l’attraversamento o tornano dai respingimenti in condizioni climatiche proibitive per la vita.

Solo a gennaio 2021 la Prefettura, la Croce Rossa Italiana, la Fondazione Talità Kum ed altre hanno stilato un progetto per l’ampliamento degli spazi di accoglienza, il ritorno del soccorso CRI con autoambulanza sul confine, la presenza di infermieri per triage anti-Covid e assistenza sanitaria; la durata della prima fase di tale progetto viene fissata di quattro mesi.

Alla luce di queste nuove energie, quando iniziano ad emergere segni di una volontà operativa di sgombero della casa occupata, Medici per i diritti umani MEDU, i volontari dell’Alta Valle, il collettivo “Valsusa oltre confine” e perfino il giornale della Diocesi esprimono contrarietà.

Il 23 marzo 2021 la casa cantoniera di Oulx è stata sgomberata. Dopo lo sgombero i flussi sono continuati, ma riversandosi tutti nel Fraternità Massi, unico rifugio rimanente per la prima accoglienza nell’intera Val di Susa al di qua del confine, con conseguenze immaginabili di sovraffollamento, specie nei giorni in cui il rifugio è rimasto chiuso in alcune fasce diurne.

Da questo momento, il numero di arrivi in Val di Susa ha mostrato una tendenza alla crescita, e questo ha portato ad un inasprimento delle politiche di frontiera e ad un conseguente aumento dei respingimenti.

Sul solo rifugio Fraternità Massi è ricaduto il peso del flusso crescente di arrivi, generando intorno ad esso una situazione emergenziale, incapace di sostenere l’accoglienza 24 ore su 24, e dopo il primo periodo molte famiglie, bambini e donne sono stati lasciati all’addiaccio. I più svariati luoghi diventano quindi utili al riparo dagli ultimi rigidi freddi, come lo “shelter” della stazione (un container di lamiera dove si sono assembrati decine e decine di maschi adulti e minori soprattutto in giorni di pioggia).

Inoltre, ad aprile giunge al termine la prima fase del progetto quadrimestrale intrapreso a gennaio 2021: si cerca di pianificarne la seconda fase tenendo conto della nuova emergenza: la Croce Rossa Italiana, il comune di Bussoleno, la Protezione civile si rendono disponibili per alleggerire la pressione sulla frontiera con la creazione di nuovi punti in bassa valle e la creazione di una struttura ad Oulx per l’accoglienza temporanea. Il finanziamento che giunge per questi progetti il 27 marzo coinvolge Bardonecchia e Claviere, ma esclude Oulx. Di qui a maggio, il Fraternità Massi si trova solo a far fronte a una situazione di estrema emergenza. Solo nella metà di maggio il Ministero degli Interni presenta un totale di 180.000 euro per il sostegno del progetto presentato in aprile, una cifra sufficiente a rispondere al salario di soli 9 dipendenti per una struttura aperta 24 ore su 24.

Rischi, situazione sanitaria e conclusioni:
Nel rapporto si osserva che l’assenza di incidenti mortali in fase di attraversamento di questo pericoloso confine in questi mesi è il frutto di un’inequivocabile casualità: il confine francese è un confine di montagna, tanto più pericoloso nei mesi freddi, e l’aumento della militarizzazione dello stesso, già di per sé complicato, non può che aver incentivato lo smuggling e i traffici che fino a pochi mesi fa erano stati contenuti.

Quanto alla situazione sanitaria dei migranti intercettati dai medici MEDU, si riportano episodi di necrosi alle dita dei piedi, lesioni agli arti inferiori, e in generale patologie legate alla stroncante rotta di terra. Tuttavia, le situazioni più critiche hanno rispecchiato le nuove entità dei flussi, e in particolare la presenza consistente di donne e bambini ha portato a rilevare emergenze di tipo pediatrico o ginecologico. Ci sono stati casi ripetuti di donne in gravidanza. A questo si aggiungono le sofferenze psichiche (depressione, insofferenza ai rumori, panico per il buio), soprattutto in bambini interessati da sindromi post-traumatiche da stress.

Conclusioni:
A fronte del quadro descritto, connotato da un’emergenza quotidiana tuttora concentrata in un solo luogo di accoglienza, MEDU chiede un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni, perlopiù assenti o silenziose; il potenziamento delle strutture d’accoglienza a bassa soglia e l’apertura del Fraternità Massi e del Talità Kum di Oulx 24 ore su 24; l’allestimento di un presidio medico fisso a cui i migranti possano accedere in maniera sistematica; la ricerca di soluzioni umanitarie per i più vulnerabili.

  1. Scarica il rapporto completo qui
  2. Bonapace W., La crisi migratoria nel Mediterraneo, https://onborders.altervista.org/category/ricerca
  3. https://www.asgi.it/allontamento-espulsione/rotta-balcanica-asgi-interrompere-le-riammissioni-illegali-al-confine-italo-sloveno/

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.