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Il voto come scelta di integrazione

La posizione della Caritas Italiana

“Il voto agli immigrati non avrebbe significato se non fosse anche il riflesso di una scelta basata sull’integrazione graduale, ma senza ripensamenti, di quanti vengono da noi”. E’ la posizione della Caritas Italiana, espressa dal direttore dell’organismo Cei, mons. Vittorio Nozza, alla presentazione del Dossier statistico immigrazione 2003 curato da Caritas e Migrantes. In seguito all’ultima regolarizzazione chiusa con la presentazione di 703.000 domande, i soggiornanti regolari in Italia erano 1.512.324 a fine 2002.
Ma se si tiene conto delle domande respinte, delle persone che non si sono presentate, dei minori non conteggiati, ecc., il Dossier arriva a quantificare la presenza totale tra le 2.400.000 e le 2.500.000 unità, con una incidenza sull’intera popolazione del 4,2%. Nel corso di un anno l’aumento delle presenze regolari è stato del 10,8% (più 149.164 persone). La nazionalità più numerosa è sempre quella marocchina (172.834 soggiornanti), seguita da quella albanese (168.963) e rumena (95.834). Il Dossier invita ad avere “un progetto di convivenza” che comprenda “la discussione sugli spazi di partecipazione e sull’ammissione al voto amministrativo, finora ostacolato, oltre che dalla revisione della normativa sulla cittadinanza, anche da paure aprioristiche”.

L’inserimento nella società si rivela da diversi fattori. Ad esempio la presenza di 893 associazioni straniere in Italia, di tipo culturale, per l’assistenza legale, abitativa o informativa. Aumentano anche gli immigrati proprietari di immobili: 10.000 a Roma e 50.000 in tutta Italia. I figli degli immigrati nelle scuole sono 191.767 (il 2,3% della popolazione scolastica, con 186 nazionalita’ rappresentate), la maggior parte frequenta le elementari (42,2%). Riguardo al mondo del lavoro, un’assunzione su 9 riguarda gli immigrati.
Tra i 1.512.324 immigrati regolari vi sono 690.523 cristiani (45,7%, di cui il 24,1% cattolici, 13,5% ortodossi, 5,8% protestanti), 553.007 musulmani (36,6%), 4203 ebrei, 39.416 induisti, 37.489 buddisti.

In questo contesto, precisa il Rapporto, “anche la religione non può essere invocata come un fattore di divisione e tuttavia ciò non è motivo per dimenticare che il continente europeo affonda le sue radici nella comune ispirazione cristiana, e che questa fruttuosa tradizione consente anche di affrontare con fermezza, senza chiusura né faciloneria, il problema dell’integrazione armoniosa dei musulmani che non vogliono essere integralisti”. Anche in seguito alle tragedie nel Mediterraneo e al clima mondiale che si è creato dopo l’11 settembre, i curatori del Dossier ritengono che “le politiche migratorie eccessivamente restrittive sono esse stesse causa dei flussi illegali”. Le persone effettivamente respinte alle frontiere sono state 88.501, in maggioranza sono state rimpatriate in Romania, Bulgaria, Marocco, Croazia, Iraq.

Prima della legge Bossi-Fini, osservano, “l’alimentazione della sacca di irregolarità” era attenuata dal fatto che “erano più alte le quote di ingresso per lavoro e veniva praticato il sistema della venuta sotto sponsorizzazione”. Purtroppo, osserva il Dossier, “continua ad essere notevole, anche se in diminuzione, la quota degli italiani che considera gli immigrati un pericolo per la propria cultura e identità (23,9%), una minaccia per l’occupazione (29,2%), o per l’ordine pubblico (39,7%).