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da Il Gazzettino di treviso del 30 aprile 2004

Immigrati e forni, Stiffoni non punibile

«Opinione espressa nell’esercizio delle proprie funzioni di senatore anche se non in Parlamento»

Il senatore Piergiorgio Stiffoni un bel venerdì del novembre scorso aveva risposto a due giornalisti che gli avevano chiesto che fare degli immigrati rimasti in strada dopo gli sgomberi avvenuti in città: “Purtroppo il forno crematorio del cimitero di Santa Bona non è ancora pronto”. Apriti cielo: peggio dei leprotti di Gentilini e le parole «odio razziale» erano riprese a volare qui e là nell’aria di una città già più volte sospettata di poca tolleranza nei confronti del fenomeno dell’immigrazione, soprattutto di quello degli irregolari.
La frase era finita in Procura della Repubblica, e della vicenda è stato incaricato il Pm Iuri De Biasi, che ha atteso una specifica pronuncia della Corte Costituzionale che ribadiva, il 7 aprile scorso: «Deputati e senatori non possono essere chiamati a rispondere di opinioni espresse anche al di fuori del Parlamento». Era il rigetto di due eccezioni di incostituzionalità sollevate da Roma e da Milano sul cosiddetto «Lodo Maccanico».

Così è apparsa evidente la non punibilità del senatore Stiffoni e di qui la richiesta di archiviazione che il Pm Iuri De Biasi ha presentato ieri al Gip. La citata legge è assorbente anche rispetto ad ogni questione di merito sulla sussistenza del reato. Insomma, visto che esiste un articolo 68 della Costituzione e che il «Lodo Maccanico» è stato giudicato una sua regolamentazione, se anche reato ci fosse stato nelle parole di Stiffoni, comunque si sarebbe trattato di un’opinione espressa come parlamentare, sostanzialmente inattaccabile.

Cos’è il Lodo Maccanico? È una risposta all’eterno conflitto che esiste in Italia tra Giustizia e Politica. Il «Lodo» (che è sostanzialmente un accordo approvato dalle parti chiamate in causa) si chiama Maccanico o Schifani (dal nome dei due politici che hanno portato la vicenda, in discussione dal ’93, alla sua conclusione), e il suo testo prevede che non possano essere processate, mentre sono in carica, le cinque più alte cariche dello Stato; l’articolo 68 della Costituzione dice invece: «I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse o dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale, o domiciliare, nè può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna; ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza».

il Consiglio Comunale di Treviso aveva censurato le esternazioni del senatore della lega, e aveva ribadito in un documento «il proprio impegno morale e politico di governare i problemi connessi all’immigrazione, oltre che con il necessario rigore, nel rispetto della legalità, anche con spirito di umanità e tolleranza, secondo le tradizioni civili e democratiche della Città. Treviso, 28 novembre 2003″.

Antonella Federici