Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 9 agosto 2006

Immigrati, ora i permessi di soggiorno valgono di più

Cinzia Gubbini

Ieri la direttiva del Viminale. Documento «pienamente legittimo», ma non si potrà viaggiare. Allo studio il trasferimento delle competenze agli enti locali

Un’altra buona notizia per gli immigrati che vivono in Italia: ieri il Viminale ha emanato una direttiva attesa da tempo. Basta con il «limbo» in cui sono stati costretti migliaia di lavoratori immigrati per quattro anni, stretti tra la lentezza burocratica delle questure e una legislazione che nulla diceva su come comportarsi quando si ha in mano solo il «cedolino» rilasciato dalla polizia.
Il ministero dell’interno ha stabilito che il permesso di soggiorno sarà valido anche durante la fase di rinnovo, a patto che siano rispettate tre condizioni: la richiesta di rinnovo deve essere presentata entro 60 giorni dalla scadenza del permesso, la documentazione consegnata in questura deve essere completa, l’ufficio deve rilasciare la relativa ricevuta.
Se ricorrono questi elementi «lo straniero potrà contare sulla piena legittimità del soggiorno e continuerà a godere dei diritti ad esso connessi». Quindi: si potrà continuare a lavorare, sostenere l’esame per la patente, chiedere un mutuo, e fare tutte quelle cose «normali» che finora erano di fatto negate a chi girava per la città con in tasca soltanto la ricevuta della polizia.
Ma attenzione: rimane vietato viaggiare nell’area Schengen, che non riconosce le ricevute. Di conseguenza, per gli immigrati sarà ancora impossibile tornare a casa liberamente durante le feste o le vacanze estive e dovranno continuare a usufruire – come specifica la direttiva – delle circolari con cui il ministero ogni anno ricava una «finestra» temporale dentro cui è possibile lasciare il paese. E’ con questo éscamotage che ormai da tre anni – quando si scatenò la protesta degli immigrati che scesero anche in sciopero della fame – i «senza permesso» riescono a tornare a casa. Ma non tranquillamente: proprio perché i paesi Schengen non riconoscono quel benedetto cedolino, è successo che alcune persone siano rimaste «ostaggio» dei paesi di provenienza, perché si sono imbarcati su voli che facevano scali in Europa.
Plaudono associazioni come Arci e Acli. «Certamente la direttiva è un passo avanti, visto che il problema della lentezza dei rinnovi persiste: a Roma, nonostante le tanto sbandierate nuove procedure, siamo tornati un’altra volta a oltre un anno di tempo necessario per rinnovare i permessi», dice Piero Soldini, responsabile immigrazione della Cgil. Una situazione demenziale, causata dalle previsioni della legge Bossi-fini che ha accorciato il tempo di validità dei permessi di soggiorno intasando di conseguenza le questure. «Ma il problema di fondo non si risolve – osserva infatti Soldini – la Bossi-Fini è una legge a ostacoli, la cui logica è rendere la vita impossibile all’immigrato».
Proprio per questo, il sindacalista ravvisa un limite nella direttiva del ministero: «La direttiva parla di completezza della documentazione. Ma prima che la pratica sia completa passano mesi». Ora il Viminale ha un po’ di tempo per cercare una soluzione definitiva. L’ex ministro dell’interno Pisanu aveva escogitato il coinvolgimento delle Poste. Ma il progetto sembra essere definitivamente naufragato: le Poste non avrebbero presentato un piano credibile. Il programma dell’Unione, in ogni caso, prevede il passaggio delle competenze agli enti locali.