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In Francia si allarga il “fronte sociale”: sciopero contro la Legge su diritto d’asilo e immigrazione

REUTERS/Pascal Rossignol

Parigi – Per «risolvere la crisi migratoria», Gerard Collomb, ministro dell’interno, ha presentato un testo di legge iniquo, che autorizza ad imprigionare i minori, che raddoppia il tempo di detenzione per le persone in attesa di espulsione, che dimezza il tempo per depositare la domanda di richiesta dell’asilo e per esercitare il diritto al ricorso in appello per ottenere lo statuto di rifugiato/a, che elimina il carattere sospensivo di alcuni ricorsi, moltiplica le decisioni per decreto, ricorre alla video-udienza per il Tribunale amministrativo, e riconferma la criminalizzazione della solidarietà ai migranti.

Questo testo, nonostante 999 emendamenti, è stato alla fine approvato in prima lettura dal Parlamento, con 228 voti contro 139 e 24 astensioni. Nonostante il lirismo dell’opposizione, che citando Martin Luther King – «Viviamo insieme come fratelli, o finiremo per diventare come dei matti» – ha chiesto di depenalizzare l’aiuto «dato non a scopo di lucro 1» ai migranti e di «ricordare il cimitero del Mediterraneo», la discussione della legge in parlamento ha permesso un’efficace e spettacolare tribuna all’unione delle destre e alla visione catastrofista che il ministro stesso ha posto come premessa alla sua legge. Una regressione legislativa che inaugura l’era della contabilità nel diritto all’asilo ed incarna il macronismo con i voti del Front National.

I termini utilizzati dal governo, come le immagini evocate dal ministro, non appartengono più esclusivamente al lessico della destra estrema: «l’ondata», «le regioni sommerse dal flusso dei richiedenti asilo», oppure «se non si reagisce, saremo costretti ad accogliere centinaia di migliaia di persone ogni anno». L’ampia maggioranza del parlamento francese si è esibita in un florilegio di minacce in nome dell’«umanismo e dell’efficacia». Il governo “en marche” ha venduto una promessa di risultati, come ha fatto con la Legge ORE nell’università e come sta facendo con l’agenda di riforme dello statuto SNCF (ferrovie statali), della sanità ospedaliera, delle pensioni, dei servizi pubblici, della funzione pubblica, e con quella istituzionale per assicurare una «voie royale» alla Francia degli algoritmi che garantisce la fiducia dei mercati finanziari.

Per sintetizzare: meno rifugiati, più espulsi grazie a 41 articoli che combinano dissuasione e repressione; un solo articolo, l’ultimo, parla di integrazione.

Questa legge è stata denunciata da avvocati, giudici, personale amministrativo (Corte nazionale del diritto di asilo e Ufficio francese dei rifugiati e apolidi), dal Difensore dei diritti, dal Controllore generale dei centri di detenzione, nonché dal Commissario dei diritti umani del Consiglio europeo. Anche il Consiglio di Stato ha criticato la nuova legge perché non c’è traccia di «riflessione pubblica sulla strategia che misuri la posta in gioco e sulle scelte strutturali che orientino i servizi pubblici verso un esercizio più efficace della loro missione», cioè viene considerata inutile e dannosa. Sempre il Consiglio di Stato s’interroga «sulla giustificazione dell’allungamento delle misure che restringono la libertà, che compromettono la libertà individuale e che generano costi supplementari – non calcolati – per la costruzione o l’ampliamento dei centri di detenzione, aumento dei posti (…) rispetto ai benefici previsti dalle misure effettive di allontanamento».

E persino la Polizia di frontiera si è lamentata constatando che i “dublinati” ritornano in Francia di media entro cinque giorni. I divieti di ritorno sul territorio francese (IRTF), come quelli di circolare per gli stranieri che hanno un permesso di soggiorno in un altro paese europeo, diventano infatti sistematici.

Questa legge legalizzerà pratiche come la detenzione illegale del 40% degli stranieri (è il caso dei “dublinati”) e gli interventi arbitrari amministrativi che hanno fatto condannare la Francia anche a livello europeo con lo scopo di istituzionalizzare quell’80% di espulsioni; una situazione che si è invertita dal 2015 quando l’allontanamento riguardava solo il 20% dei richiedenti asilo. La legge Collomb colmerà dunque le lacune delle precedenti leggi, una di queste riguarda la valutazione dell’età per i minori che si basava sull’esame osseo e non aveva una base legale; oggi invece questo test, clinicamente criticato, è inquadrato giuridicamente e quindi legittimato.

Paradossalmente, i contenziosi aperti dalle associazioni di difesa degli immigrati che indicavano i vuoti legislativi sono stati usati dal ministero per implementare questa legge che viene contestata dalle stesse associazioni.

La giustizia amministrativa, oggi schiacciata tra diritto non rispettato e diritto non sanzionato quando non viene rispettato, è una spada di Damocle sempre più pesante che cade sui migranti e in particolare sui minori immigrati non accompagnati. Non a caso gli avvocati che difendono i migranti in ultimo ricorso davanti al CDNA (Corte nazionale del diritto d’asilo) sono in sciopero da metà febbraio per ottenere il ritiro della legge che «con il pretesto di accelerare le procedure nega i diritti più elementari dei richiedenti asilo», a partire dalle domande depositate presso l’Ofpra (Ufficio francese per rifugiati e apolidi).

L’Ofra è un dispositivo che si regge sulla messa in causa della sincerità e dell’onestà dei migranti: tutto si articola sul dubbio e qualsiasi banalissimo dettaglio del dossier, comprese le prove formalmente richieste, viene usato per l’espulsione pur sapendo che la maggior parte dei paesi di origine dei richiedenti asilo dispongono di polizie politiche molto efficaci anche all’estero.

I migranti che non conoscono la risposta dopo aver depositato il dossier sono poi particolarmente vulnerabili. L’Ofra, prima tappa amministrativa, trasforma persone innocenti in sospetti di delinquere accusandole di mentire. Una prova durissima per chi non conosce la lingua, si affida a traduttori improvvisati se non ha mezzi economici e ignora il sistema giuridico francese: i giudizi dell’Ofra, alla lettura dei dossier, valutano le dichiarazioni «poco sincere», «vaghe, senza sentimenti che denotino un vissuto», e i documenti presentati considerati «senza garanzia di autenticità tenuto conto dell’alta percentuale di falsi nella comunità X o Y». Gli agenti dell’Ofra consacrano le loro energie e il loro tempo a cercare un motivo per rifiutare le richieste d’asilo. A metà marzo, prima della discussione parlamentare, i giudici stessi del CDNA hanno pubblicato un comunicato per denunciare la Legge Collomb vista come un «attacco senza precedenti al diritto d’asilo, il cui vero scopo (…) è quello di dissuadere i rifugiati a chiedere protezione alla Francia».

Questo esercizio muscolare della legge, destinata a rispondere più a funzionari esasperati e agli elettori xenofobi che sulla questione immigrazione, sarà dunque una grande fabbrica di sans-papiers.
Il 2 giugno questa Legge razzista e liberticida passerà in Senato; ci aspetta una battaglia comune più lunga di uno storico maggio 2018 per il ritiro di questa legge, per la disobbedienza civile ai suoi dispositivi amministrativi e per l’abolizione di questo modello contabile di gestione della società, con tutta la determinazione e la creatività di cui ci hanno parlato le piazze e le ZAD (Zone à defendre, ndr.) in questi anni.

  1. Il “delitto di solidarietà” non esiste in quanto tale, nei fatti fa riferimento all’articolo L 622-1 del codice di entrata, di soggiorno e del diritto di asilo (Ceseda) il quale dice che commette un delitto “chiunque, avrà, con aiuto diretto o indiretto, facilitato o tentato di facilitare l’entrata, la circolazione o il soggiorno irregolare di uno straniero in Francia” e che di conseguenza, “sarà punito con 5 anni di prigione e una multa di 30.000 euro“.

    L’articolo L 622-4 dello stesso codice prevede delle eccezioni – già prima dell’attuale legge. Per esempio, nel caso in cui “non esista alcuna contropartita diretta o indiretta” ma l’aiuto consista in consigli giuridici, ospitalità, cure mediche o “qualsiasi altro aiuto mirato a preservare la dignità o l’integrità fisica” della persona.

    Ma numerose persone sono state condannate in questi ultimi anni per aver aiutato dei migranti per via dell’ “azione militante” che viene considerata eccedente la semplice preoccupazione umanitaria: caso del coltivatore Cédric Herrou condannato perché “l’aiuto si inserisce in una contestazione globale della legge (…) e serve una causa militante che non interviene in una situazione di difficoltà o pericolo. Questa contestazione costituisce una contropartita” all’aiuto. Nel giudizio si precisa che l” iniziativa di azione militante al fine di sottrarre gli stranieri ai controlli operativi delle autorità” non rientra nel quadro d’eccezione prevista dalla legge (come nel caso del professore Pierre-Alain Mannoni, condannato pure lui).

    Nella nuova versione del testo di legge questo articolo rimane, è stato modificato solo per renderlo più preciso. Peraltro, la giustizia utilizza altri motivi indiretti per perseguire le persone che soccorrono i migranti come il “delitto di installarsi in gruppo su terreno altrui“, avvenuto a Calais.