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da Il Sole 24 ore del 4 febbraio 2005

In fila pochi immigrati ma confusi

Dal Veneto alla Campania, il primo giorno dell’entrata in vigore dei decreti sui flussi per il 2005 (159mila posti) passa lasciandosi dietro, poche file rispetto a quanto temuto alla vigilia, ma in compenso tanta confusione, e in molti casi una situazione di corto circuito delle informazione.
Nel Veneto non ci sono state le lunghe code ed i bivacchi notturni del passato. Gli uffici postali hanno retto bene. Il vero problema è che chi ha presentato la documentazione per poter assumere lavoratori extracomunitari l’ha fatto fermamente convinto di aderire ad una sorta di gioco delle parti. A questa formula non credono gli imprenditori, non credono le famiglie che cercano badanti, non credono i responsabili di enti ed associazioni che operano nel sociale. «Si sa bene – dice Gianni Rasera, dell’associazione “Fratelli d’Italia” che opera a Treviso – che le persone per cui è stata avanzata richiesta di ingresso e di assunzione in realtà sono già in Italia. Quale imprenditore mai si sognerebbe di assumere un dipendente che non ha mai visto prima e che risiede a migliaia di chilometri di distanza? Oltretutto i lavoratori che riusciranno ad avere il via libera dovranno trovare il modo per rientrare nei loro Paesi per ottenere il nulla osta che consentirà loro di rientrare in Italia a pieno diritto. È una perdita di tempo che crea solo problemi».
Parole che trovano puntuale riscontro nelle esperienze dei vari sportelli, come l’Extrapoint di Unindustria Padova impegnato anche ieri a risolvere la riammissione di un giovane rumeno che aveva perso il lavoro grazie al quale era arrivato nel Veneto.
«C’è anche un problema di carenza di informazioni – denuncia Giancarlo Fantelli, titolare di un’azienda agricola trevigiana che ha chiesto di poter assumere una giovane ucraina per gestire una vendita diretta di frutta – da due settimane ero in attesa di cercare di conquistare il posto per la mia dipendente». Appena due raccomandate spedite in mezza giornata, contro una decina di extracomunitari clandestini accorsi alle poste confondendo la legge sui flussi d’ingresso con una sanatoria. All’Ufficio postale centrale di Napoli ha prevalso la disinformazione. Dall’orario di apertura fino alle 15.30 per gli sportelli della struttura di piazza Matteotti sono passati soltanto due plichi. Un numero irrisorio, confrontato alle file di datori di lavoro previste nei giorni scorsi. Prima a consegnare, poco dopo le 8 del mattino, è stata la consulente del lavoro di un’azienda napoletana che si occupa di manutenzioni. Non mancano, poi, gli extracomunitari che fanno la spola tra gli sportelli convinti di ottenere i moduli per quella che credono una sanatoria. È il caso di Kodthuwakku, quarantenne dello Sri Lanka, con permesso in scadenza. Faceva il domestico per un anziano di Capri che il mese scorso è morto lasciandolo senza lavoro. Dallo Sri Lanka arriva anche Godfrey, domestico 41enne che vive e lavora a Napoli da due anni, insieme con la moglie: «Noi abbiamo il permesso di soggiorno – ci dice – ma vorremmo far venire a Napoli la sorella di mia moglie, che vive a Colombo». La ecuadoriana Veronica arriva con seguito di madre anziana e bambino di una connazionale al collo, si informa su chi è ad occuparsi della sanatoria, dopo la risposta negativa scappa subito via.
Nonostante l’allerta, ieri mattina a Milano a sorpresa l’afflusso previsto non c’è stato. Il regolamento pubblicato prevede infatti l’assegnazione dei posti in base ad una graduatoria stilata su un ordine di arrivo delle domande. Gli uffici postali si erano quindi organizzati per regolare un’eventuale situazione caotica. Pochi, però, i lavoratori in attesa dalle prime ore del mattino. Ancora meno quelli arrivati nel corso dell’intera giornata. Stessa situazione a Bologna e a Torino, le città in cui si prevedeva una maggiore affluenza.