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In viaggio con Mozart per piantare semi

Due musicisti in camper sulla rotta balcanica per segnare una mappa che unisce genti e culture attraverso la musica e l'arte

Ci sono anche storie che fa piacere raccontare. Quella del chitarrista Isaac e del violinista Alaa è una di queste. Ed è una storia che si è intrecciata sotto le stelle del jazz, anche se i suoni che si udivano all’inizio erano solo quelli delle bombe.

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Siamo a Damasco, nell’anno 2011. La guerra deve ancora cominciare ed il giovane Alaa Arsheed studia violino nella scuola superiore di musica della sua città. “I miei genitori – racconterà Alaa – gestivano una galleria d’arte chiamata Alpha nella cittadina di al-Suwayda. Era un punto di ritrovo per intellettuali e artisti dissidenti e la polizia segreta di Assad ci teneva d’occhio“.
L’arte è libertà e la libertà non piace ai dittatori.

Sapevamo di essere controllati, ma mio padre si ostinava a continuare lo stesso la sua attività – ricorda il violinista – Il governo siriano non è mai stato tenero con gli intellettuali e gli artisti. Un giorno i poliziotti fecero irruzione nella galleria e, inneggiando al presidente, ruppero tutti i quadri e distrussero l’intera galleria“.
Il padre di Alaa si fece qualche settimana di galera e quando fu rilasciato, gli fu proibito di riprendere l’attività.

Poi arriva la rivoluzione. Prima invocata e poi tradita. La rivoluzione che si è presto trasformata in una guerra feroce tra le milizie fasciste di Assad e i terroristi dell’Isis.
Alaa e la sua famiglia sono rifugiati in Libano. Qui il violinista conosce Alessandro Gassmann che girava un documentario in collaborazione con l’Unhcr sui musicisti siriani diventati profughi di guerra. Alaa diventa uno dei protagonisti di “Torn. Strappati 2015” . “I media dipingono i siriani con lo stereotipo del povero rifugiato – spiega il musicista – e non vedono altro di quell’enorme patrimonio dell’umanità che è la cultura siriana. Io vorrei far capire alla gente che noi siamo molto di più di un popolo disperato“.

La partecipazione al documentario firmato dal regista Gassmann gli apre le porte d’Europa. Alaa ha la possibilità di registrare in Italia il suo primo album che esce puntualmente nel settembre del 2015. Alaa lo titola col nome antico della sua perduta città, Damasco: Sham.

Ed è proprio durante la registrazione di Sham che Alaa incontra Isaac de Martin. Isaac è nato ad Abano Terme una trentina di anni fa. E’ un chitarrista e jazzista di talento con tanto di laurea al conservatorio. Compone musica per cinema e teatro, ha fondato l’Adovabadan Jazz Band e il collettivo internazionale Sound Illustrators con sedi a Helsinki ed a Berlino.

Un giorno, durante una registrazione, mi dicono che di là c’è un profugo siriano che suona il violino da dio. ‘Perché non provate a suonare qualcosa insieme, per una mezz’ora, tanto per conoscervi?Abbiamo suonato tre ore senza fermarci mai! E’ stata una contaminazione di generi. Io suono jazz, lui folk mediorientale ma la musica, per sua natura, non sta dentro nessuna barriera e ci siamo subito intesi a meraviglia“.

La musica non ha frontiere. La musica supera qualsiasi muro e abbatte qualsiasi stereotipo di genere.

Perché non può essere così anche per gli esseri umani? “La musica, così come l’arte in generale, è la più grande forma di comunicazione che abbiamo noi, esseri umani. Un giorno Alaa mi ha raccontato che il suo sogno è usare questo strumento per incontrare le persone che bussano ai confini d’Europa. Molti di loro sono musicisti come noi e hanno dovuto abbandonare speranze e rinunciare a talenti per fuggire dalle guerre. Ma i sogni invece, vanno sempre nutriti. E qui la musica può dare il suo prezioso contributo“.

Nasce così l’idea di attrezzare un camper come sala registrazione e partire verso le frontiere d’Europa per suonare con tutti quelli che sanno suonare e farsi ascoltare da tutti coloro che sanno ascoltare. Ci può essere forma di comunicazione migliore?
Alaa e Isaac dicono di no e al Festival del giornalismo di Ferrara presentano il loro progetto che ottiene subito il favore del pubblico e l’interessamento dell’Unhcr e di Amnesty Italia.

I due musicisti hanno lanciato anche un crowdfunding a questo link per coprire il costo del camper, delle attrezzature di registrazione e degli strumenti musicali che porteranno con loro.
Il progetto, che potrete seguire alla loro pagina Facebook e che presto sarà supportata da un blog, si chiama “In viaggio con Mozart“. “Anche il piccolo Mozart – spiega Isaac – fu talento costretto a viaggiare in lungo e largo per tutte le corti d’Europa per dar da vivere alla sua famiglia. Col nostro camper vogliamo incontrare tutti i Mozart che oggi sono costretti a vivere sotto le tende dei campi profughi“.

Il risultato sarà un documentario e un album che chiameranno Seeds (semi).

Partiremo, perché partiremo di sicuro, tra il 26 e il 30 luglio – conclude Isaac -. Seguiremo, al contrario, la cosiddetta ‘rotta balcanica’ per incrociare i tanti profughi che cercano di entrare in Europa. Ancora non abbiamo un itinerario preciso. Dipende da chi incontreremo, da chi vorrà suonare con noi, da cosa ci dirà la gente… Non abbiamo scadenze o itinerari fissi, per carità! Anche la partenza, non abbiamo ancora deciso se sarà da Treviso o da Milano. Intanto andiamo a suonare in giro e organizziamo concerti per raccogliere denaro“.

E’ un jazzista, Isaac, ed è abituato ad improvvisare. La musica, la vita è bella anche per questo.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.