Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Incitano alla violenza. Un avvocato tedesco denuncia tre top manager di Facebook

La notizia viene dalla Germania. Un avvocato tedesco, nonché attivista sul tema dei diritti umani di chiara origine coreana, Chan-jo Jun, ha denunciato tre manager di Facebook per i reati di incitamento alla violenza e diffusione di odio razziale. I tre denunciati sono Shane Crehan, Jaspal Singh Athwal e David William Kling; tutti top manager di Facebook Germany GmbH che gestisce il noto social network in terra tedesca per conto dell’azienda statunitense fondata da Mark Elliot Zuckerberg. La notizia viene dalla pagina on line della rivista Spiegel ed è stata riportata in Italia, sino ad ora ed a quanto ci risulta, solo dal sito www.stranieriinitalia.it.

L’accusa mossa dell’avvocato riguarda una sessantina di post e di pagine contenenti messaggi di odio e di violenza che non sono stati bannati nonostante le segnalazioni. Il procedimento è stato preso in carico dalla procura di Amburgo, dove ha sede la Facebook Germany GmbH, e apre finalmente la strada dell’azione legale contro i seminatori di odio e di bugie in rete in quell’oceano senza etica che è Facebook, dove ti obbligano a cambiare nome se usi quel soprannome con il quale tutti ti conoscono, ma puoi scrivere impunemente che bisognerebbe “sparare ai clandestini”. Petizioni e richieste anche formali di dotarsi di un regolamento etico, non sono sortite a nulla perché – e questo Zuckerberg lo sa bene – il successo di Facebook si nutre di impunità. Qualsiasi cretino può aprire la sua pagina come se aprisse un giornale tutto suo e vomitarci su tutti i parti del suo cervello malato. Fascisti, leghisti, complottisti e xenofobi con le loro “notizie” tendenziose quando non espressamente inventate di buzzo buono, sono la clientela privilegiata di Facebook. La benzina da bruciare in rete, al pari degli ultimi gossip dei personaggi televisivi.
Zuckerberg lo sa bene, abbiamo scritto, ma non lo confesserebbe neppure a sua madre ed a domande specifiche risponde candidamente: “Non possiamo bloccare contenuti per il semplice fatto che sono falsi: questo violerebbe quella stessa libertà d’espressione che promuoviamo”. Vale appena la pena di ribattere che una cosa sono le opinioni che tutti noi possiamo avere su una determinata questione, un’altra è raccontare la fiaba che “ai clandestini regalano 38 euro al giorno sottratti agli italiani poveri, e li fanno vivere negli hotel a cinque stelle”. Stesso discorso per gli incitamenti alla violenza. Gli sfoghi dei frustrati che invitano a prendere a cannonate le barche dei profughi non possono avere cittadinanza né su Facebook né sugli altri social. E neppure nel mondo dove voglio vivere io, se vogliamo dirla tutta!

Un appello in tale senso viene da una frequentata community di giornalisti italiani, che dal suo sito www.giornalistisocial.it ha lanciato un appello all’Ordine, al Parlamento ed a Facebook “perché si attivino il prima possibile, ciascuno per quanto di sua competenza, per fermare questo fenomeno”.
“Da tempo – scrivono – i social media sono invasi da notizie false pubblicate da siti di dubbia natura, il cui unico scopo appare quello di inventare titoli più eclatanti possibile (spesso addirittura inventando gravi fatti di cronaca legati a immigrati, sesso, droga o personaggi pubblici) per acquisire clic sfruttando la credulità popolare. Queste ‘notizie’, in pochi minuti, fanno il giro d’Italia e della rete, saltellando da una bacheca all’altra di Facebook. E mettono in serio pericolo la verità dei fatti e la credibilità dei media”.

Il problema vero, tanto in questo appello come nella denuncia pendente ad Amburgo, sta nell’individuare le responsabilità (Zuckerberg… vai a pigliarlo!) La genialità dell’avvocato Chan-jo Jun sta nell’aver individuato non tanto tre tecnici informatici, pure di alto livello, ma i tre maggiori responsabili nel campo della raccolta pubblicitaria di Facebook in Germania! La legislazione tedesca infatti prevede serie aggravanti per chi dall’incitamento all’odio, ricava un interesse economico.
Se questa strada porterà a qualche risultato lo vedremo nei prossimi giorni.

Intanto ecco tre proposte concrete segnalate su GiornalistiSocial sulle quali possiamo impegnarci sin da adesso: 1) Chiedere all’Ordine dei Giornalisti di pubblicare sulle sue pagine ufficiali l’elenco dei siti internet che pubblicano sistematicamente “notizie” tendenziose e false; 2) fare pressione sui nostri parlamentari perché si attivino per arrivare alla stesura di un regolamento etico per Facebook e gli altri social (a questo punto, personalmente, ci credo poco considerando che sono proprio tanti nostri parlamentari a diffondere balle e xenofobia sui social…); 3) segnalare sempre le bufale xenofobe e presentare esposti alla magistratura contro le testate che diffondono regolarmente false notizie per esercizio abusivo della professione giornalistica.
Magari, già che ci siamo, ricordiamoci che in Italia esiste ancora di incitamento all’odio razziale e che anche quello di apologia di fascismo, a quanto mi risulta, non è ancora stato depennato!