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da L'Unità del 5 maggio 2004

Infibulazione, la legge passa alla Camera ma niente asilo per chi la fugge

Le donne che vogliono fuggire dal loro paese per sottrarre se stesse o le proprie figlie all’infibulazione non avranno diritto di asilo in Italia. L’ha deciso martedì la maggioranza di centrodestra alla Camera votando un emendamento che sopprime l’articolo 5 della proposta di legge contro la mutilazione dei genitali femminili.

I voti a favore della legge sono stati 225, 176 quelli contrari e 6 astenuti. Il testo – che era unificato all’origine e poi trasformato dal centrodestra – adesso torna al Senato. Alle fine della discussione in aula gli articoli soppressi erano nove, «un testo praticamente snaturato» ha detto Barbara Pollastrini dei Ds.

La motivazione della soppressione dell’articolo 5, all’inizio, era stata spacciata come mancanza di copertura economica. Strada facendo, invece, sono venuti fuori anche «motivi politici di merito».

In realtà il voto di martedì è figlio della stessa maggioranza che non ritiene la tortura un reato se non è ripetuta più volte, che è stata seriamente tentata di usare i cannoni contro gli immigrati e che ha votato una legge sulla fecondazione assistita fortemente penalizzante per le donne e la loro salute.

Capita così che si vota una legge che vieta con pene durissime, dai 6 ai 12 anni di carcere, chi pratica l’infibulazione – anche quella cosiddetta “soft” o puntura di spillo, una pratica alternativa proprio per evitare l’amputazione rituale irreversibile, ndr – in Italia, ma non si concede asilo a chi fugge dal suo paese per sottrarsi ad un rito che è nato prima dell’Islam, non affonda radici in alcun credo religioso e massacra il sesso e la sessualità delle donne.

La ministra per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo, nei mesi scorsi vendeva la legge attualmente in discussione come un importante passo in avanti contro «un’offesa inaccettabile all’integrità fisica delle donne, un rito imposto alle bambine che viola i loro più elementari diritti umani e che spesso è causa di malattie e menomazioni permanenti all’apparato genitali». Martedì la stessa ministra si è detta «orgogliosa» del lavoro svolto sul testo di legge e di fronte alla cancellazione dell’articolo 5 ha cercato di buttare giù uno straccio di motivazione che ha fatto infuriare ancora di più l’opposizione.

Ha spiegato che la questione dell’asilo «non è archiviata dalla Casa delle libertà ma è talmente importante e delicata che non può che essere affrontata nella sua sede naturale in maniera organica e approfondita e non frettolosamente in un provvedimento che nasce con altre finalità». Poi, facendo ondeggiare con delicatezza la sua folta chioma ha invitato l’opposizione a riconsiderare le proprie posizioni, anche per «dimostrare che su temi come questi il parlamento non si divide».

Un intervento, il suo, ritenuto una vera e propria «provocazione» dalla minoranza in Parlamento. «Impossibile discutere con questa maggioranza così ottusa e chiusa», ha sentenziato Barbara Pollastrini.

Lo scontro in realtà non è questione di ieri: già giovedì i due poli si sono fronteggiati. Ad An, poi, questa legge quando ancora era in discussione alla Commissione Affari sociali e Giustizia della Camera, non andava per niente giù: Giulio Conti ripeteva che nel testo non si spiegava neanche cosa fossero le mutilazioni sessuali.

È il pallino fisso della precisione a caratterizzare questa maggioranza: anche sulla tortura è andata così. Bisognava specificare, spiegare bene, cosa doveva intendersi per tortura. Alla fine hanno chiarito che non una ma almeno due, tre o quattro volte deve essere inflitta su una persona, altrimenti che tortura è?

Allora, a voler essere precisi il termine «infibulazione» deriva dal latino «fibula», spilla. È una procedura mutilativa nella quale la vagina è parzialmente chiusa (in alcuni paesi lo è totalmente) approssimativamente all’altezza delle metà delle grandi labbra. Viene praticata in 40 paesi sulle bambine. Due milioni ogni anno le bambine infibulate, 140 milioni nel mondo le donne ferite. Colpite nella loro sessualità, una pratica nata per controllarle, per proteggere gli uomini dal tradimento. È lo sposo, o sono le parenti della sposa, alla vigilia del matrimonio ad aprire con un coltello parte della vagina, per permettere i rapporti sessuali. Dopo il parto si richiude.

L’Italia è il paese al primo posto in Europa per presenza di donne immigrate infibulate: sono circa 40mila, mentre sono 5mila le bambine che la rischiano.

La legge firmata centrodestra prevede programmi di sensibilizzazione e informazione, la parola d’ordine è prevenzione. Ma che ognuno resti a casa propria, per cortesia.