Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Informazione rispettosa degli stranieri – Sui giornali mai più “vù cumprà”

Sono stati i giornalisti a inventarsi
l’espressione vù cumprà, poi è sparita dal linguaggio, segno che
qualcosa sta maturando nella lotta agli stereotipi: può essere questa
la sintesi della ricerca presentata oggi a Torino su mass-media e
intercultura che ha analizzato il linguaggio di 1.852 articoli e
3.412.339 parole mettendo in luce che ostilità e diffidenze, paure e
intolleranze passano proprio attraverso le parole. A proporla è stato
Sergio Miravalle, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte
tra i finanziatori della ricerca. Promosso dall’Istituto Paralleli e
condotta da tre ricercatori dell’Università di Torino (Marinella
Belluati, Cristopher Cepernich e Michelangelo Conoscenti) lo studio fa
emergere che immigrati, extracomunitari, rifugiati, stranieri,
clandestini, sono termini sinonimi. Ma il messaggio – hanno spiegato i
docenti – pas sa attraverso l’associazione, costantemente ripetuta, di
alcune parole, quali i binomi ridondanti quali problema, sicurezza,
lavoro, organi di polizia. Finisce che s’identifica sempre il male con
l’illegalità e l’illegalità con la devianza e la criminalità. «Siamo
noi responsabili della formazione dell’opinione pubblica – ha
osservato Miravalle – e se abbiamo come Ordine regionale finanziato
questa ricerca è per avere un ruolo di affermazione di una cultura
libera da pregiudizi, di una coscienza critica che deve trovare nel
giornalismo una delle sue forze principali».

Dalla ricerca si nota la crescita di una barriera tra italiani e
immigrati da cui traspare – notano i ricercatori – la preoccupazione
dei primi a non perdere o a ridefinire la propria identità. Perciò di
immigrati si scrive non soltanto quando sono coinvolti nella cronaca
nera, ma anche in relazione ad alcune tematiche ricorrenti, come la
scuola e la religione. La scuola però quasi mai è considerata un
ambiente di integrazione, anzi i mezzi d’informazione ridimensionano
questo essere luogo d’incontro fra bambini, ragazzi che spesso,
invece, non hanno i pregiudizi degli adulti e sono più disponibili a
conoscersi. Anche la religione è una tematica ricorrente ma è intesa
non tanto come promotrice di solidarietà, se non nella stampa
d’ispirazione religiosa o in alcuni articoli isolati, ma come una
difficoltà all’ integrazione. Dal’analisi si evidenzia, anche, che i
più attenti all’intercultura sono i media locali, in particolare
televisioni e radio, molti dei quali, in sintonia con i tempi, hanno
attivato programmi per i migranti e in diverse lingue. La strada
dell’intercultura – concludono i ricercatori – è però ancora lunga,
anche perchè sono ancora pochi i giornalisti stranieri all’interno
delle redazioni.