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Iniziative a Roma della Rete NoG8. Perché l’Oim

In concomitanza con il vertice su "immigrazione e criminalità" i movimenti si dichiarano intolleranti al razzismo

I manifestanti romani, tra cui tantissimi “nuovi cittadini migranti”, sono riusciti a dare vita ad una serie di iniziative per nulla scontate, e messe in pratica con modalità e linguaggi non ideologici e molto comunicativi.
Il Santo protettore dei migranti di tutto il mondo, San Papier, si è preso per alcune ore la Basilica di Santa Maria Maggiore all’Equilino per esprimere qualche rimostranza sul modo in cui se la passano ultimamente i suoi protetti in Italia e nei paesi che attraversano per raggiungerla. L’anagrafe, luogo che con il pacchetto sicurezza sarà di fatto deputato alla “cancellazione” o alla non formalizzazione dell’esistenza di chi non ha i documenti giusti, è stata invasa da striscioni e colorata di vernice.

Ma il primo, e sicuramente il più clamoroso obiettivo, nella giornata del 28 maggio, è stata la sede romana dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. Nel comunicato della Rete NoG8, intitolato “Il silenzio è dei colpevoli” si legge infatti che “l’OIM è in realtà uno strumento di controllo e di gestione dei flussi migratori al servizio dei governi che ne fanno parte. Il tema della dignità umana evidentemente non fa parte delle competenze dell’OIM. Tace infatti sugli abusi, gli stupri e le torture perpetrati su migranti e richiedenti asilo in transito in Libia, dove è presente come supporto alle politiche di contrasto dell’immigrazione con programmi di formazione della polizia transfrontaliera e intervento sul campo. Ha una partecipazione attiva nell’esternalizzazione delle frontiere e nella gestione dei rimpatri dalla Libia verso i paesi di provenienza, in violazione del diritto d’asilo“.
L’Organizzazione intergovernativa ha immediatamente replicato, come era prevedibile, esprimendo “amarezza e condanna” per il fatto che gli antirazzisti, di cui dice sostanzialmente di condividere i valori di fondo, “hanno completamente sbagliato obiettivo (…) Tramite le nostra attività” ha ribadito infatti il portavoce italiano dell’Oim, “cerchiamo di difendere i diritti dei migranti e di favorirne l’integrazione in un contesto italiano che sta diventando per loro sempre più difficile”.

Sarà, eppure è da tanti anni, ormai, che attivisti antirazzisti, studiosi dei diritti umani, enti disinteressatamente attenti ai diritti umani come Amnesty International o Human Rights Watch, in un modo o nell’altro hanno qualcosa da ridire circa l’operato dell’Oim.
In un bellissimo e molto dettagliato saggio di Duvell, scritto ormai qualche anno fa e riportato sul sito Border0, si leggeva ad esempio che:

“Gli stati nazione si stanno sgretolando, il traffico globale cresce costantemente, le frontiere non sono più sicure e il controllo delle frontiere esterne non funziona; in un mondo flessibile sistemi di controllo inflessibili come quello del confine di uno stato nazione sono sempre più inadeguati. Per questo ci si sta muovendo verso un regime omnicomprensivo che copra tutto il processo di migrazione dai paesi d’origine, lungo il percorso e attraverso ogni nazione di transito fino alla destinazione finale. Un approccio del genere va al di sopra degli obiettivi degli stati nazione, che invece hanno identificato il bisogno di organizzazioni sopranazionali e transnazionali di gestione dei flussi migratori.
Queste sono la Consulta Intergovernativa sull’asilo (IGC), l’Organizzazione Internazionale per l’Immigrazione (OIM), alcuni rami dell’Organizzazione Internazionale per il Lavoro (ILO), numerosi istituti di ricerca e conferenze periodiche (…)
L’Oim (…) è stata utilizzata come contro-agenzia dell’UNHCR, nata l’anno dopo. In contrasto con l’UNHCR che è basata su principi umanitari l’OIM si basa su interessi economici. Essa è stata uno degli strumenti della dottrina Truman durante la guerra fredda, e tuttora riflette la pretesa di rappresentare contemporaneamente i governi, le economie ed i migranti con lo stesso mezzo. (…)
Per il ruolo che la OIM ha avuto nell’espulsione dei rom dall’Europa occidentale è stata accusata dal Congresso Nazionale dei Rom (RNC) di essere “il nemico delle genti rom”. E per il modo assolutamente irresponsabile in cui la OIM ha condotto la politica di risarcimento alle vittime rom del nazismo è stata citata dal RNC alla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo (…)
L’OIM non solo comprende, applica e diffonde agli stati i principi della politica dell’immigrazione e le tecnologie in tutto il mondo (Capacity Building Programs), ma offre anche un approccio onnicomprensivo consistente in una combinazione di schemi di contenimento della migrazione (i cosiddetti Seminari d’Informazione), la costruzione di posti di controllo della frontiera (come accade in Ucraina), la costruzione di campi di detenzione (per esempio Nauru), la rimozione degli immigrati indesiderati (i cosiddetti Schemi di Ritorno Volontario, in Inghilterra, Germania, Olanda e in molti altri paesi) e il reclutamento di lavoro richiesto (come dall’Ecuador alla Spagna).

In questi anni e per queste ragioni, le sedi dell’Oim sono state occupate in tantissime città europee: da Helsinki a Vienna, da Berlino a Zagabria, da Belgrado a Ginevra (dove si trova quella centrale).

Se i ragazzi che a Roma hanno invaso la sede italiana di questa organizzazione hanno “completamente sbagliato obiettivo”, si può certo dire che si ritrovino in buona compagnia.

Del resto, nonostante il linguaggio umanitario che l’Oim si sforza di riprodurre ed utilizzare, basta scorrere il suo sito ufficiale per rendersi conto che la sua posizione, per il solo fatto di essere direttamente finanziata dai governi e di essere la più potente al mondo in tema di gestione delle migrazioni, non può che essere “ambigua”.

I governi dei paesi interessati dalle migrazioni, specie quelli europei, respingono senza alcun rispetto dei diritti fondamentali di migranti e richiedenti asilo; i suddetti governi deportano, come è successo più volte negli anni da Lampedusa alla Libia, senza neppure accertare l’identità dei deportati; questi governi detengono per mesi, alcuni per anni, persone il cui unico crimine è quello di non avere i documenti giusti per essere liberi e, ultimamente, per essere considerati esseri umani titolari dei diritti più elementari come quello di iscrivere all’anagrafe il proprio figlio.
Questi governi sono quelli che finanziano direttamente l’Oim e che quindi, inevitabilmente, dirigono il suo operato.
Oggi più che mai, nelle sperimentazioni di esternalizzazione dell’asilo, per le quali una “copertura umanitaria” è strettamente necessaria, Organizzazioni come l’Oim risultano fondamentali a questi governi.
In LIbia l’Acnur non è mai riuscito a far funzionare un ufficio; l’Oim ha un accordo che funziona a pieno regime da molti anni. Qual è la differenza? Forse che tra le tante voci che compongono il mandato di questa ultima organizzazione nella terra di Gheddafi quella che parla di tutela di richiedenti asilo e rifugiati è completamente assente?
O forse perché l’Oim affianca l’Italia (e l’Unione europea) in tutti i progetti che riguardano il “contrasto all’immigrazione clandestina”, specie quando questi vengono finanziati nei territori dei paesi di transito come quelli del Maghreb, o di origine come il Ghana, la Nigeria e il Senegal?

Uno dei due principali progetti dell’Oim in Libia viene definito “Programme for the Enhancement of Transit and Irregular Migration Management”, ed è finanziato dall’Unione europea, dal Ministero degli Interni italiano, e dall’ambasciata statunitense in Libia. Questo progetto “mira a implementare la capacità di controllo alla frontiera tra la Libia e il Niger” ed è romanticamente intitolato “Across Sahara”. In mezzo all’ “attenzione per i diritti umani”, i funzionari dell’Oim hanno il compito di trasmettere e applicare le più perfezionate tecniche di identificazione dei migranti in transito, in stretta collaborazione con le diverse polizie operanti alla frontiera.

Non è così immediato, effettivamente, cogliere l’aspetto umanitario di questo incarico, a meno che non basti – come sembra sempre più bastare a un’opinione pubblica della quale si sta cercando di uccidere lo spirito critico oltre che i sentimenti di giustizia e solidarietà – scrivere qua e là parole come “dignità” e “diritti” per convincerci tutti che l’Oim agisce principalmente a favore dei migranti e dei loro desideri.
Purtoppo, la sua partecipazione a queste pratiche di controllo e gestione della mobilità migrante, i cui effetti collaterali sono le violenze subite da milioni di persone nel mondo, fornisce certamente un utile pretesto a tutti i paesi coinvolti, per affermare, di fronte a qualche scrupolo di coscienza dei propri cittadini, che in fondo possono stare tranquilli: la dignità e i diritti di tutti verranno rispettati, c’è di mezzo un organizzazione che ha questo nel suo mandato!

Anche rispetto alla più pubblicizzata delle attività dell’Oim, quella che riguarda i “rimpatri volontari assistiti”, ci si potrebbe chiedere legittimamente, come molti si sono legittimamente chiesti, cosa ci sia di volontario nel decidere di abbandonare un paese in cui si sono subite soltanto detenzioni e torture e nel quale non è in alcun modo possibile vivere dignitosamente. Il numero dei rimpatri effettivamente eseguiti, comunque, non è molto alto se rapportato a quello di tutte le persone clandestinizzate dalle leggi sull’immigrazione dei paesi europei e dei paesi di transito.
Un pò come avviene con i Cie, insomma, si potrebbe rintracciare, in queste operazioni, una funzione simbolica non dichiarata in qualche modo più rilevante di quella dichiarata e, allo stesso tempo, si potrebbe paragonare il ruolo dell’Oim a quello degli enti gestori delle galere etniche sparse in tutta Europa: “finché ci sono, indipendentemente dal fatto che ci piacciano o meno, che siano efficaci o meno rispetto agli scopi che dichiarano di perseguire, meglio gestirle al meglio”: così hanno sempre risposto. Vale per le detenzioni come per le deportazioni.

Si potrebbe ancora parlare del ruolo affidato all’OIm dal governo italiano circa la gestione dei ricongiungimenti familiari: eseguire test del dna a completo carico del richiedente; una prassi, peraltro, messa in atto prima che un testo di legge ne definisse la legittimità.

Alla luce di tutto questo, l’accusa mossa all’OIm dalla rete NOG8, quella di esser spettatore silenzioso delle violenze perpetrate sulla pelle dei migranti in LIbia e non solo in LIbia, sembra la più innocente oltre che la più immediatamente incontrovertibile.
Guardate il film-documentario “Come un uomo sulla terra”. Leggete i rapporti di Human Rights Watch e di Amnesty International sul trattamento di migranti e richiedenti asilo in Libia.
Davvero l’Oim, partner privilegiato del governo italiano e di quello libico nella gestione delle migrazioni, può non sapere nulla di tutto questo?

I manifestanti di Roma avranno pur sbagliato completamente obiettivo. Ma forse non basta la “campagna di sensibilizzazione” circa l’apporto positivo dei migranti alle nostre società, che l’Oim sta portando avanti e che ha sbandierato di fronte alla protesta per difendersi, a dimostrarlo.

Alessandra Sciurba