Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Intervista di Hibai Arbide a Mikelon e Bego dopo la liberazione

Erano state arrestate per aver viaggiato con un gruppo di rifugiati

Hibai: Prima domanda, una domanda ovvia: siete pentite di quello che avete fatto?

Bego: Assolutamente no, siamo molto orgogliose di averlo fatto e di aver condiviso con i rifugiati le cose che abbiamo condiviso. Ci dispiace non averli potuti portare noi stesse, ma siamo contente della risposta che c’è stata, perché in ogni caso l’obiettivo politico che avevamo è stato raggiunto.

Mikel: Siamo più persone, adesso.

“Obedecemos a los derechos humanos y desobedecemos abiertamente a los gobiernos europeos que han convertido las fronteras en espacios de muerte, detención y deshumanización para miles de personas”.

Hibai: Qual era l’obiettivo politico dell’azione?

Mikel: L’obiettivo fondamentale è interrompere questa barbarie delle frontiere dove migliaia di persone muoiono ogni giorno. E anche se è stato solo un esercizio simbolico, vogliamo rivendicare di averlo fatto. Non è la prima volta, è stato fatto in altri paesi, a Calais, in Grecia, in altri posti. Vogliamo ribadire che i governi europei non rispettano i diritti umani e noi abbiamo il dovere di disobbedire. Ed è per questo che abbiamo cominciato questa azione, non è un’azione individuale, è un’azione collettiva.

Hibai: Vi hanno accusato di favorire l’immigrazione e di mettere in pericolo la vita delle persone che trasportavate. Quale delle due accuse vi offende di più?

Bego: Per me sicuramente quella di mettere in pericolo la vita di queste persone. Fin dal principio è stato tutto pianificato minuziosamente e con molta attenzione perché non accadesse loro niente di male. Abbiamo calcolato tutto al millimetro. Sarebbero dovuti restare lì dentro solo per una decina di minuti e in posizioni non troppo scomode, perché subito dopo aver passato i controlli sarebbero potuti risalire nell’aerea principale, condividendo con noi tutto lo spazio del camper.

Hibai: Cosa ne pensate delle persone che dicono, come il governo basco, che l’obiettivo dell’azione è condivisibile, ma che i metodi sono inaccettabili?

Mikel: Nel momento in cui, come dicevo prima, i governi non rispettano i diritti umani e non fanno il loro dovere, che altro dovremmo fare, come movimento sociale, come cittadinanza consapevole? È nostro dovere creare ponti che rompano queste frontiere che dividono il mondo.

Hibai: Siete usciti di prigione da poche ore, non avete ancora avuto tempo di vedere tutto, ma per quello che avete potuto sentire, cosa ne pensate delle reazioni? Avete visto una risposta soddisfacente? Era quello che vi aspettavate o siete sorprese?

Bego: Io sono molto sorpresa. Non mi aspettavo una reazione così rapida. Ed è stato impressionante. Eravamo preoccupati perché non volevamo diventare noi le stelle di questa storia, perché i protagonisti sono e devono essere i rifugiati.

Hibai: Grazie mille per aver accettato di fare quest’intervista con Pikara nonostante la stanchezza subito dopo essere stati rilasciati e per avermi permesso di vivere con voi queste esperienze.

Mikel: In realtà siamo noi a dover ringraziare. È stato veramente un privilegio e io vorrei semplicemente sottolineare che bisogna provarci e continuare a provarci. Non solo i movimenti per i rifugiati, ma la maggioranza dei movimenti devono provare anche in altri modi. Questo è stato il nostro tentativo. È vero che non ci siamo riusciti, ma è anche vero che abbiamo imparato qualcosa e che ci riproveremo.