Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Invisible workers of the world

Sabato 3 Giugno Giornata di mobilitazione a Verona - Per una rete europea contro la precarietà, il razzismo e per i diritti sociali e di cittadinanza del lavoro migrante, intermittente e precario

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Dal centro del Mediterraneo

Due eventi hanno lacerato il velo della chiacchiera pre- e postelettorale. Parigi, aprile 2006, centinaia di miglia di giovani attraversano i boulevards e occupano licei e università, le fabbriche del sapere, rifiutando un futuro di precarietà.
Los Angeles, 1 maggio 2006, mezzo milione di lavoratori invisibili occupa il centro della città. Centinaia di migliaia di migranti escono dalla clandestinità nelle metropoli americane e si riuniscono per desalambrar, per buttare giù, il muro che li separa dallo spazio pubblico.
Parigi e Los Angeles bruciano di indignazione e di desiderio.
Di futuro.

Due eventi che disegnano le coordinate di un nuova fase del movimento globale. Precarietà e migrazione: la nuova composizione del lavoro vivo, mobile, flessibile.
Insorgenze che marcano il nuovo terreno della battaglia per i diritti sociali. Il lavoro migrante: attestato in luoghi cruciali della fabbrica sociale globale e tuttavia occultato, rimosso, confinato nelle banlieues informali delle grandi metropoli.
Il lavoro precario: la soggettività moltitudinaria e indocile di una generazione che ha molto di più da perdere che le proprie catene.

Riteniamo che precarietà e migrazione – lo ha dimostrato anche il successo dell’Euromayday del 1 maggio – rappresentino il terreno di maggiore radicamento e di maggiore espressività del conflitto sociale della nuova fase di movimento. Che attorno alle esperienze di lotta che si sono mosse al loro incrocio debbano annodarsi le reti di un nuovo spazio politico europeo.

CPT e accordi bilaterali per gestire le espulsioni dei clandestini, processi di governance orientati a massimizzare lo sfruttamento imbrigliando il lavoro in figure contrattuali che lo rendano erogabile a tempo, smantellamento del welfare e sua sostituzione con strumenti di mercato sono dispositivi il cui marchio europeo permette di legittimare politiche nazionali e rappresentano la risposta del capitale alla mobilità e all’autonomia del lavoro vivo.

Riteniamo che allo spazio europeo del comando si opponga uno spazio europeo delle lotte. E che le lotte abbiano perimetrato – da Genova in avanti – un’area della condivisione i cui limiti possano essere ulteriormente allargati.
La disobbedienza sociale e l’azione diretta, l’occupazione di case da parte di precari e migranti, il blocco degli sfratti e la resistenza al razzismo, l’autorganizzazione dei conflitti di lavoro, il lavorare politicamente alla costruzione di reti europee e transnazionali di movimento e dentro di esse, rappresentano la base sulla quale muoverci e la direttrice per un nuovo percorso.
Che si esprima tanto sul lato dell’organizzazione – valorizzando le proprie strutture di intervento e di conflitto – quanto su quello del movimento.

Si tratta di accettare il fatto che i processi di autorganizzazione del lavoro precario e migrante hanno raggiunto una soglia dalla quale non è dato recedere. E che – a partire dai nostri territori – le nuove dimensioni della messa a valore rendono di fatto inattuale e perdente qualsiasi scelta di mobilitazione non si ponga l’obiettivo di agire all’altezza di flussi la cui territorializzazione si è fatta sfuggente, diffusa, non contenibile.

Si tratta di coniugare autorganizzazione sindacale, resistenza sociale, lotta al razzismo e battaglia sui diritti. Di produrre un quadro di articolazione delle lotte per i diritti sociali di migranti e precari che espanda la potenza di soggettivazione del lavoro vivo registrando l’eccedenza che esso dimostra rispetto agli schemi di compatibilizzazione e di imbrigliamento con cui sindacati e partiti della sinistra sovranista e di “governo” cercano di esorcizzarla.
Non sarà certo “umanizzando” i CPT e la Legge 30 che, per restare in Italia, verrà realizzato il superamento delle questioni che le molecolari insorgenze del lavoro migrante e precario hanno posto negli ultimi cinque anni.

Si tratta di imporre un’agenda politica e sindacale volta a creare conflitto scavando nelle contraddizioni che si aprono nell’incrocio di legge 30 e legge Bossi-Fini e di porsi in continuità con il ciclo di lotte degli ultimi anni: di rivendicare lo sganciamento tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, di pretendere i contributi versati dai migranti per la pensione senza aspettare il raggiungimento dei 65 anni, di smascherare la finzione per cui i lavoratori migranti e non vengono assunti come soci di cooperative che però si riservano il diritto di licenziarli quando piace a loro.
E, su di un terreno politico più generale, di rivendicare l’amnistia per i reati connessi alla Bossi-Fini e alle lotte contro di essa: la cancellazione delle condanne per aver venduto merce che è “falsa” quanto lo è quella delle grandi firme o per non aver obbedito al foglio di via, una sanatoria generalizzata per chi non si trovi in regola col permesso di soggiorno, il riconoscimento del diritto alla casa per chi l’abbia occupata e quello di lottare, anche disobbedendo alla legge, per i propri diritti sociali.

Recuperare reddito, scavare contraddizioni nella giungla dei rapporti di lavoro della finzione cooperativa, rivendicare diritti di mobilità e di formazione, autoassegnarsi le case e, per restare per un momento al dispositivo di legge italiano sull’immigrazione, pretendere i contributi e il TFR con cui Bossi e Fini vorrebbero finanziare la costruzione di quei CPT di cui noi rivendichiamo, invece, lo smontaggio e il sabotaggio, sono i punti nodali su cui costruire piattaforme di lotta in cui connettere i mille fili delle vertenze che le lotte hanno aperto nei nostri territori.

Riteniamo che sul terreno della migrazione siano state sperimentate forme di invisibilizzazione, precarizzazione e sfruttamento destinate ad essere estese all’intero mondo del lavoro.
Spezzare la connessione tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, svuotare la pretesa della certificazione di idoneità dell’alloggio per accedere al diritto di ingresso e di residenza sul territorio e revocare la politica delle quote che subordina il lavoro e la sua autonomia alle esigenze del mercato, significa tenere aperto, a partire dalle concrete lotte dei migranti, lo spazio del conflitto per i diritti sociali di tutto il lavoro invisibile e precario.

Si tratta di saldare autorganizzazione sindacale e conflitto in nuovi percorsi di protagonismo politico.
Di elaborare il comune del lavoro invisibile e precario.
Di generalizzare le vertenze in una dimensione locale, metropolitana ed europea.
Di attraversare i confini e di abbattere i reticolati dell’imbrigliamento e dell’invisibilizzazione.

Nella metropoli diffusa del nord del paese (e nel cuore dell’Europa) – da Trento a Bologna, da Trieste alla Toscana, da Milano a Venezia – sui processi dell’accumulazione flessibile si sono sviluppate esperienze di lotta e di autorganizzazione che si tratta di connettere e di potenziare.
Riteniamo che le forme di autorganizzazione che precari e migranti si sono dati rappresentino un dato emblematico in questo senso.
Sportelli, mobilitazioni diffuse, occupazioni di case, scioperi e vertenze, processi di sindacalizzazione dal basso autonomi ed indisponibili al paternalista concertazionismo di CGIL, CISL e UIL vanno posti in rete per dispiegare una nuova agenda del conflitto.

L’autonomia dei movimenti è tale di fronte a qualsiasi governo e il nostro spazio politico è l’Europa.

Il lavoro politico contro il dispositivo complessivo della legge Bossi-Fini, della Turco-Napolitano che l’ha preceduta, quello in cantiere rispetto alla legge che verrà, e per i diritti soggettivi del lavoro migrante ha sedimentato consapevolezza e organizzazione.
Un patrimonio di analisi e di lotte.
CPT, erogazione di contratti di lavoro a termine, bassi salari, negazione dei più elementari diritti sociali hanno progressivamente saldato piattaforme rivendicative generalizzabili all’insieme del lavoro precario.

Riteniamo sia tempo di dare vita a una rete degli invisibili e dei precari che agisca sui nostri territori come parte e come punto di snodo di uno spazio europeo delle lotte e del conflitto.

Il nostro tempo è qui e comincia adesso.

¡ VAMOS A DESALAMBRAR !

Verona, 3 giugno 2006:

Assemblea degli IWW

Sala Lucchi, Stadio
Ore 15:00

Coordinamento migranti Verona, ADL – Padova, Razzismo Stop, RDB/CUB Veneto, Movimento antagonista toscano

Per adesioni: chisa[at]sis.it