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Iscrizione al Ssn a tempo indeterminato e suo mantenimento in fase di rinnovo del pds

a cura dell' Avv. Dario Belluccio

Con la nota allegata che la Questura di Bari ha inviato alla Asl di Bari si specifica il diritto dei cittadini non comunitari ad essere iscritti al Ssn nella fase di rilascio del primo permesso di soggiorno ed il diritto al mantenimento della suddetta iscrizione nelle fasi di rinnovo dello stesso permesso di soggiorno.
Si tratta di una questione che, evidentemente, trova la propria regolamentazione nelle leggi italiane e prima ancora nella Costituzione e, quindi, la nota della Questura allegata non innova nulla dal punto di vista formale (nè potrebbe, in realtà, non avendone la Questura i relativi poteri).
Con essa, tuttavia, la Questura di Bari, richiamando la Asl/Ba a rispettare le norme vigenti in materia di iscrizione dei cittadini extracomunitari al Ssn garantendo il mantenimento dell’iscrizione allo stesso fino a quando le Questure competenti per territorio non comunicano eventuali mancati rinnovi, revoche o annullamenti dei Pds – fa emergere alcune questioni di rilevante importanza.
Il tenore della nota, in ogni caso, permette di fare alcune considerazioni.
Da un lato è certamente singolare che la Questura intervenga in una materia nella quale non ha alcun potere.
Al di la di ogni ulteriore considerazione, questo elemento permette di dire che le Questure, nell’attuale assetto giuridico istituzionale che regola i fenomeni migratori in Italia, risultano essere il punto di riferimento non solamente dei cittadini stranieri (il che è normale, visto che per una o l’altra ragione devono lì recarsi con una periodicità notevole), ma anche delle altre Pubbliche Amministrazioni. E questo anche in materie nelle quali quelle stesse Pubbliche Amministrazioni (nel caso di specie le Asl) avrebbero competenze, poteri e responsabilità proprie.
Non si vuole sminuire la autorità in materia delle Questure (che, evidentemente, è enorme); semplicemente si vorrebbe una chiara assunzione delle proprie responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’implementazione dei diritti della persona, di modo che possano divenire effettivi attori nella affermazione dei diritti individuali, sociali e collettivi.
In secondo luogo la nota in questione mette in evidenza e, potremmo quasi dire, denuncia una prassi illegittima in uso presso alcune Aziende sanitarie locali. In questo senso la singolarità che un richiamo del genere venga da un ufficio che ha, istituzionalmente, compiti prevalentemente repressivi e di controllo non deve sminuire la valenza della questione. Basti considerare che sono state le insistenze della popolazione straniera in Italia, sul punto, che hanno (per così dire) spinto la Questura barese ad emanare questa (per altro corretta) nota.

Fatte tali premesse possiamo maggiormente entrare nel merito della questione, quanto meno per quel che riguarda la Regione Puglia, sperando di dare utili indicazioni a chi opera in questo campo a diverso titolo (pubblici dipendenti, mediatori culturali, associazioni, movimenti di lotta per i diritti dei cittadini stranieri, etc…) ed in diversi territori.
Succede, in realtà, che in taluni casi le Asl (almeno della Puglia) non procedono direttamente alla cancellazione dell’anagrafe sanitaria dei cittadini extracomunitari in fase di rinnovo o primo rilascio del Pds, ma “sospendono” i diritti connessi a tale iscrizione quale, innanzitutto, la possibilità di usufruire del medico di base.
La rilevanza di tale prassi e la lesione del diritto alle cure sanitarie da parte dei cittadini non comunitari è evidente a tutti nel momento stesso in cui si consideri che il medico di base costituisce una delle principali “porte di accesso” ai fini della fruizione delle cure mediche.
A tale riguardo giova ricordare che l’art. 42, comma 4, del D.P.R. 394/1999, come modificato dall’art.39, comma 1, D.P.R. 334/2004, prevede: “L’iscrizione non decade nella fase di rinnovo del permesso di soggiorno. L’iscrizione cessa altresì per mancato rinnovo, revoca o annullamento del permesso di soggiorno ovvero per espulsione, comunicati alla U.S.L., a cura della questura, salvo che l’interessato esibisca la documentazione comprovante la pendenza del ricorso contro i suddetti provvedimenti. L’iscrizione parimenti cessa negli altri casi in cui vengono meno le condizioni di cui al comma 1”.
Questa norma va coordinata, poi, con il comma 2 del cit. art. 42, secondo cui l’iscrizione alla Asl “è valida per tutta la durata del Pds”, nonchè con l’art.34, comma 1, T.U. immigrazione che sancisce l’obbligo di iscrizione al Ssn ed il diritto alla parità di trattamento con i cittadini italiani in ordine alle condizioni di iscrizione, all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata e, infine, alla validità temporale della stessa iscrizione.
Il combinato disposto di cui sopra permette, in realtà, di affermare, che le Asl abbiano uno specifico obbligo di iscrivere la popolazione straniera in Italia senza alcuna scadenza prefissata ed a tempo indeterminato nelle liste dell’anagrafe sanitaria, salvo le comunicazioni delle Questure che attestino la revoca o mancato rinnovo del Pds e sempre che non sia stato promosso alcun ricorso avverso tale provvedimento amministrativo (come specifica lo stesso comma 4 su citato).
Conseguentemente illegittima è la prassi in voga di richiedere in continuazione sempre la stessa documentazione ai cittadini stranieri che vogliano avere cure mediche di qualsiasi tipo (spesso si ha notizie di ultronee e continue richieste di buste paga, iscrizioni all’ufficio di collocamento, dichiarazioni di cessazione del rapporto di lavoro, dichiarazioni di cambio di datore di lavoro, stati di famiglia e così via).
In questi casi le Asl (ma si potrebbe parlare anche di altro, come degli uffici anagrafe dei Comuni) sembrano essere maggiormente attente ad assolvere un compito di controllo che istituzionalmetne non gli spetta o è almeno secondario, rispetto alla tutela della salute degli individui.
Il tutto, all’evidenza, per mere “ragioni di cassa” che di fatto compromettono il rispetto del diritto universale alla salute (art. 32 Cost.) e lo pongono in secondo piano.
Le considerazioni che precedono sono, in realtà, supportate anche da una interpretazione storica delle norme del T.U. e del regolamento di attuazione in materia di iscrizione all’anagrafe sanitaria.
Si consideri, infatti, che prima dell’entrata in vigore del D.P.R. 334/2004 il primo alinea del comma 4 dell’art. 42 del D.P.R. 394/1999 prevedeva che “L’iscrizione cessa in caso di scadenza del permesso di soggiorno, salvo il caso che l’interessato esibisca la documentazione comprovante la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno o il permesso di soggiorno rinnovato”.
Con l’entrata in vigore del D.P.R. 334/2004, tuttavia, il comma 4 è stato modificato nel senso sopra ricordato (ovvero “L’iscrizione non decade nella fase di rinnovo del Permesso di Soggiorno. L’iscrizione cessa altresì per mancato rinnovo, revoca o annullamento del permesso di soggiorno ovvero per espulsione, comunicati alla U.S.L. a cura della questura …”).
Ora, proprio l’avere abrogato la parte della norma che pone a carico del richiedente l’onere di provare la richiesta di rinnovo del pds o l’esibizione del nuovo pds (insieme alle altre circostanze analizzate) deve far ritenere che la durata dell’iscrizione sia, in condizioni di parità con i cittadini italiani, a tempo indeterminato.
Differentemente si avrebbe, oltre che una differenziazione di trattamento rispetto agli italiani, una lettura della normativa che non tiene debitamente conto dell’analisi storica e, comunque, sistematica delle diverse disposizioni in materia.
Infine, sotto altro aspetto, va sottolineato che il riferimento ad i diritti associati o, comunque, connessi all’iscrizione all’anagrafe sanitaria rende illegittimo o quanto meno abnorme, da parte delle Asl, il provvedimento di “sospensione” dei diritti derivanti dall’iscrizione sanitaria in fase di rilascio di primo permesso di soggiorno ovvero di rinnovo del permesso stesso.
Questo in quanto il diritto alla salute, così come i diritti sociali in genere, oltre e prima ancora che essere un dato formale, costituisce un diritto primario ed indefettibile della persona e della collettività tutta che può essere garantito solamente nel quadro della fruizione di tutte le prerogative che spettano al singolo quale membro della comunità locale della quale decide di fare parte.

– Vedi la Nota della Questura di Bari