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Iscrizione anagrafica – La mancanza del requisito igienico-sanitario non può comportare il rigetto

Sono illegittimi i controlli effettuati solo nei confronti dei cittadini stranieri

Il Ministero dell’Interno, con la Circolare n. 1 del 14 gennaio 2013 ha fornito chiarimenti in merito alla verifica dei requisiti igienico-sanitari dell’alloggio in sede di iscrizione anagrafica. Il pacchetto sicurezza (Legge 94/2009) aveva infatti introdotto la “possibilità”, per gli uffici anagrafe, di disporre controlli sulle condizioni igienico-sanitarie degli alloggi, proprio in sede di iscrizione.

La nuova formulazione dell’art 1, della Legge 1228 del 24 dicembre 1954, disponeva che: “l’iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico sanitarie dell’immpobile in cui il richiedente intende fissare l aporpria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie”.
I criteri per l’applicazione di questa facoltà, da parte dell’amministrazione, erano risultati però fin da subito discriminatori avendo dato luogo all’attivazione delle verifica, spesso in maniera sistematica, nei confronti dei soli cittadini stranieri, concludendo non di rado i procedimenti anche con il rigetto dell’istanza.

Sul tema, il Consiglio di Stato, su richiesta del Ministero dell’Interno, lo scorso 13 giugno 2012 ha emesso un parere.

Il Consiglio di Stato ha rilevato che la normativa ha suscitato dubbi da parte di alcuni sindaci ed ufficiali di anagrafe, che vanno dalla possibilità di chiedere , ai cittadini che fanno istanza di iscrizione
anagrafica, la documentazione attestante l’abitabilità dell’immobile e/o quella relativa all’idoneità alloggiativa, ovvero la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà nella quale sia attestata la
sussistenza delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile, eventualmente limitando in tutto od in parte tali richieste con riferimento ai soli cittadini dell’UE o stranieri, fino all’ipotesi di prevedere il rigetto dell’istanza in caso di accertata inesistenza dei citati requisiti

Il Consiglio di Stato ha considerato che la disciplina di settore ( legge n. 1228 del 1954 e d.p.r. n. 223 del 1989 ) prevede che l’iscrizione
all’anagrafe o nei registri della popolazione residente costituisca un diritto ed un dovere di ogni cittadino italiano e straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale
.
L’anagrafe registra coloro che hanno fissato nel comune la propria residenza, nonché coloro che, in
quanto senza fissa dimora, hanno stabilito nel comune il proprio domicilio ( art. 1, comma 3, legge
n. 1228 del 1954 ).

A ciò si correla la funzione dei registri anagrafici, che è quella di rilevare sia sotto in profilo
individuale che familiare le posizioni dei cittadini presenti sul territorio.
La previsione di legge introduce una facoltà per i competenti uffici comunali e non un obbligo in
quanto la disposizione citata recita : “possono”.
Tale facoltà va legata all’esigenza di controlli reali ed effettivi – non meramente cartacei – sulla
situazione di agibilità ed abitabilità degli immobili ( esigenza sempre presente ma ) innescabile
anche all’atto di trasferimento della residenza anagrafica.
Ne deriva che – in linea di massima – non è necessario appesantire ed aggravare i procedimenti amministrativi con nuove produzioni documentali e che comunque, ove lo si ritenga necessario, si
dovrà fare ricorso, opportunamente, alle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà attestanti le situazioni igienico sanitarie dell’immobile.

Naturalmente ciò non escluderà mai il potere-dovere di controllo effettivo della situazione da parte degli uffici competenti ( aziende sanitarie locali ed uffici della Polizia municipale).
Non deve ritenersi consentito, perché violerebbe il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., limitare i controlli agli stranieri ed agli extracomunitari, pur potendosi ipotizzare che le amministrazioni, senza alcun riguardo alla cittadinanza italiana o straniera, costruiscano dei criteri generali sulla base dei quali attivare i controlli ( esistenza di situazioni sociali di rischio; notorio
degrado di alcuni quartieri ecc.).
In ultimo si ritiene che tale facoltà non determina un vero e proprio sub. procedimento necessario del procedimento di trasferimento della residenza anagrafica sicché la mancanza dei requisiti
igienico sanitari non preclude, in linea di principio, la fissazione della residenza anagrafica nel luogo inidoneo.

Il cambio di residenza infatti si denuncia solo dopo il verificarsi del mutamento della situazione di fatto da accertare ( ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge n. 1228 del 1954 ) ossia dopo il trasferimento
di residenza sicché l’avvenuto cambio di residenza in immobile che sia ( ma tale non risulti ) inidoneo dal punto di vista igienico sanitario non preclude astrattamente l’iscrizione all’anagrafe.

In questo quadro va ricordato che va sempre valutata con estrema prudenza l’ipotesi del rigetto della domanda di iscrizione anagrafica, essendo produttiva di danni risarcibili ( Cass. Sez. III 6 agosto 2004 n.15199).

Circolare del Ministero dell’Interno n. 1 del 14 gennaio 2013