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Iscrizione di sin papeles nei municipi di residenza, si pronuncia l’Avvocatura dello Stato spagnola

a cura di Vincenzo Bruno

Torrejon de Ardoz, 118mila abitanti presso Madrid, e Vic, 32mila abitanti in Catalogna, hanno alla fine capitolato all’Avvocatura dello Stato dopo essere stati i nomi piú gettonati sulle prime pagine dei quotidiani nazionali per piú di una settimana.
Tutto ha inizio ai primi di gennaio, il primo cittadino di Vic, Josep Maria Vila d’Abadal del CiU (Convergència i Unió, democristiani) comunica per mezzo stampa di voler cogliere l’esempio di Torrejon negando l’iscrizione nei registri comunali di tutti i sin papeles che di fatto risiedono e lavorano nel municipio catalano. Dal 2008 Torrejon, guidato da Pedro Rollan (PP) ha intrapreso una singolare battaglia giuridico-burocratica con lo Stato escludendo dalla domiciliazione qualsiasi straniero in possesso di visto da turista, o che ammettesse di convivere in non piú di 20 mt quadrati di casa. Pur consapevoli dell’importanza dell’iscrizione come condizione essenziale per poter usufruire dei servizi sanitari ed educativi di base, le amministrazioni comunali di Torrejon e Vic hanno cercato una scappatoia alla legge dello Stato che obbliga tutti i comuni ad annoverare nei propri registri tutti gli immigrati, regolari e non. In men che non si dica, e al posto di gettare acqua sul fuoco della provocazione alimentata tanto a destra che a sinistra, uno a uno i leader dell’opposizione e della maggioranza hanno fatto a gara a dire la propria e lasciare il campo sgombro per confronti politici incandescenti. Mariano Rajoy e Luis Rodriguez Zapatero, rispettivamente capo dell’opposizione e la maggioranza al Governo, non da meno. Il primo – nonostante qualcuno gli ricordava che stesse criticando una legge promulgata da lui stesso quando era Ministro per l’ Amministrazione Pubblica nel Governo Aznar del 1996 – cerca di apparire il piú filantropico possibile dichiarando che “tutti gli esseri umani, per il fatto di esserlo, hanno diritto ai servizi basici fondamentali”. Piú sottile e cinico il secondo, che prima in un appunto di governo elude l’eventualitá che la condizione legale diventi un repellente contro la copertura obbligatoria dello stato sociale, in un secondo momento porta il dibattito addirittura nelle aule del Parlamento Europeo a cui aveva accudito mercoledí scorso assicurando l’auditorio che nessun diritto inalienabile verrá leso da quell’iniziativa di Vic che glossa di “pizzicotto” velenoso.
Pesanti dichiarazioni del primo ministro spagnolo, ma il polverone era giá in aria da tempo. José Montilla, presidente della Generalitat catalana, ricorda che solo con una attenta documentazione municipale degli immigrati i comuni saranno in grado di gestire al meglio tutte le risorse a propria disposizione. “Ma in Spagna non c’entriamo tutti” é invece la risposta-monito di Alicia Sanchez-Camacho, presidente del Partido Popular catalano e candidata numero uno alle prossime elezioni autonomiche, mentre Artur Mas, leader del CiU, spinge il Governo a chiarire quella che lui chiama, in un’intervista a Telecinco, “contraddizione evidente”, e cioé il fatto che l’Esecutivo obbliga a espellere gli irregolari mentre ordina ai Comuni di censirli. Non solo, Mas rinfresca la memoria degli altri esponenti di partito menzionando la sua personalissima proposta del 2006 – sonoramente fischiata – il cosiddetto ‘contratto d’integrazione’ sul modello francese e inglese, ossia arrivare a patti coi sin papeles, da ‘premiare’ nel caso dimostrino maggior propensione all’integrazione con una sorta di patente a punti poco etica a dire la veritá.
Zapatero, Rajoy, Montilla, Camacho, Mas e naturalmente i sindaci dei Comuni interessati da una forte presenza d’immigrati, sembrano non mancare gli ingredienti di una scialba e inopportuna propaganda elettorale, cosí difatti viene analizzata la situazione dalla maggior parte della stampa nazionale. Le valutazioni degli esperti ricadono su un PP che mostra il fianco pur sapendo di andare a sbattere contro disposizioni di legge volute a suo tempo da Aznar e i suoi (tra cui Rajoy) e dimostrando che lo si fa solo per raccogliere consensi elettorali proprio in un comune come quello di Vic che manca di rappresentativitá a destra nientemeno che dal 2003. Dall’altro lato della barricata i socialisti di Zapatero, minimizzando la questione sin dal suo sorgere, hanno lasciato che gli irregolari venissero utilizzati da spaventapasseri da urne proprio in un momento cosí delicato dal punto di vista del lavoro e della convivenza civica.

Ci ha pensato alla fine l’Avvocatura dello Stato a mettere ognuno ai propri posti ma soprattutto a non dare in pasto il fenomeno immigrazione ai politicanti di turno. Attraverso un dossier di dieci pagine consegnato ai giornalisti giorno 20 gennaio l’Avvocato Generale dello Stato, Joaquín de Fuentes Bardají, ha ricusato le richieste del sindaco di Vic d’Abadal sostenendo che l’iscrizione ai registri comunali debba essere rimessa no alla legislazione nazionale di riferimento (la Ley de Extranjería) bensí alla Legge di Base del Quadro Locale, secondo cui (art.15) “tutte le persone che vivono in Spagna sono obbligate a iscriversi nel registro del municipio nel quale si risieda abitualmente”. Pertanto non si parla di residenza ‘legale’, aggiungendo che la Legge Locale “allude unicamente a un dato di fatto, vivere in Spagna e risiedere in un municipio, quindi no a un fatto giuridico, quale sarebbe che gli stranieri vi risiedono legalmente”. La sentenza ha sbaragliato quei sindaci refrattari, ma non le loro polemiche sull’incidenza che i sin papeles hanno sui bilanci comunali. Il centro del dibattito si é spostato sulla necessitá di una riforma del finanziamento locale, sul varo di una normativa nuova in materia che regoli il flusso di denaro pubblico in base alla presenza e al numero d’immigrati sui territori comunali e alla spesa effettiva dei municipi per prestazioni socio-sanitarie effettuate.
Nei girotondi del botta e risposta c’è pure chi considera i sin papeles cittadini di serie ‘b’ nel caso il comune arrivasse al collasso d’utenza in ospedali e scuole. “É una questione di sopravvivenza” glossa con una per nulla invidiabile no chalance il presidente del PP di Badalona (Barcellona), Xavier Albiol, che ai microfoni di Radio Cope (la radio ecclesiastica) si maschera dietro un “ma non siamo xenofobi” pur spifferando che il collasso dei servizi alla comunitá é, in Spagna, una realtá e bisogna perció badare prima ai cittadini spagnoli che “non riescono ad arrivare alla fine del mese”. Ma dati alla mano il discorso di Albiol si fa evanescente. Cosí il Segretario d’Immigrazione della Generalitat Oriol Amorós, che respinge le presunte colpevolezze degli immigrati sul sistema sanitario locale e nazionale citando il Dipartimento di Salute: “la spesa sanitaria che genera un immigrante é la metá della spesa media dei catalani” (Europapress, 21 gennaio). Facendo parlare ancora i numeri, davvero non si capisce dove e come Albiol – e coloro i quali ne reggano le tesi – veda questa minaccia impellente: durante il 2009 l’indice degli stranieri che hanno goduto della copertura delle spese sociali é caduto di un 4,68 percento (90585 iscritti in meno) mentre sale il numero di immigrati recidivi espulsi (quasi 8000).