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Isola di Manus: le Nazioni Unite sostengono che le strutture per l’accoglienza non sono pronte

Più di 600 rifugiati e richiedenti asilo rifiutano il trasferimento dall’ex centro di detenzione australiano

Photo: Lynne Murphy

Più di 600 rifugiati e richiedenti asilo stanno passando un’altra notte all’interno dell’ex centro di detenzione per immigrati sull’isola di Manus, dopo che l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati – UNHCR – ha confermato che gli alloggi sull’isola “non sono pronti” per i detenuti che sono stati espulsi dal centro.

L’elettricità e i servizi essenziali sono stati sospesi questa settimana, e tutto il personale ha lasciato la struttura. Rifugiati e richiedenti asilo all’interno della struttura hanno portato avanti giornalmente proteste pacifiche per più di tre mesi.

Gli uomini rifiutano di essere trasferiti nel centro di accoglienza nella vicina comunità di Lorengau, sostenendo di avere timore per la propria incolumità. Human Right Watch di recente ha constatato una crescita delle aggressioni ai danni dei rifugiati e richiedenti asilo da parte di gruppi armati locali.

Martedì (31 ottobre n.d.R.) ci sono state numerose testimonianze di saccheggi denunciati dagli abitanti della zona dopo che il personale ha lasciato il centro.

Il ministro dell’immigrazione Australiano, Peter Dutton, ha accusato i detenuti e ha definito come un “espediente” le preoccupazioni sull’incolumità, e il primo ministro temporaneo, Lulie Bishop, ha dichiarato che ai detenuti verrà assicurato un alloggio, del cibo e cure mediche nelle tre unità di accoglienza presenti sull’isola.

Ma mercoledì il rappresentante regionale per l’UNHCR, Nat Jit Lam, ha dichiarato di aver ispezionato due dei tre siti, concludendo che gli alloggi a West Lorengau non sono ancora pronti.

I principali lavori sul terreno sono ancora in corso” ha riferito ad ABC radio. “C’erano pesanti macchinari a terra con le recinzioni ancora da costruire.”

Non sembra essere pronto. Non sono un esperto di ingegneria ma in qualità di delegato dell’UNHCR che lavora con i rifugiati, non trasferirei lì nessun rifugiato, non in questo stato. Non è pronto in questo momento.”

Le dichiarazioni dell’UNHCR supportano quanto riportato da Amnesty International e dal senatore dei Verdi australiani Nick McKim.

McKim, che si trova sull’isola, ha dichiarato al The Guardian che Dutton stava dicendo “stronzate” sull’operatività degli alloggi, e che era venuto a sapere inoltre della carenza di 150 letti nelle nuove unità.

Anche se tutti i ragazzi venissero fuori oggi, 150 di loro rimarrebbero sul ciglio della strada a Lorengau, dove sono avvenuti attacchi brutali,” ha dichiarato mercoledì.

I rifugiati hanno riportato di aver visto degli agenti australiani sospetti fuori dal centro, e che gli ufficiali per l’immigrazione e la sicurezza della Papua Nuova Guinea hanno parlato con questi agenti attraverso la recinzione.

L’ABC parla di un incremento della presenza militare nei pressi del centro. Un soldato ha affermato che si stavano occupando della sicurezza del centro dopo i saccheggi di martedì.

Behrouz Boochani, un giornalista e rifugiati Kurdo Iracheno, ha affermato che c’è stato un episodio di autolesionismo nel gruppo, ma che l’uomo era stato medicato. Un altro invece avrebbe avuto delle complicazioni mediche.

Ai detenuti sono state fornite medicazioni aggiuntive prima della chiusura, ma McKim sostiene che molti hanno esaurito le scorte e che molti stavano soffrendo per crisi di astinenza da farmaci psicotropi.

Boochani riferisce che i detenuti sono stati di guardia durante la scorsa notte per prevenire eventuali azioni dei locali o delle autorità.

Gli agenti per l’immigrazione della Papua Nuova Guinea hanno dichiarato che non faranno sgombrare con la forza i detenuti mercoledì, ma ai rifugiati rimangono poco cibo e poca acqua, e nessun servizio igienico funzionante.

Tutti i rifugiati si sono svegliati nuovamente con la paura condivisa di cosa sarebbe potuto succedere, non c’è acqua, corrente e cibo,” Aziz Adam ha riferito al The Guardian dall’interno del centro.
Neanche i bagni funzionano. La gente è stressata e in ansia. Ci aspettiamo un’irruzione della marina militare da un momento all’altro.”

Il centro sorge all’interno di una base navale della Papua Nuova Guinea che ha ufficialmente il controllo del sito. Durante il Good Friday (30 Marzo), alcuni soldati ubriachi hanno fatto fuoco nel centro dopo lo scoppio di una lite con alcuni rifugiati. Detenuti e personale si sono barricati dentro, mentre altri sono fuggiti nella vegetazione della jungla circostante.

I centri di accoglienza non sono l’unico punto controverso. I governi di Australia e Papua Nuova Guinea stanno portando avanti una disputa su chi abbia la responsabilità dei rifugiati che non vogliono o non possono stabilirsi in Papua Nuova Guinea.

La Papua Nuova Guinea ha dichiarato di aver adempiuto agli impegni per gli accordi sottoscritti nel 2013 sulla questione delle zone d’alto mare in corso tra i due paesi, e che l’Australia avrebbe dovuto finanziare i servizi necessari per i detenuti rimanenti offrendo loro la possibilità di esser ricollocati in un paese terzo.

L’Australia ha dichiarato che tutto questo è di competenza del governo sovrano della Papua Nuova Guinea, ciononostante ha ripetutamente rifiutato l’offerta della Nuova Zelanda che si offriva di accogliere alcune persone.