Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Italia – Europa: repressione o integrazione?

Secondo gli ultimi dati della Caritas, contenuti all’interno del Dossier Immigrazione 2004, in Italia sono presenti 2 milioni e 600 mila cittadini immigrati con permesso di soggiorno.
La presenza sempre maggiore dei nuovi cittadini è una costante, il futuro della nazione è multilingue, multicolore.

Ma se il grado di civiltà di un Paese si misura anche attraverso l’accoglienza, l’Italia è sicuramente tra gli ultimi posti. Infatti la politica della chiusura totale delle frontiere produce sempre più
clandestinità e mette a repentaglio la vita di chi tenta di raggiungere le coste italiane per entrare in Europa sulle carrette del mare, o di chi arriva da Est come passeggero-prigioniero di camion o treni merci.

D’altra parte i migranti residenti e regolari si devono guadagnare giorno per giorno e a proprie spese l’integrazione. Ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno è oggi una vera e propria corsa ad ostacoli; tra lungaggini burocratiche e l’introduzione della legge 30 sul lavoro, i migranti residenti da lungo periodo rischiano di restare senza casa, medico, ferie e opportunità di ricongiungersi con i propri familiari.

I migranti si trovano ad essere i capri espiatori di una politica di controllo nel pieno della guerra globale permanente il cui pensiero dominante è che tutti dobbiamo rinunciare a un po’ dei nostri diritti e di libertà per avere maggiore stabilità interna.
Ma questa stabilità prevede controllo, carcere, centri di detenzione, razzismo.

In questo senso si possono inquadrare le modifiche alla legge Bossi Fini che si stanno discutendo in questi giorni al Parlamento e in questo senso si inquadra anche la discussione dell’Unione Europea sui centri di detenzione nei Paesi terzi, Unione che ha firmato la
propria Carta Costituzionale. Il Trattato sancirà definitivamente la
separazione dei diritti tra cittadinanza di sangue e cittadinanza di
residenza
, definirà una maggior precarietà dei lavoratori e l’aumento
delle spese militari finalizzate, tra l’altro, al controllo dei propri
confini in nome della sicurezza.

Contro questo pensiero dominante, lavoratori immigrati e associazionismo
continuano a scendere in piazza per la rivendicazione dei diritti di
cittadinanza e per il pieno riconoscimento del diritto a risiedere in
Italia.
Consapevoli che il loro destino si gioca nello spazio europeo,
intrecceranno reti trans-frontaliere per preparare collettivamente la
giornata del 2 aprile 2005 contro tutti i centri di detenzione, per il diritto a circolare liberamente.