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Jesolo (VE) – Le voci e le proteste dei richiedenti asilo. Tensione dopo i dinieghi. In due giorni 31 trasferimenti

Saranno smistati in altri i centri che consentano loro di presentare ricorso. La mala gestione della Croce Rossa. La necessità di un provvedimento che conferisca la protezione temporanea

A Jesolo, una striscia di terra a due passi da Venezia bagnata dal Mar Adriatico, sembrano essersi condensate tutte le contraddizioni che l’emergenza nordafrica e le scelte che l’hanno accompagnata portano in seno: nessuna prospettiva per il futuro, accoglienza carente, dinieghi, mancanza di assistenza legale, proteste, tensioni. Eppure, dopo il blocco del traffico dello scorso martedì, messo in atto dai migranti africani provenienti dalla Libia, qualcosa si è mosso. Solo 24 ore dopo i blocchi e le manifestazioni sono iniziati i primi trasferimenti. Prefettura e Croce Rossa sono intervenute dopo le due giornate di tensione ed hanno deciso di svuotare il centro di “accoglienza” di Jesolo e indirizzare i migranti verso altre strutture dove dovrebbero ricevere anche un supporto legale per presentare ricorso dopo i dinieghi di massa ricevuti lo scorso 8 febbraio.
E’ stata questa infatti la scintilla che ha fatto scatenare in questi giorni le proteste. Senza poter vedere un legale, senza poter tentare la strada del ricorso, per i 31 richiedenti asilo a cui era stato consegnato il diniego, il futuro, trascorso il termine di 30 giorni, sarebbe stato sulla strada della clandestinità.
Dieci “profughi” sono stati spostati a Bibione nella giornata di giovedì (con un pullman partito proprio nel pomeriggio) mentre altri 21 verranno trasferiti entro un paio di giorni in strutture all’interno del Comune di Venezia.

Siamo andati nel centro dove sono ospitati per incontrarli e sentire la loro voce, quella che con un imperdonabile ritardo per molti mesi nessuno ha saputo ascoltare.
Dopo i fatti di martedì i giornali locali hanno dato ampio spazio a dichiarazioni di politici ed amministrtori che accusavano i “rivoltosi” affermando – come hanno fatto il sindaco Calzavara e alcuni consiglieri – che i migranti “devono rassegnarsi a tornare nei paesi che non sono più in guerra, dopo che hanno percepito 46 euro al giorno a spese dei cittadini”.

Dei 46 euro, normalmente destinati all’ente che si occupa dell’accoglienza, i migranti hanno potuto beneficiare ovviamente solamenti sotto forma di vitto, alloggio, vestiario ed altri servizi anche se la stessa Croce Rossa, cosa alquanto imrobabile, nega di ricevere il denaro stanziato dal Ministero.

Ma quali sono le ragioni della protesta di questi migranti che lo stesso sindaco non ha esitato a definire individui la cui presenza “non è più compatibile per la citta”?
Abbiamo intervistato otto di loro (Pakistani, Ghanesi, Nigeriani) appena fuori dal centro (dentro non ci è stato permesso). Dai volti e dalle parole sono emerse rabbia e frustrazione per il modo in cui sono stati trattati. “Passiamo le giornate a bere, mangiare e fare qualche passeggiata”. Ci confidano di essere stati spesso insultati dagli operatori della Croce Rossa (non tutti): “voi non capite nulla”, “qui non possiamo fare niente per voi”. Un ragazzo racconta di essere stato definito “un cane”. “Ci trattano così perchè abbiamo la pelle nera, sappiamo che è per questo” – dicono. Alcuni aggiungono di non aver potuto nemmeno esporre uno striscione di protesta all’ingresso del centro; fino ad oggi ne restano solo un paio all’interno della struttura tra cui un gigantesco “we need help, aiutateci”.

Intanto, mentre parliamo con loro, siamo scrutati da Forze dell’Ordine e dal personale della Croce Rossa visibilmente infastidito dalla nostra presenza. La situazione è sfuggita dal controllo e per i più loquaci, ai quali abbiamo chiesto di dare spiegazioni, la Croce Rossa non avrebbe potuto far nulla di più. Per altri invece le responsabilità sono ben chiare a vanno ricercate, oltre che nelle politiche del Ministero, anche negli stessi responsabili di una struttura che già da diversi anni, di emergenza in emergenza, viene adibita al ricovero dei migranti provenienti da Lampedusa. Fu così anche nel 2007 quando lo stesso centro ospitò oltre un centinaio di richiedenti asilo provenienti dall’Eritrea e dalla Somalia abbandonati in mezzo al nulla.
I racconti dei ragazzi, in prevalenza ghanesi e maliani, su un punto non lasciano dubbi: la carenza di informazioni è totale e la rabbia per non avere avuto alcun supporto legale per il ricorso dopo i dinieghi ancora non è sedata. “Vogliamo un avvocato per fare il ricorso” – dicono, “con i pochi soldi che abbiamo non possiamo permetterci un legale, cosa possiamo fare?”, dicono tutti.
Non mancano le critiche nei confronti del Maresciallo Enrico Santinelli, responsabile profughi della Croce Rossa reo di aver mal gestito il centro evidentemente meno remunerativo degli altri che nel cosro degli anni la Croce Rossa italiana ha imparato a gestire: i CIE. Uno dei migranti interviene: “subito dopo i dinieghi non ci hanno detto niente; poi ci hanno promesso che avrebbero garantito il supporto legale ma subito dopo ci hanno detto che non sarebbero riusciti a farci incontrare degl avvocati e che avremmo dovuto fare tutto da soli”. Anche prima di andare in commissione ammettono di non avere avuto adeguate informazioni. “E’ per questo che abbiamo deciso di ribellarci” affermano. E la loro ribellione è legittima dal momento che le normative internazionali enunciano tra i diritti fondamentali dei richiedenti asilo il supporto legale sia prima che dopo il colloquio in commissione.

Sullo sfondo, nonostante siano intervenuti i trasferimenti, rimane una situazione esplosiva che a catena rischia di riprodursi dalla Val Camonica a Mineo, dalle province del Nord a quelle del Sud, dalle piccole alle grandi città: 25 mila richiedenti asilo a cui questo paese sta per dare il ben servito pretendendo che accettino impassibili il verdetto.

Loro come noi rivendichiamo il rilascio di un permesso umanitario subito che permetta di scegliere se restare o ripartire e di liberarsi dalla minaccia della clandestinità

Diritto di scelta – Petizione per il rilascio di un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo provenienti dalla Libia

L’ingresso al centro

In attesa dell’uscita – All’interno non si può parlare

La Polizia presidia dentro e fuori il centro della Croce Rossa

Parte i primi profughi trasferiti a Bibione

Le voci dei richiedenti asilo

Le voci dei richiedenti asilo 2

Il video della protesta di martedì