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L’APDHA chiede alla Camera l’apertura di un’indagine per le ripetute morti di donne porteadoras alla frontiera di Ceuta

Una nota dell'Associazione per i diritti umani di Andalusia

Andalusia, 24 aprile 2017

La Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía esorta la Camera ad aprire un’indagine affinché siano accertate le responsabilità per le ripetute morti di donne porteadoras alla frontiera di Ceuta. Ancora non conosciamo il suo nome, ma era una donna di 54 anni, madre di sei figli, e veniva da Castillejos, la stessa cittadina in cui viveva Soad, la giovane 22enne madre di un bambino che neanche un mese fa ha perso la vita in seguito a un’altra valanga umana registrata al Tarajal II.

Con Zhora e Bushra, nel 2009, sono già quattro le donne porteadoras morte alla frontiera in seguito alle calche. Il caos regna sovrano al passo di frontiera recentemente inaugurato, che appena quattro giorni fa è costato la vita ad un’altra donna, investita nel mezzo di una rotatoria. Frutto della “nefasta gestione della frontiera”, dall’apertura del Tarajal II, lo scorso 27 febbraio, le “valanghe umane” si susseguono quotidianamente, e l’associazione segnala da tempo la necessità di porre fine a questa situazione prima che possa verificarsi una disgrazia.

È ormai da molti anni che queste persone si dedicano al “porteo” (attività che consiste nel trasporto di grossi pacchi, come fossero bagagli a mano, dal polo del Tarajal di Ceuta fino alle località marocchine prossime alla frontiera, in cambio di un compenso), vedendosi soggette alla violazione dei diritti umani più basilari. “La portata dei maltrattamenti e la mancanza di rispetto per i diritti umani di queste persone è indescrivibile, e l’aspetto più triste della faccenda è che sembri ormai normalizzata, che tutto ciò stia accadendo in territorio spagnolo senza che nessuno faccia nulla per impedirlo. Il Marocco ha avviato un’indagine, mentre la Spagna si comporta come la situazione non la riguardasse”, denuncia l’APDHA.

Si trovano quotidianamente soggette a vessazioni, abusi e trattamenti degradanti, incluse le molestie sessuali alle più giovani da parte dei corpi di polizia, da entrambi i lati della frontiera”. Così si precisa nel rapporto “Respeto y Dignidad para las Mujeres Marroquíes que portan Mercancías en la Frontera de Marruecos y Ceuta”, realizzato nell’ambito della campagna “Porteadoras: La Injusticia A La Espalda”.

Il documento evidenzia come le condizioni nelle quali realizzano il proprio lavoro siano “assolutamente denigranti”. Le porteadoras – donne che si dedicano principalmente al porteo – “per ore trasportano sulle proprie spalle, lungo tutto il tragitto, dai 60 ai 90 chili di peso, vengono insultate, molestate e derise, costrette a rispettare le file e malmenate se non lo fanno, tutto per meno di 10 euro al giorno”.

Il rapporto dell’associazione spiega anche come queste donne siano spesso costrette, in estate, ad attendere molte ore sotto al sole della spiaggia del Tarajal, senza accesso ad acqua potabile né a bagni pubblici, e senza zone d’ombra che possano ripararle dal calore intenso.

È riprovevole che questa situazione si trascini, anno per anno, sotto lo sguardo impassibile dei governi di Ceuta, del Marocco, della Spagna e dell’Unione Europea”, attacca Cristina Fuentes, del gruppo di ricerca dell’APDHA. I profitti sono considerevoli, “circa la metà dell’export lascia Ceuta sulle spalle delle porteadoras, un’attività non regolata che si stima ammonti ad oltre 400 milioni di euro”, secondo uno studio dell’Università di Granada intitolato “Studio sul Regime Economico e Fiscale di Ceuta”. “Questi profitti si fondano sulla violazione dei diritti umani di queste donne, che hanno bisogno di un posto di lavoro per sfamare le proprie famiglie”, si denuncia.

Per porre fine a questa situazione, la Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía ha pubblicato un decalogo di modifiche da attuare, tra le quali si propone una restrizione del peso massimo dei colli a 20 chili, il riconoscimento di queste persone come lavoratrici e un generale ammodernamento delle infrastrutture, delle zone di sosta e dei servizi per le porteadoras, come bagni pubblici, fonti di acqua potabile e zone d’ombra. Inoltre, segnala come indispensabile una ridefinizione delle competenze dei corpi di sicurezza, così come l’abilitazione di una dogana commerciale tra Ceuta e il Marocco.