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L’Acnur ribadisce: non rimandate i richiedenti asilo in Grecia

Confermata la richiesta di deroga al Regolamento Ce 343/2003 verso la Grecia

Lo testimoniano da tempo i racconti dei profughi soprattutti afgani e curdi, ma negli ultimi anni anche africani, costretti ad attraversare la Grecia come porta d’accesso dell’Europa. Lo aveva già detto l’Acnur nel 2008 e lo ribadisce adesso a distanza di due anni: la Grecia non è un paese sicuro per i richiedenti asilo, non vi possono essere rimandati sulla base del regolamento comunitario 343/2003 che modifica la Convenzione di Dublino del 1990.
Viene da pensare a Khodad, ragazzo afgano che ha abitato per sei mesi al Centro Boa di Venezia, ha imparato l’italiano, e ha vissuto in Italia un periodo pieno di speranza per il futuro, prima di essere preso dalla polizia mentre rinnovava il suo permesso di soggiorno alla questura di Marghera, per venire poi reimbarcato a forza su un aereo per Atene, con la falsa promessa che lì avrebbe potuto chiedere asilo. La sua unica colpa era quella di avere attraversato la Repubblica ellenica nel suo percorso verso un luogo in cui poter vivere in pace, e di avere lasciato in quel paese le proprie impronte digitali. Lo abbiamo incontrato al Campo di Patrasso nel febbraio del 2009, abbandonato, solo, con un foglio di espulsione in mano, senza che nessuno avesse mai valutato la sua istanza di protezione.
Viene poi da pensare alle migliaia di persone respinte quotidianamente dai porti dell’Adriatico di Venezia, Bari, Brindisi e Ancona, profughi spesso minorenni rimandati nell’inferno greco neppure sulla base legale del Regolamento cui l’cnur chiede di derogare, ma in nome di un accordo di riammissione “senza formalità”, che l’Italia ha siglato nel 1999 con un paese, la Grecia, che l’Onu definisce inaffidabile in materia di diritti dei rifugiati.
Vedremo adesso se questa nuova posizione dell’Acnur modificherà qualcosa nei comportamenti dei governi europei, mentre rimane ancora pendente il ricorso alla Corte di Strasburgo contro Italia e Grecia – presentato da 37 profughi sudanesi e afgani respinti dall’Italia – nato dalla sinergia tra il lavoro di inchiesta della Rete veneziana Tuttiidirittiumanipertutti e l’impegno di alcuni avvocati e giuristi coraggiosi.