Questa volta niente da dire sui propositi. La direttiva sul permesso di soggiorno di lunga durata per i cittadini di paesi terzi andava emendata per estenderla ai rifugiati, che ad oggi non godono ancora del diritto di trattamento paritario su tutto il territorio della UE. E il Consiglio ci ha provato, sfruttando la spinta della Presidenza francese. Ci era voluto un anno per costruire il consenso, dopo che nel giugno del 2007 la Commissione aveva presentato la proposta di emendamento. Un anno di negoziazioni, stato per stato, per 27 volte. Ironia della sorte, proprio il 27 del mese scorso, quasi a ricordarci l’assurdità, il Consiglio dell’UE riuniti i 27 ministri degli interni, dichiara di non aver raggiunto l’accordo, rimandando la decisione a data da definirsi. Cosa è successo di imprevisto?
Nulla, di imprevisto. Perché quando il Consiglio dei 27 Stati membri si esprime su tematiche che riguardano l’immigrazione e l’asilo è vincolato dai trattati ad esprimersi all’unanimità. E se basta uno Stato, uno su ventisette a bloccare tutto (Malta in questo caso, 400.000 ab.), allora forse è meglio non parlare di imprevisti. Ma di errore sistemico. Come può l’Europa legiferare su argomenti così problematici come possono essere quelli legati all’immigrazione se tutte le volte deve costruire un consenso unanime?
L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona darebbe le basi legali al Consiglio per esprimersi a maggioranza qualificata, oltre che, ancora più importante, la co-decisione al Parlamento europeo, che per ora può solo “consigliare”. Basta questo esempio per capire quanto sia stato pesante il no irlandese alla ratificazione del nuovo trattato.
di Nicola Flamigni
L’Europa dei veti – Salta l’accordo sul permesso di soggiorno di lunga durata per i rifugiati
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