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L’Italia apre i corridoi umanitari per i profughi

di Stefano Liberti, tratto da Internazionale.it

A partire da gennaio l’Italia aprirà i primi corridoi umanitari per profughi provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo. Il progetto – concepito e realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia – prevede il rilascio di mille visti ad altrettanti richiedenti asilo per venire in Italia e presentare domanda senza doversi sobbarcare il pericoloso e costoso viaggio in mare.

I beneficiari saranno identificati in appositi uffici che aprono oggi in Marocco e Libano e saranno scelti tra le categorie più vulnerabili (donne incinte, donne con bambini, disabili, anziani) e tra le nazionalità più segnate dalla guerra, soprattutto i siriani. Un altro ufficio sarà inaugurato prossimamente in Etiopia, per richiedenti asilo eritrei, somali e sudanesi. Il ministero degli esteri e quello dell’interno italiani hanno dato la loro approvazione e forniranno i visti, validi solo sul nostro territorio (e non in tutta l’area Schengen). Ma l’operazione sarà gestita e supportata finanziariamente dalle due organizzazioni: “Il costo del trasporto e dell’accoglienza in Italia per il tempo in cui la richiesta d’asilo sarà esaminata non peserà minimamente sullo stato”, sottolineano gli organizzatori. La tavola valdese mette in conto un investimento iniziale di un milione di euro, provenienti dai fondi dell’8 per mille e da altre donazioni private.

Il progetto mostra ancora una volta come in Europa ci sia una società civile più avanzata rispetto ai vertici politici

Gli organizzatori riconoscono che non è stato facile convincere le controparti istituzionali: il progetto s’inserisce in un contesto europeo generale di chiusura delle frontiere e di paura per i migranti. La politica ufficiale dell’Unione europea non prevede il rilascio di visti per protezione né alcun meccanismo di richiesta d’asilo nelle ambasciate. Con il paradosso che cittadini di paesi in guerra come la Siria, che ottengono l’asilo nel 100 per cento dei casi, sono costretti a entrare illegalmente in Europa rischiando la vita e arricchendo le organizzazioni di scafisti. “Per noi questo equivale a un accordo di pace, perché salva vite umane. Vogliamo porre fine ai barconi della morte”, dice il presidente di Sant’Egidio Marco Impagliazzo.

A fronte dei più di 900mila arrivi in Europa nel 2015, i mille visti sembrano una goccia nell’oceano. Ma, come sottolinea il pastore Eugenio Bernardini, moderatore dei tavoli valdesi, “quello che noi mettiamo in piedi è un esperimento, uno strumento per spingere altre chiese sul continente e le stesse istituzioni europee a lanciare iniziative analoghe”.

Il progetto mostra ancora una volta come in Europa ci sia una società civile più avanzata rispetto ai vertici politici. Ma evidenzia una contraddizione: come è accaduto nell’ultimo anno nelle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, con l’intervento diretto in mare di vari attori non istituzionali (da Medici senza frontiere, al Moas a Sea Watch), su questo tema soggetti privati o del terzo settore si stanno facendo sempre più carico di compiti che dovrebbero essere gestiti dagli stati.

Articolo pubblicato su Internazionale.it il 17 dicembre 2015