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L’Olanda non è un paese sicuro – Dispaccio #3

Foto tratta da Laatzenietlopen.blogspot.it

Amsterdam – Nel freddo febbraio olandese, Amsterdam si prepara a ospitare il primo “no-muslim day” dell’anno; tutto in chiave Pegida: è la sesta volta in tre mesi. Intanto la Nationale Politie e l’Agenzia per i Rifugiati (COA) pubblicano un resoconto degli incidenti avvenuti nei centri di detenzione per migranti durante il 2015.

Solamente lo scorso anno, si sono verificati 369 episodi di autolesionismo, 312 persone hanno minacciato il suicidio e 2 detenuti si sono tolti la vita. Il COA ha registrato anche 2394 episodi di violenza – fisica e verbale – tra i rifugiati, mentre le forze dell’ordine affermano di essere intervenute 4.460 volte a causa di “incidenti” che vanno dalla perdita dei documenti a risse e reati minori.

La stampa, neanche a dirlo, ha ben pensato di sbizzarrirsi: “8.000 incidenti nei centri per migranti”, “55 crimini sessuali”, “1.300 denunce di violenza nei centri per richiedenti asilo”. E via dicendo. Nessuna menzione, come invece specifica lo stesso rapporto di polizia, al fatto che gli agenti arrivassero spesso a baruffe già concluse, che i famigerati 55 “crimini sessuali” hanno coinvolto esclusivamente i rifugiati, che l’unico “crimine sessuale” in via di giudizio è quello commesso da un molestatore olandese ai danni di un rifugiato minorenne.

Nelle pagine del rapporto, insomma, si legge prima di tutto la difficoltà olandese nella gestione dei richiedenti asilo (43 093 richieste nel 2015). Non è un caso, infatti, che parallelamente all’aumento degli “incidenti” si siano intensificati i rimpatri volontari: 3000 migranti solo l’anno scorso, fa sapere lo IOM. Giovani e meno giovani scoraggiati dalle lungaggini burocratiche per l’asilo e il ricongiungimento famigliare. O, forse, spaventati dai reflussi della destra xenofoba che continua a manifestare violentemente su tutto il territorio nazionale: dal turismo del tafferuglio contro i centri d’accoglienza – due settimane fa, nella cittadina di Heesch, è stato dichiarato lo stato d’emergenza – alle teste di porco mozzate che continuano a spuntare, qua e là, assieme a slogan razzisti.

Certo la politica si muove controcorrente: nei Paesi Bassi i tempi d’attesa per una richiesta d’asilo sono infatti decuplicati, da sei settimane a sei mesi; l’assistenza primaria per i sans-papiers è stata ridotta; il Ministro per la Casa, Stef Blok, ha firmato una proposta di legge per bandire l’accesso preferenziale dei rifugiati all’edilizia popolare. C’è poi chi farebbe di tutto, anche fuori della legge, pur di rallentare i flussi migratori: il primo ministro Rutte e il leader laburista Samsom, suo compagno di coalizione, hanno così vagheggiato di respingimenti verso le coste turche per “150/250 000 rifugiati”. In tutto ciò convinti che la Turchia possa diventare paese sicuro già domani, magari se arrivassero quei famosi miliardi dall’UE, e per avere “meno rifugiati in sei/otto settimane”.

Preoccupa, allora, che l’Olanda abbia preso le redini del semestre di Presidenza Europea in giorni piuttosto delicati nei quali l’orologio di Schengen potrebbe battere la mezzanotte. Soprattutto per una cattiva gestione della “questione migratoria”, tra proposte indecenti e annunci populisti, che potrebbe presto tramutarsi in decisioni politiche – dure e dalle durissime conseguenze – come quelle dei cugini danesi e svedesi.

Intanto a sguazzare in questo clima da compravendita elettorale, da si salvi chi può in tempi di crollo dei consensi, rimangono l’estrema destra in tutte le sue declinazioni (dai filoleghisti di Wilders ai neofascisti di NVU, passando per gli islamofobi di Pegida) e la sua indisturbata ascesa.

Link utili:
Rapporto completo di COA e Nationale Politie