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L’Unione europea ha soddisfatto solo il 5% degli obiettivi nella ricollocazione dei rifugiati da Italia e Grecia

Jennifer Rankin da Bruxelles, The Guardian - 8 dicembre 2016

Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress (Idomeni - ottobre 2016)

I paesi europei hanno ricollocato solo un rifugiato su 20 tra quelli che avevano promesso di accogliere, tra persistenti divergenze su come il continente dovrebbe aiutare le masse sempre più numerose che fuggono da guerre e persecuzioni.

Più di un anno dopo la promessa dell’UE di ridistribuire 160.000 rifugiati da Italia e Grecia, ormai al limite delle loro possibilità, ad altri paesi membri, è stata trovata una casa solo a 8.162 persone, come mostrano le cifre della Commissione Europea.

Nonostante l’UE abbia soddisfatto solo il 5% dei propri obiettivi, Dimitris Avramopoulos, il commissario europeo con delega alla migrazione, ha dichiarato possibile raggiungere lo scopo finale entro settembre 2017.

Il commissario greco ha salutato con ottimismo l’aumento dei ricollocamenti nel mese di novembre, e ha previsto che questa tendenza sia destinata a migliorare. “Sempre più Stati membri hanno aperto le loro frontiere”, ha dichiarato. “Credo che molto presto saremo in grado di affermare che il programma di ricollocamento funziona”.

6.212 rifugiati sono stati ricollocati dalla Grecia e 1.950 dall’Italia, i due paesi in prima linea nella crisi europea dei migranti.

L’UE ha forzato l’approvazione di un piano di quote di rifugiati nel settembre del 2015, mentre si affannava per gestire l’arrivo di più di 1,2 milioni di richiedenti asilo. Ma l’accordo ha incontrato la ferma opposizione dei paesi dell’Europa centrale, che non si sono preoccupati granché di implementare una politica ai loro occhi impraticabile e lesiva della sovranità nazionale.

L’Ungheria e la Polonia non hanno accolto nessun richiedente asilo dalla Grecia e dall’Italia. La Slovacchia, che detiene la presidenza UE fino alla fine del mese, ha accolto solo nove persone; la Repubblica Ceca dodici.

Il Regno Unito, che gode della facoltà di opt-out limitatamente ad alcune parti della politica europea di asilo, ha scelto di non partecipare al piano.

Le profonde divisioni europee sulla migrazione saranno al centro dell’attenzione venerdì, in occasione dell’incontro dei ministri degli esteri europei a Bruxelles per discutere il significato di “solidarietà concreta”, l’ultima parola d’ordine europea all’insegna della quale dividersi i costi dell’accoglienza.

A maggio, la Commissione ha imposto ai paesi che si rifiutavano di accogliere richiedenti asilo un “contributo di solidarietà” di 250.000 euro per ogni persona che Bruxelles intendeva assegnare loro. Il quartetto di Visegrad, composto da stati dell’Europa orientale, ha denunciato l’idea come un ricatto.

La Slovacchia ha provato a condurre i paesi ad un compromesso, ma i diplomatici hanno rivelato che non ci saranno svolte decisive venerdì né la prossima settimana, quando il problema sarà affrontato in un summit dei leader europei.

Gli ultimi dati emessi dalla Commissione, inoltre, mostrano che 748 persone sono state rimandate indietro dalle isole greche alla Turchia, secondo il controverso accordo tra Ankara e l’UE che ha contribuito a ridurre decisamente i flussi di migranti.

Stando alla clausola “uno per uno” dell’accordo firmato a marzo, l’UE ha promesso asilo ad un rifugiato siriano attualmente residente in Turchia per ogni richiedente asilo respinto dall’Europa e rimandato in Turchia.

Per rispettare la sua parte del patto, finora l’UE ha accolto 2.761 rifugiati siriani dalla Turchia, molti meno dei 12.000 concordati e dei 72.000 posti disponibili secondo la legge europea. Ad oggi, l’UE ha pagato 677 milioni di euro dei 3 miliardi promessi entro la fine del 2017 per aiutare i rifugiati siriani in Turchia.

Lo sforzo europeo deluderà sicuramente la Turchia, che ospita al momento 3,2 milioni di rifugiati. L’ambasciatore uscente della Turchia in UE, Selim Yenel, a settembre ha dichiarato al Guardian che credeva che l’UE avesse promesso un piano a lungo termine che avrebbe previsto il ricollocamento in Europa di 150.000-200.000 rifugiati l’anno.

Le tensioni tra Ankara e Bruxelles sono già alte, da quando il parlamento europeo ha votato per congelare i negoziati di adesione della Turchia all’UE, spingendo il presidente Erdogan a minacciare la validità del trattato.

Dietro le quinte, i funzionari UE hanno espresso fiducia nella tenuta del patto con la Turchia. I leader lo stanno usando come canovaccio per accordi con cinque paesi africani – Etiopia, Niger, Nigeria, Senegal e Mali 1 – da dove provengono molti di coloro che affrontano la pericolosa traversata verso l’Italia.

Una bozza delle conclusioni del summit della settimana prossima, acquisita dal Guardian, mostra che i leader UE proporranno di considerare accordi simili per altri non meglio specificati paesi, “tenendo in considerazione le risorse disponibili”.
I leader europei sono ansiosi di dimostrare che hanno controllo sul numero dei migranti, all’alba di una serie di elezioni cruciali nel 2017. Nel frattempo, le istituzioni UE vogliono dimostrare che la loro politica sui rifugiati può funzionare.

Per questo motivo, l’esecutivo UE ha voluto dimostrare fiducia nell’oberato sistema di asilo greco, chiedendo la fine della messa al bando per sei anni dei rifugiati che vengono rispediti lì.

Secondo le leggi UE, i rifugiati possono essere mandati indietro da un paese membro a quello in cui sono arrivati inizialmente. Ma ai paesi è stato impedito di rimandare profughi in Grecia fin dal 2011, dopo che la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che le condizioni nelle strutture greche erano così precarie da essere equiparabili a “trattamento degradante”. La Corte ha anche scoperto che persone a rischio di persecuzioni rischiavano di venire rimandati nel loro paese di origine senza un legale processo.

Accogliendo positivamente i progressi fatti dalle autorità greche, giovedì la Commissione ha raccomandato di ricominciare “gradualmente” a rimandare i profughi in Grecia a partire dal 15 marzo 2017. Ha anche annunciato l’abbandono dei procedimenti legali contro Grecia e Italia, poiché entrambi i paesi ora rispettano le leggi UE in materia di impronte digitali dei nuovi richiedenti asilo.

Ma, viste le carenze nel sistema, il divieto di ritorno in Grecia rimarrà per bambini e altre categorie vulnerabili. I paesi che desiderano rimandare richiedenti asilo in Grecia dovranno anche prendere l’insolita misura di ottenere garanzie dalle autorità greche.
I governi e i tribunali nazionali avranno l’ultima parola sulle raccomandazioni della Commissione.
Nonostante i funzionari UE si aspettino che solo un piccolo numero di persone sarà coinvolto in questo cambio di politiche, è una mossa dal grande valore simbolico, pensata per dimostrare che l’UE ha i flussi di migranti sotto controllo.

Ma questa mossa probabilmente incontrerà le critiche dei gruppi per i diritti dei rifugiati, che hanno messo in evidenza le squallide e affollate condizioni di vita di migliaia di persone nei campi greci.

Più di 57.000 persone sono bloccate in campi temporanei in Grecia, vivendo in condizioni che non rispettano gli standard umanitari internazionali, secondo l’IRC (Comitato Internazionale di Salvataggio). L’IRC, insieme ad altre ONG, ha documentato le lunghe code per l’acqua e il cibo, la scarsità di istruzione e di opportunità lavorative.

  1. Vedi l’articolo: Il risultato del viaggio di Gentiloni in Africa: contro i migranti finanziamo governi corrotti
    Cornelia I. Toelgyes, AfricaExpress – novembre 2016