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L’altra faccia della Bolzano prenatalizia: richiedenti di protezione internazionale per strada

di Monika Weissensteiner, Brenner/o Border Monitoring

Oggi siamo PIENI. NO POSTI LIBERI, Today we are FULL. NO BEDS

Potrebbe essere il cartellone appeso davanti a un albergo in piena stagione per i mercatini di Natale a Bolzano. Ma non lo è. É appeso al cancello dell’”Emergenza Freddo”, un servizio del Comune di Bolzano dove le persone senza tetto in città possono trovare riparo dal freddo durante la notte nei mesi invernali.

“Oggi”. Ovvero: ieri, domani, dopodomani… il cartellone potrebbe rimanere lì ancora uguale; l’avrà messo qualche operatore esasperato, perché ogni sera aspettano, davanti al cancello d’entrata, molte più persone di quanti siano i posti letto a disposizione. “Digli che noi siamo esseri umani.” Me lo ripetono, in tanti, tra coloro che aspettano fuori, non entrano. Parliamo, mi mostrano i documenti che portano in tasca: “richiesta di protezione internazionale” rilasciata dalla Questura di Bolzano. Sì, sono esseri umani. E, in quanto richiedenti protezione internazionale, avrebbero in realtà il diritto di accedere alle strutture di accoglienza previste per richiedenti asilo. Sei mesi è il tempo di attesa che viene loro comunicato. “L’emergenza” che si produce qui ogni notte, e che è reale, non sarebbe neanche una questione dell’emergenza freddo.

A casa

Mi sento quasi come se fossi a casa nel mio paese”, dice un signore, seduto per terra davanti a un piccolo fuoco per riscaldarsi, mentre mi offre del tè e del pane cucinato sul fuoco. Viene dall’Afghanistan, da un paesino di montagna. Da dove è fuggito a causa dell’insicurezza. Qui dorme per strada con altri richiedenti asilo, quasi tutti provenienti dall’Afghanistan o dal Pakistan. In questo posto non ci sono servizi igienici, non c’è l’acqua corrente, e la notte fa davvero freddo. Hanno qualche coperta, dormono in tanti sotto un riparo improvvisato. “La notte quasi non resisti”. E’ l’inospitale freddezza che sta entrando loro nelle ossa. No, non siamo in un paesino dell’Afghanistan. E neanche in un campo profughi in Medio-Oriente. Siamo a Bolzano. Già, da noi, le case e gli standard minimi son un po’ diversi, vero?

Il signore non è solo. Basta poco per conoscere una sessantina di ragazzi e uomini che dormono nei dintorni. Tutti con il foglio che documenta la richiesta di protezione internazionale effettuata nella Questura di Bolzano.
Parla chiaro il decreto legislativo 142/2015, che recepisce la normativa Europea in materia di accoglienza di richiedenti asilo: chi mostra volontà di richiedere protezione internazionale accede all’accoglienza. PUNTO. Poi, ovvio, ci sono delle procedure da seguire, questioni di competenza da risolvere, verifiche varie da fare, e così via. Però quello che vediamo, sembra proprio l’inverso. E nel frattempo loro sono fuori, al freddo.

Tra domande, desideri e dura realtà

Hanno tante domande. “Come è possibile che qui a Bolzano devi aspettare 6 mesi per entrare in una struttura d’accoglienza, mentre in altre città aspetti una settimana, forse un mese?”. Colui che me lo chiede è stato in due altre città italiane per cercare di deporre la sua domanda, ma è stato rimandato dalle rispettive Questure a Bolzano. E’ qui che risultano prese per la prima volta le sue impronte digitali. E quindi è tornato e ha fatto qui la sua domanda d’asilo. E ora è qui intrappolato. Tempo di attesa 6 mesi, prima di poter sperare, forse, di accedere a un posto dove stare. Ognuno di loro ha un proprio tragitto sulle spalle. Quello che lui e gli altri uomini qui desiderano è di non dover più dormire nel gelo. E così, cercano accoglienza notturna nel Servizio dell’”Emergenza Freddo”, anche se è un servizio indirizzato in primis a persone senza tetto con permanenze sul territorio da tempo, cittadini italiani ed europei.
Funziona così”, mi spiega uno di loro: “Tu puoi dormire dentro per tre giorni consecutivi. Poi devi uscire. Passa una settimana, due, e poi forse puoi nuovamente entrare per qualche notte”. Insomma: a rotazione.
Importante”, aggiunge questo padre di famiglia appena ventenne, “che possano star dentro almeno le persone ammalate, non possono continuare a dormire qui fuori”. C’è quasi da sperare di essere ammalato per avere una minima possibilità di dormire al caldo qualche notte in più, davvero un sistema perverso.
La maggioranza di coloro che dormono qui all’aperto è a Bolzano da un mese. Hanno dormito al caldo tre notti, qualcuno sei, i più fortunati (cioè gli ammalati?) otto, massimo dieci. E qualcuno mai. C’è chi si reca, comunque, ogni sera davanti al cancello nella speranza di entrare; e c’è chi invece semplicemente non ci va più. Ci sono coloro che da un mese hanno dormito fuori ogni maledetta notte. E c’é chi è in lista d’attesa non da un mese, ma da SEI.

Le parole e le risposte del diritto e dell’umanità

Le persone che ho conosciuto qui non mi dicono “abbiamo diritto all’accoglienza in quanto richiedenti protezione internazionale”. Queste sarebbero le “mie” parole, perché di fatto è un loro diritto. Quello che chiedono è un riconoscimento della loro umanità. Dicono e ripetono Siamo esseri umani.
Sì, e mi verrebbe da dire, che l’umanità che è venuta a mancare, non è la loro. Anche se in questa condizione sentono il bisogno di riaffermarla, poiché è calpestata. E lo fanno con una dignità che merita rispetto.
L’umanità che è venuta a mancare in questa situazione, non è la loro ma la nostra.

Il messaggio

Qualcuno l’ha lasciato per iscritto, il suo desiderio, la sua richiesta, il suo sogno, la sua speranza. Sarà la frase con la quale si addormenterà stasera, forse anche domani sera e dopodomani sera, se riesce a trovare sonno nonostante il freddo. L’ha lasciata per iscritto con una penna sopra il cartellone dell’”Emergenza Freddo”, l’altra sera, prima di tornare al suo riparo. E’ questa la frase, fissata sul cartellone:
“Today we are not full. Open beds”.
Oggi non siamo pieni. Letti aperti.
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APPROFONDIMENTO I

Decreto legislativo 142/2015 recepisce la normativa europea in materia di accoglienza per richiedenti d’asilo.

Art.1. Il presente decreto stabilisce le norme relative all’accoglienza dei cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea e degli apolidi richiedenti protezione internazionale nel territorio nazionale, comprese le frontiere e le relative zone di transito, nonché le acque territoriali, e dei loro familiari inclusi nella domanda di protezione internazionale.

Art. 2. Le misure di accoglienza di cui al presente decreto si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale.

Art. 3. Le misure di accoglienza di cui al presente decreto si applicano anche ai richiedenti protezione internazionale soggetti al procedimento previsto dal regolamento (UE) n. 604/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale.

APPROFONDIMENTO II

Attualmente in Provincia di Bolzano ci sono 160 persone che hanno presentato la loro domanda di protezione internazionale presso la Questura di Bolzano e che risultano su una “lista di attesa” per poter accedere ad una struttura di accoglienza per richiedenti d’asilo. Tempo di attesa: intorno ai 6 mesi. Strano, qualcuno si chiederà, non sono state aperte nei mesi scorsi nuove strutture d’accoglienza? Verissimo. Però lì fino ad ora entrano solo i profughi assegnati “a quota” dal Ministero d’Interno. Per chi invece raggiunge Bolzano autonomamente (vengono chiamati i “profughi ordinari”), la Provincia ha previsto 132 posti d’accoglienza gestiti in autonomia, che pare siano esauriti. Quindi: liste di attesa, e attesa in strada. Occorre ricordare, che le strutture d’accoglienza sul nostro territorio non entrano nel sistema nazionale degli SPRAR ai quali la Provincia ha deciso di non accedere.
Mentre alle famiglie con bambini piccoli é stata garantita un accoglienza temporanea perché considerate categorie vulnerabili, gli uomini singoli (provengono dall’Afghanistan, il Pakistan, l’Iraq) sono per strada. Oggi, in totale, il Sudtirolo ha accolto circa 850 richiedenti di protezione internazionale. All’Alto Adige spetta il 0,9% degli arrivi sul territorio nazionale (circa 140.000 a fine ottobre 2015), che corrisponderebbe, facciamo due calcoli, a 1.260 persone. Quindi abbiamo accolto sul territorio provinciale meno persone di quanto stabilito per le “quote”, sarà perché diverse persone non si sono fermate qui da noi. Nonostante questa differenza nel numero delle persone di fatto presenti nelle strutture sul territorio, ci sono comunque 160 persone sospese per mesi su una lista d’attesa.

Nota: Un rapporto di monitoraggio (Brenner/o Border Monitoring_Fondazione Alexander Langer Stiftung & Organisation für eine Solidarische Welt) è stato mandato in precedenza agli Enti pubblici e privati coinvolti nella “gestione” del fenomeno, che ci hanno risposto di essere al corrente della situazione. Auspichiamo che vengano presto adottate risposte urgenti, sia per il breve che lungo periodo, con un’accoglienza rispettosa del quadro normativo e della “loro” e “nostra” umanità.
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Da settembre 2014 l’iniziativa “Brenner/o Border Monitoring” realizza una presenza di monitoraggio attivo al Brennero a dal 2015 anche a Bolzano, nell’ottica dei corpi civili di pace e di mediazione, attraverso il dialogo con tutti gli attori coinvolti. Comprende presenza, osservazione, intervento, informazione minima legale, lavoro in rete, in certi periodi supporto agli umanitari in collaborazione con volontari, sensibilizzazione e advocacy. Il monitoraggio é una forma di impegno civile e volontario, con il sostegno principale della Fondazione Alexander Langer e dell’Organizzazione per un Mondo Solidale (oew).
L’articolo di Weissensteiner Monika è pubblicato sul sito della Fondazione Alexander Langer.