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L’attivista Helena Maleno viene convocata a deporre in Marocco per una causa penale circa le sue segnalazioni all’organizzazione Salvamento Marítimo

Gabriela Sánchez, Desalambre - 4 dicembre 2017

Photo credit: Consejo General de la Abogacía Española

Nell’ambito di un’indagine penale, l’ufficio d’istruzione della Corte d’Appello di Tangeri ha chiamato a deporre Helena Maleno, la principale attivista per i diritti dei migranti alla Frontera Sur spagnola, “allo scopo di interrogarla riguardo i fatti a lei attribuiti” e “adottare le relative misure legali”, riporta la citazione alla quale eldiario.es ha avuto accesso.

Per le sue segnalazioni a Salvamento Marítimo circa la presenza di migranti in mare in situazione di pericolo, il fascicolo della Corte d’Appello marocchina la collega alle reti di traffico di esseri umani. Attraverso un sistema di allerta, la sua ONG, Ca-minando Fronteras, ha permesso il salvataggio di centinaia di persone che, a bordo di imbarcazioni precarie, cercavano di arrivare sulle coste spagnole. Per questo lavoro e per la sua azione di denuncia sociale, la Maleno è stata insignita nel 2015 del Premio per i Diritti Umani “Nacho de la Mata”, del Consejo General de la Abogacía Española.

Dal procedimento marocchino emerge la relazione delle operazioni di polizia alawite con un’indagine della Polizia spagnola sul possibile coinvolgimento della Maleno – che risiede in Marocco – nelle reti di traffico di persone, il tutto a causa delle sue segnalazioni all’istituzione dipendente dal Ministero dello Sviluppo.

I rapporti della polizia, redatti dalla Direzione Generale di Sicurezza Nazionale marocchina e inviati alla Corte d’Appello di Tangeri, fanno riferimento alle segnalazioni che Helena Maleno ha passato, dal Marocco, a Salvamento Marítimo, segnalazioni che, specifica il documento, riguardano la richiesta di salvataggio di “immigrati clandestini sub-sahariani” alla deriva a bordo di imbarcazioni salpate dalle coste marocchine.

Secondo la polizia alawita, si sospetta un suo coinvolgimento nelle organizzazioni che operano nell’immigrazione illegale, e le sue chiamate per sollecitare il salvataggio dei migranti “potrebbero avere il fine di assicurare l’ingresso di questi nel territorio spagnolo” tramite l’intervento di Salvamento Marítimo.

Da uno di questi documenti emerge che, nel 2015, la polizia del Regno alawita ha fatto richiesta di ulteriore documentazione alle autorità spagnole per poter continuare le indagini dato che, come risulta, le intercettazioni dell’utenza telefonica della Maleno realizzate dal Marocco “non hanno prodotto alcun risultato”.

In quest’ottica, la polizia marocchina sottolinea che le autorità spagnole “sono in possesso di prove che dimostrano” la sua implicazione nella creazione di una “mafia criminale dedita al traffico di persone”. Per questa ragione, il Marocco ha richiesto alla Spagna il “registro delle chiamate” e la copia dei resoconti delle operazioni portate a termine dalla polizia spagnola in quest’ambito.

Dopo un decennio di lavoro di denuncia contro gli abusi subiti dalla popolazione migrante alla frontiera da parte delle autorità e delle politiche migratorie, l’attivista ha confermato che sarà presente in sede di dibattimento, programmato per questo martedì nel tribunale marocchino.

La difesa della Maleno riferisce che l’attivista “è appena stata informata dell’indagine aperta contro di lei e possiede scarse informazioni al riguardo”, poiché “non ha ancora potuto ottenere una copia completa del fascicolo per conoscere nel dettaglio le accuse che le si rivolgono”.

Dal momento in cui ha saputo della convocazione, il 29 novembre, Helena Maleno ha continuato a ricevere le chiamate disperate dei migranti in pericolo nel mare e a comunicare le informazioni ricevute a Salvamento Marítimo. Quello stesso giorno le sue segnalazioni hanno allertato dell’esistenza di numerose imbarcazioni disperse nello Stretto; ciò ha permesso a Salvamento Marítimo di mobilitare le sue squadre di soccorso e di recuperare alcune di queste, aggrappate ad una barca semi-affondata.

Preoccupazione per la criminalizzazione dell’attivismo

Numerose ONG come Women’s Link, la Coordinadora de ONGD Española e la Coordenadora de Barrios hanno espresso la propria preoccupazione per la “criminalizzazione” del lavoro della Maleno. “Questa indagine si inserisce in un momento molto difficile per gli attivisti per i diritti umani che, come Helena, vedono criminalizzato il proprio lavoro per il semplice fatto di difendere e denunciare le violazioni dei diritti umani commesse contro la popolazione migrante”, afferma Women’s Link.

Siamo preoccupate per quello che sembra essere un tentativo di criminalizzazione del lavoro di un’attivista per i diritti umani. La Maleno svolge da anni un compito fondamentale alla Frontera Sur e speriamo che possa continuare a fare il suo lavoro, così importante per moltissime persone”, ha affermato Viviana Waisman, la fondatrice dell’ONG.

Questa organizzazione, insieme a Ca-minando Fronteras, ha inviato una comunicazione scritta al relatore delle Nazioni Unite per i Difensori dei Diritti Umani allo scopo di avvisarlo della citazione in giudizio ricevuta da Helena Maleno, in un contesto in cui l’attivista, indicano, ha ricevuto diverse minacce negli ultimi anni a causa del suo lavoro di denuncia sociale.

Questa operazione giudiziaria ha un’evidente volontà intimidatoria, che cerca di provocare un effetto di dissuasione su Helena per far sì che abbandoni la sua pratica attiva di denuncia delle violazioni dei diritti umani nel territorio di confine”, si afferma nel documento ricevuto dall’ONU.