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L’emergenza Covid-19 e l’accoglienza delle persone senza dimora e dei cittadini stranieri a Torino

Il 4 maggio, il Comune di Torino ha chiuso il campo per persone senza dimora allestito in piazza d’Armi, nonostante continui ad essere richiesto a tutti i cittadini di restare a casa per contenere l’epidemia di COVID-19. In seguito allo smantellamento del campo, più di 130 persone sono state lasciate improvvisamente per strada, senza che venisse offerta loro alcuna alternativa.

Come ha sottolineato l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Torino, “è evidente come questa situazione, già problematica in ogni caso, durante l’attuale periodo di emergenza possa potenzialmente diventare un pericolo sia per la salute di queste persone, che per tutti i cittadini”.
Tra coloro che sono stati lasciati per strada, vi sono anche persone con problemi psichiatrici, ultrasessantacinquenni o con malattie croniche (diabete con complicanze, HIV ecc.) e dunque particolarmente a rischio.

Il 12 maggio, le 42 persone che si erano accampate in piazza Palazzo di Città sono state trasferite nel V Padiglione di Torino Esposizioni, dove hanno trovato condizioni di accoglienza del tutto inadeguate (servizi igienici sporchi, assenza di docce, mancanza di tende e coperte ecc.).

Si auspica che ora tutte queste persone, fortunatamente risultate negative al tampone, vengano immediatamente trasferite verso idonee strutture d’accoglienza, senza escludere i cittadini stranieri irregolarmente soggiornanti, come consentito dalla normativa vigente, a maggior ragione nel contesto dell’emergenza sanitaria (si ricorda che la legge di conversione del decreto “Cura Italia” prevede l’accoglienza delle persone “in stato di necessità”, senza alcun riferimento alla regolarità del soggiorno).

Ma è necessario trovare una soluzione non solo per coloro che si erano accampati in piazza Palazzo di Città: sulle strade di Torino vi sono infatti altre persone senza dimora, in parte precedentemente accolte nel campo di Piazza d’Armi, in parte cittadini italiani e stranieri che non erano stati inseriti in tale campo, per i quali ad oggi non risulta sia stato previsto alcun percorso di accoglienza.

Va sottolineato che, in seguito all’emergenza COVID-19, gli inserimenti in strutture per senza dimora e nei centri SIPROIMI per titolari di protezione internazionale sono stati di fatto bloccati: il collocamento in questi centri, infatti, è consentito solo alle persone che siano risultate negative al tampone o che abbiano trascorso 14 giorni in isolamento fiduciario. Ma, ad eccezione delle persone trasferite a Torino Esposizioni, i tamponi non vengono eseguiti su persone asintomatiche. Né è attualmente disponibile una struttura “ponte” dove le persone possano trascorrere i 14 giorni di isolamento fiduciario con sorveglianza sanitaria per essere successivamente inserite nelle strutture di accoglienza ordinarie.

Infine, non è ancora stato messo a disposizione un numero sufficiente di posti dove possano essere trasferiti gli ospiti delle strutture di accoglienza che risultino positivi al COVID-19, i casi sospetti e i contatti stretti. Ad oggi, infatti, per tali casi risulta che la Città di Torino abbia attivato solo 20 posti. Né risulta che siano stati adottati protocolli affinché tali persone possano essere trasferite nelle strutture attivate dall’Unità di crisi della Regione Piemonte quali la Caserma Riberi e l’Hotel Blu di Collegno, presso le quali sarebbero disponibili 130 posti.

La carenza di strutture dove trasferire i casi positivi o sospetti e i contatti stretti comporta l’elevatissimo rischio che altri ospiti ed operatori vengono contagiati, come purtroppo già verificatosi in alcuni dormitori come il centro di V. Reiss Romoli.

Le 25 organizzazioni firmatarie, tra cui ASGI, Rainbow4Africa, Gruppo Abele, Sermig, CCM, Associazione Frantz Fanon, Mamre, Eufemia, Il Gusto del Mondo e GRIS, chiedono al Comune di Torino, alla Regione Piemonte e alla Prefettura di Torino di intervenire urgentemente, a tutela della salute individuale e collettiva, affinché:

a) venga immediatamente assicurata l’accoglienza di tutte le persone senza dimora, cittadini italiani e stranieri, inclusi coloro che siano privi di permesso di soggiorno, attivando una struttura “ponte” dove le persone possano trascorrere i 14 giorni di isolamento fiduciario con sorveglianza sanitaria (e/o essere sottoposte a tampone) per essere successivamente inserite nelle strutture d’accoglienza ordinarie;

b) siano adottati chiari protocolli e siano attivati un numero sufficiente di posti in strutture apposite dove trasferire i casi positivi o sospetti eventualmente riscontrati all’interno delle strutture d’accoglienza per senza dimora o cittadini stranieri, e i loro contatti stretti, in modo da evitare il contagio degli altri ospiti e degli operatori.

Le associazioni firmatarie richiedono alle istituzioni un incontro urgente per discutere le questioni sollevate nella lettera e si mettono a disposizione per supportare le autorità competenti, ricordando come il coinvolgimento della società civile aumenti l’efficacia delle politiche sociali e di salute pubblica, per le persone più fragili e per la cittadinanza generale.