Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

L’integrazione lavorativa sul territorio italiano giustifica la protezione umanitaria

Tribunale di Trieste, ordinanza del 22 dicembre 2017

Il Giudice di Trieste, enunciando un importante principio di diritto e mettendo bene in relazione l’art. 2 della Costituzione con l’art. 5 co. 6 d.lgs. 286/98 riconosce la protezione umanitaria valorizzando l’integrazione lavorativa sul territorio italiano così argomentando:

Invero Il diritto umano al lavoro va tutelato per la correlazione esistente tra lo svolgimento di attività lavorativa e la condizione di salute latamente intesa, ovvero considerata non solo sul piano della ricaduta del lavoro sulla capacità di reperire le risorse materiali necessarie per l’esistenza a salvaguardia dello stato di salute, ma anche sotto il profilo psichico, risultando l’attività lavorativa inscindibilmente connessa allo sviluppo della personalità nel contesto sociale. L’art. 5 comma 6 del d.lgs. 286/98 con un catalogo aperto, richiama la possibilità di soggiorno in Italia quando vi siano seri motivi, in particolare di carattere umanitario (ad. es. di salute, di età, instabilità politica episodi di violenza o insufficiente rispetto dei diritti umani, carestie , disastri naturali o ambientali o altre situazioni similari) o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano, non necessariamente specifici, ma pure rinvenibili nella clausola generale dell’art. 2 della Costituzione (la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità)“.

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Tribunale di Trieste, ordinanza del 22 dicembre 2017