Il 23enne è giunto nel nostro Paese dalla Svezia spacciandosi per un membro della nazionale.
di Sebastiano Canetta
Ho dovuto fingere di essere un atleta della nazionale moldava di canottaggio per ottenere un visto temporaneo per la Svezia, da dove poi ho raggiunto l’Italia. Se non fosse uno spaccato di realtà contemporanea si potrebbe pensare al vecchio trucco dei dissidenti russi per lasciare l’Unione sovietica. Roba da film sulla Guerra fredda degli anni Sessanta, insomma.
Invece il singolare escamotage adottato dal 24 enne “Eugenio”, uno dei 3272 cittadini della Moldavia residenti a Padova è una mossa (quasi) obbligata se si vuole ottenere in tempi “umani” il permesso di soggiorno. Alternativa: seguire passo dopo passo il farraginosa procedura ufficiale. Iter che, alla faccia del diritto di movimento delle persone, prevede la richiesta di ben due visti (per la Romania e per l’Italia) e tempi di attesa nell’ordine dei nove mesi. Per ottenere il nulla osta che permette di ritirare il permesso di soggiorno “Eugenio” ha impiegato tempi biblici:
Alla base della vera e propria odissea cui sono sottoposti i moldavi (cittadini extra Ue al contrario dei “cugini” romeni) l’impossibilità di ottenere un visto per l’Italia dalla Moldavia. Dove l’unica rappresentanza diplomatica italiana, l’ambasciata a Chisinau, non rilascia alcun tipo di permesso.
A complicare la già critica situazione dei migranti moldavi anche il software in dotazione a Poste Italiane, cui viene affidata parte della procedura per il permesso di soggiorno. Il programma per l’inserimento dei dati adotta la definizione della data in uso neo nei paesi anglosassoni, specifica “Eugenio”. In altre parole l’applicazione delle Poste antepone il mese al giorno, contribuendo alla confusione circa la reale data dell’appuntamento. A questo si aggiunge che il software non tiene conto delle feste dei patroni.
Risultato: Capita spesso che ci si ritrovi alle prese con appuntamenti in Questura che si rivelano puntualmente falsi. E, autentico cappello della vicenda, l’evidenza che la causa del “rimpiattino” fra tre frontiere deriva da quella che molti migranti definiscono “la grande farsa”. Si fa finta di credere che i lavoratori moldavi al momento della richiesta di regolarizzazione non siano già in Italia – spiegano alcuni esponenti della comunità moldava – così lo Stato adotta una procedura che andrebbe bene se le persone si trovassero veramente nel paese d’origine e davvero avessero ricevuto un invito (nominale, ndr) da un datore di lavoro che non solo già li conosce ma è anche interessato ad assumerli. Come dire che è più facile vincere alla lotteria.