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La Corte dei Conti boccia la procedura dei flussi

Pubblicata la relazione relativa all’indagine sull'attività di gestione integrata dei flussi di immigrazione

Con un comunicato del 1 aprile la Corte dei Conti sintetizza alcune delle valutazioni contenute nel rapporto relativo all’indagine sulle attività di gestione dei flussi di immigrazione.

Non serviva certo il parere di questo autorevole organo per portare alla luce una situazione che già da tempo gli stessi migranti, le associazioni e quanti si occupano dei fenomeni migratori avevano denunciato. Certo è che il parere della Corte dei Conti è utile a confermare e rimarcare alcuni tra i nodi cardine del fallimento di ogni politica di contenimento dei flussi.

Sotto accusa sono sia i tempi riguardanti il copioso iter che dalla domanda di assunzione ed ingresso, dopo il ritiro (forse) del titolo di soggiorno si conclude con l’inserimento lavorativo, passando per il rilascio del nulla osta e appuntamenti vari. La stima parla di tempi di attesa tra i 350 e i 400 giorni.
L’introduzione degli sportelli unici UGT, che di unico sembrano avere ben poco visti i continui passaggi necessari attraverso questure, direzioni provinciali del lavoro, centri per l’impiego e rappresentanze diplomatiche, non sembra aver snellito le procedure, anzi, gli stessi sportelli unici vengono considerati dal rapporto come incapaci di svolgere il ruolo di responsabili dell’intero iter.

Un’alra valutazione di importante rilievo è quella relativa al sistema dei flussi.
Da da un lato emerge l’incapacità di attestare le quote di ingresso su livelli adeguati alle necessità della produzione, anche se forse si tratta della semplice impossibilità di concepire un legame stabile e congruo tra i meccanismi della mobilità e le esigenze fluttuanti del mercato del lavoro, dall’altro il dito viene puntato sulla questione relativa all’obbligo del ritiro del nulla osta presso le rappresentanze diplomatiche nel paese d’origine, procedura che non tiene conto della reale presenza irregolare di moltissimi stranieri.
Quest’ultimo problema, segnalato anche attraverso le iniziative di Melting Pot Europa seguite al decreto flussi sia nel 2006 che nel 2007, rimane uno dei nodi centrali nella presenza di soggiornanti irregolari, disincentivati a portare a termine la procedura di regolarizzazione proprio dalla necessità di ritornare “clandestinamente” nel apaese d’origine.

Le soluzioni? Alcune hanno a che vedere con il “buon senso”, altre con la concezione stessa di “governo dei flussi di persone”.

Vai alla relazione della Corte dei Conti

Il testo del comunicato stampa della Corte dei Conti
L’analisi delle attività di gestione dei flussi di immigrazione negli anni 2005 e 2006, documentate in parte dalle amministrazioni soltanto per le attività svolte nell’ultimo anno, ha esposto che le operazioni di rilascio dei nullaosta hanno riguardato a fine dicembre 2007 circa il 90% delle domande presentate e che i permessi di soggiorno concessi al 30 settembre 2007 hanno coperto circa un quarto delle istanze totali presentate nel 2006.
I tempi di avvio al lavoro degli stranieri non comunitari (oscillati in media fra i 350 ed i 400 giorni) sono risultati elevati e distribuiti in misura pressoché equivalente fra i nullaosta ed i permessi di soggiorno.
Il vigente testo unico dell’immigrazione ha legato invece l’incremento della produttività degli stranieri da inserire nel sistema economico al rapido accesso al mercato del lavoro regolare anche per svolgere i cosiddetti “lavori rifiutati”; la legge n. 189 del 2002, inoltre, mentre ha reso più complesse le procedure, ha quantificato in 40 giorni il tempo di rilascio dei nullaosta e non si è espressa sui tempi di concessione dei permessi di soggiorno.

Sulla lentezza del procedimento ha influito la revisione organizzativa della funzione, realizzata oltre tre anni dopo l’approvazione della legge di riordino, che ha trasferito dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale al Ministero dell’interno le attività di gestione dei flussi. Sono stati così istituiti presso gli U.T.G gli sportelli unici per l’immigrazione, con il ruolo di responsabili “dell’intero procedimento relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri”: ruolo che tali uffici non hanno potuto svolgere.

La Corte, preso atto che i riscontri sulle concrete attività svolte degli sportelli (che sembrano costituite essenzialmente dal trasferimento all’utenza di informazioni sullo stato delle pratiche) non sono apparsi soddisfacenti, sottolinea l’utilità di riflettere sulle funzioni di tali uffici e raccomanda di valutare se i costi di funzionamento della fitta rete di sportelli possano essere ripagati dall’efficacia dei servizi.

La Corte suggerisce di riflettere tra l’altro sulle innovazioni normative concernenti i visti d’ingresso (introdotte per contrastare la clandestinità attraverso l’obbligo per l’immigrato di ritirare il visto presso il Paese di origine) che non hanno prodotto i risultati attesi. La rilevante eccedenza dei nullaosta rilasciati rispetto alle richieste di concessione dei permessi di soggiorno potrebbe far ipotizzare che una quota rilevante di stranieri, per i quali i datori di lavoro hanno presentato le domande di assunzione, possa essere stata indotta, dalla difficoltà di recarsi nei Paesi di origine, a permanere nella clandestinità.