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La Grecia sospende i diritti umani fondamentali ai richiedenti asilo

Are You Syrious?, 1 marzo 2020

La Grecia esercita inequivocabilmente la sua sovranità e l’obbligo costituzionale di salvaguardare la sua integrità. Per questi motivi, il National Security Council, che si è ritrovato oggi, ha deciso le seguenti misure:

1. L’implementazione delle misure di sicurezza sui confini della nazione attraverso forze armate, in modo da prevenire ogni ingresso illegale;
2. La sospensione temporanea di un mese della possibilità di richiesta di asilo di coloro che entrano illegalmente nel territorio nazionale;
3. L’immediato rimpatrio, ove possibile, nel Paese d’origine, di coloro che entrano illegalmente nel territorio greco;
4. La richiesta a FRONTEX di sviluppare il RABIT Team a difesa dei confini greci, che sono anche i confini dell’Unione Europea;
5. L’immediata notificazione della presente decisione al Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri dell’Unione Europea e l’inizio della procedura di cui all’art. 78 (3) TFUE, che permette di adottare misure temporanee a favore della Repubblica Ellenica in risposta a un emergenziale numero di ingressi di stranieri extra-comunitari.”

Analisi AYS
I funzionari greci hanno indicato il TFUE come base legale per sospendere il diritto a richiedere la protezione internazionale per i nuovi arrivati. Ad ogni modo, l’art. 78 (3) TFUE fornisce una specifica base legale per gestire le situazioni emergenziali ai confini esterni dell’Unione. Afferma infatti che “Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo”. Nulla di tutto ciò è stato fatto ufficialmente, di conseguenza, il TFUE è utilizzato dal governo greco solo come pretesto per giustificare delle decisioni altrimenti illegali, alla stregua del governo croato che ha richiamato l’art. 13 del Codice Schengen per giustificare i respingimenti illegali.

Siamo convinti che la situazione politica e umanitaria nei cc.dd. Paesi di arrivo della Balkan Route sia difficile, ma vorremo sfruttare una simile opportunità per ricordare ai governi e ai cittadini che il rispetto per i diritti fondamentali non può essere condizionato da nessun fattore, né politico, né di altro tipo.

La Turchia, la Grecia, la Bulgaria e altre nazioni sulla rotta percorsa dai migranti hanno firmato la Convenzione di Ginevra sullo status di Rifugiato. Tale Convenzione è costruita sull’art. 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, che riconosce il diritto delle persone di richiedere asilo e protezione dalle persecuzioni di altri Stati. Altresì, introduce il principio di non-refoulement, un principio fondamentale di diritto internazionale che impedisce ad uno Stato di rimpatriare rifugiati e richiedenti asilo in Paesi in cui sarebbero a rischio di persecuzioni.
Ulteriormente, l’art. 4, prot. 4, CEDU impedisce espressamente le espulsioni collettive. È considerata espulsione collettiva “ogni misura dell’autorità competente che costringe gli stranieri, considerati come gruppo, a lasciare la nazione, a meno che una tale misura sia adottata sulla base di un obiettivo ragionevole e di un’esaminazione obiettiva di ogni singolo caso di ogni persona del gruppo considerato”.

Attraverso la perpetuazione di tali pratiche, gli Stati non solo violano il diritto internazionale, ma violano anche la legislazione nazionale, costruita peraltro sulle convezioni menzionate.