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La Provincia di Gorizia: il CIE di Gradisca d’Isonzo dev’essere chiuso. Tutti i CIE devono essere chiusi.

Il duro comunicato ufficiale della Giunta provinciale contro il centro isontino

La Provincia di Gorizia, ancora una volta, rivendica la necessità di una profonda riforma delle politiche relative all’immigrazione, di cui la legge di cittadinanza è un segmento e di cui i CIE sono a questo punto una vera e propria degenerazione. Il tema non è solo la solidarietà ai clandestini, ma la presa d’atto del fallimento totale di questo dispendioso sistema e la volontà di dimostrare che le comunità locali richiedono sul territorio regionale un’altra gestione dei flussi migratori.

Non è ammissibile che si sia creato un sistema nel quale la procedura di identificazione di una persona può comportarne la detenzione fino a diciotto mesi, ma ancora di piu’ che può degenerare al punto tale di mettere in pericolo la vita di una persona – un caso sporadico ma addirittura ripetitivo.

Gli avvenimenti dei giorni scorsi all’interno del CIE di Gradisca richiedono una chiara e decisa presa di posizione da parte dei cittadini e delle istituzioni locali e una profonda riflessione da parte del Parlamento Nazionale e dell’Unione Europea riguardante la non più procastinabile riforma della legislazione in materia di immigrazione.

Si tratta di puntare prima di tutto sulla centralità della persona indipendentemente dalle sue origini, dalla sua religione, dal credo politico. Una politica di lungo respiro deve inoltre comprendere che per l’Europa l’immigrazione è ormai un fatto strutturale da trasformare in una risorsa e non in un peso sociale.

I CIE attualmente esistenti devono essere immediatamente chiusi, perché sono costosi e inutili (a fronte di elevati costi di gestione consentono l’effettivo rimpatrio di meno della metà degli stranieri
trattenuti) e violano palesemente norme costituzionali, oltre che apparire irrazionali e iniqui mirando a reprimere la mera violazione di norme, di carattere amministrativo, che regolano l’ingresso o il soggiorno agli stranieri.

Oggi il trattenimento nei CIE dello straniero respinto o espulso rappresenta la regola e non l’eccezione (posto che quasi tutte le espulsioni sono eseguibili coattivamente) e i modi della detenzione amministrativa non sono stabiliti soltanto da norme legislative, come esige la Costituzione, ma anche da norme regolamentari e dalle convenzioni stipulate – a seguito di gara d’appalto – tra Prefetture ed enti gestori privati: è la privatizzazione della detenzione.

Le condizioni in cui vivono gli stranieri trattenuti negli attuali CIE violano spesso anche il divieto
di trattamenti inumani e degradanti previsto dall’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Da tempo gli analisti hanno individuato i fattori, che maggiormente incidono sulla irregolarità o illegalità del soggiorno: l’attuale meccanismo legislativo che impone l’incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro; l’assenza di un’effettiva analisi del fabbisogno di manodopera straniera in Italia, la rigidità normativa e le arbitrarie prassi delle questure in materia di rinnovo del permesso di soggiorno.

Quindi la Provincia di Gorizia ritiene fondamentale:

focalizzare il sistema sulla centralità della persona, assicurandole i diritti fondamentali (informazione legale, relazione con i familiari, salute, ecc.);

le risposte all’immigrazione irregolare dovrebbero essere diversificate secondo categorie di persone che esprimono diverse storie individuali e diverse tipologie di difficoltà;

riconoscere una vera e propria emergenza nello svuotamento dei CIE, dando priorità all’allontanamento degli ex detenuti, che si trovano in condizioni di promiscuità con assistenti familiari, colf, e altre categorie di persone;

nei centri non devono essere trattenute persone bisognose di protezione sociale, le vittime di tratta o di grave sfruttamento o in alte particolari condizioni sociali;

avviare una riforma più complessiva delle politiche dell’immigrazione sensibilizzando in primo luogo l’Europa a superare la modalità basata sui respingimenti e ricercando, al contrario canali diretti a mantenere gli stranieri in un percorso di progressiva integrazione.