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La campagna del Front National parte da Calais mentre i migranti avanzano auto-organizzati nel Tunnel

Non sono passate neanche 48 ore dalle morti, il 29 e il 30 settembre, di altri due ragazzi ventenni – uno eritreo schiacciato da un treno merci e l’altro, irakeno, trovato morto schiacciato dalle merci trasportate in un tir proveniente dall’Ungheria – quando Marine Le Pen denuncia “l’importazione del terrorismo islamico”. Calais trasformata in simbolo della lotta contro “l’invasione” nonostante i richiedenti asilo registrati in Francia quest’anno siano 65.000.
Calais “assediata” con i suoi abitanti che “si barricano e investono le loro economie personali nella videosorveglianza, in allarmi e filo spinato”. La presidente FN chiede i voti a quei francesi che si sentono “stranieri in casa propria”. Replica con la richiesta del respingimento dei rifugiati “a casa loro, anche in un paese in guerra”. La caccia all’elettore va insieme a quella del migrante.

La soppressione delle sovvenzioni regionali destinate alle associazioni che aiutano i migranti sarebbe una diretta conseguenza della demagogia elettorale frontista. Numerose manifestazioni organizzate contro l’accoglienza dei migranti ed operazioni mediatiche per rifiutare l’immigrazione segnano le tappe della campagna elettorale FN. Dal sindaco di Béziers che chiede ai rifugiati di partire andando sotto casa loro accompagnato dai giornalisti, al parroco di montagna che accoglie solo “fedeli cattolici”, per non parlare dei sindaci che si scoprono animalisti nel “salvare gli ovini sfuggiti al rituale islamico” (per celebrare la festa dell’Aïd) organizzando presidi davanti alle moschee, il fallimento della politica migratoria del governo Hollande per adesso è gestito dalle destre. Marine Le Pen ripete le stesse cose che suo padre, Jean-Marie, ha detto per 40 anni: difesa dell’integrità nazionale ed esclusività dell’identità francese cattolica.

Intanto la Francia è un paese fuorilegge perché sta intensificando l’espulsione dei rifugiati del Darfur verso il Sudan ignorando le ripetute condanne della Corte europea dei diritti umani (CEDU): nel centro di detenzione ‘amministrativa’ a Mesnil-Amelot, che si trova dietro l’aeroporto parigino di Roissy, c’è una lunga lista (quanti?) di persone, quasi tutti giovani, in attesa di essere respinti nel Darfur via Khartum. I sudanesi, come altri rifugiati, hanno diritto all’asilo solo che devono aspettare mediamente due anni per ottenere una risposta, senza poter lavorare né avere diritto ad un alloggio, nel frattempo restano rinchiusi nei Centri rischiando l’espulsione in qualsiasi momento perché si trovano in “situazione irregolare”. Molti migranti sudanesi tentano il passaggio a Calais.

Durante la notte tra il 2 e 3 ottobre, 150-200 migranti, tra i quali numerosi sudanesi, hanno attraversato il terminal in gruppi organizzati respingendo i sorveglianti, hanno raggiunto e sfondato una barriera di difesa del corridoio di transito Eurotunnel, poi si sono introdotti nel tunnel sotto la Manica percorrendolo insieme agli attivisti “No Border” per una quindicina di km prima di essere bloccati dalle forze dell’ordine e dai contractors armati di lacrimogeni e manganelli. Si contano 7 feriti e 100 arresti. Alcuni sono riusciti ad attraversare il tunnel fino in Inghilterra. Il traffico è stato sospeso fino al mattino ma alle 8 circa è stato organizzato anche il blocco dell’autostrada di accesso all’area portuale che passa sopra la ‘jungle’. I migranti hanno fermato i tir per salire mentre due camionette della gendarmeria tentavano di inseguirli in entrambi i sensi di marcia, provando a investirli e a respingerli con tiri di lacrimogeni.

Da una parte e dall’altra del confine, polizia e media accusano le reti militanti di avere organizzato le azioni dei migranti. E’ evidente che si tratta di un vero e proprio attacco politico contro i migranti e contro i collettivi che combattono le politiche migratorie europee: si tratta di azioni collettive, simili a quelle organizzate nelle settimane passate dai migranti provenienti dai paesi africani e asiatici. Persone che sfuggono le guerre e la povertà, persone che hanno intrapreso viaggi che durano mesi a volte anni, che vivono nel pericolo e che sanno come resistere sia a livello individuale che nella solidarietà comune. I migranti, a Calais, come a Parigi o a Ventimiglia non hanno bisogno di militanti europei per decidere di organizzarsi e passare le frontiere. Le reti militanti che si mobilitano insieme ai sans-papiers, migranti, rifugiati, esprimono la loro solidarietà in una lotta comune.

Links utili:
Calais Migrant Solidarity