Progetto Melting Pot Europa
Per la promozione dei diritti di cittadinanza

redazione@meltingpot.org

Dona ora!
English | Français | Español
Salviamo Melting Pot! Da 25 anni online per i diritti

Salviamo Melting Pot! Da 25 anni online per i diritti

#Lesvoscalling

Una campagna solidale per la libertà di movimento

SANS-PAPIERS

Home sans-papiers

Normativa

Archivio e guida legislativa
Guida legislativa
Testo Unico Immigrazione
Regolamento di attuazione
Normativa italiana
Normativa europea
Giurisprudenza italiana
Giurisprudenza europea
Accordi e trattati internazionali

Schede pratiche

Consulta le schede

DIRITTI DI CITTADINANZA

Home cittadinanza
Notizie, approfondimenti, interviste e appelli
Approfondimenti
Comunicati stampa e appelli
Incontri informativi e formativi
Interviste
Notizie
Rapporti e dossier
Reportage e inchieste
Tesi di laurea, ricerche e studi
Traduzioni
Video
Immagini
Audio

Rubriche

Spazi di significati
Speciale Sanatoria 2020
Leggi Salvini
Campagna Lesvos calling
Around Europe
Questione asilo
Speciale CPR - CIE
A proposito di Accoglienza
Confini e frontiere
Il punto di vista dell’operatore
In mare
Papers
Speciale Hotspot
Un mondo, molti mondi
Radio Melting Pot
Voci dal Sud
Migrarte
Archivio delle Rubriche

Ricerca

Argomenti sans-papiers
Argomenti cittadinanze
Tag geografiche

Chi siamo

Il progetto
Sostienici
Assegnaci il tuo 5‰
Servizi
Formazione Melting Pot
Aiutaci a tradurre
Autori e traduttori
Avvocati
Collabora
Seguici
Contatti

Tweet di @MeltingPotEU
Home » Cittadinanze » Notizie, approfondimenti, interviste e appelli
Versione per la stampa

La crisi migratoria libica è molto più che un problema di sicurezza

Charlotte Bailey, Irin (Analysis) - 11 settembre 2017

- Link all’articolo originale (ENG)

Non c’è scarsità di notizie riguardo alla crisi migratoria della Libia, ma c’è una seria carenza di soluzioni politiche.

Traduzione a cura di: Claudia Peroni, Marta Andrighetto

Alla fine del mese scorso, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha annunciato quella che al momento è considerata una buona notizia: niente morti nel Mediterraneo da 20 giorni. Questa informazione ha seguito la notizia, poi smentita, secondo cui l’Italia avrebbe pagato milizie locali per impedire alle persone di lasciare le coste libiche.

Ma il rischio di annegamento non è affatto l’unico pericolo che affrontano i migranti che tentano la via del Mediterraneo verso l’Europa. I migranti sono soggetti a detenzioni arbitrarie, arresti, molestie, lavori forzati, schiavitù e sfruttamento sessuale.

E anche se il numero di morti per annegamento sta scendendo, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) riporta che c’è stato un incremento della tratta di esseri umani rispetto al traffico sulla via del Mediterraneo centrale. La tratta si contraddistingue per la coercizione e l’estorsione che continuano dopo l’arrivo a destinazione.

Questa situazione è causata in parte dal fatto che meno Siriani (e meno migranti in generale) stanno affrontando il viaggio, quindi coloro che controllano la rotta stanno cercando altri modi per tenere alti i profitti. Le donne dell’Africa Sub-sahariana sembrano pagare un prezzo terribile per questo cambiamento, dato che in molte si trovano costrette ad entrare nel mercato del sesso.

Le associazioni per la difesa dei diritti umani, gli organismi umanitari e i governi sono ovviamente preoccupati, ma alcuni difensori dei diritti umani sentono che le politiche anti-tratta dell’Unione Europea e degli altri paesi hanno soprattutto lo scopo di fermare la migrazione nella sua interezza.

"La guerra ai trafficanti è stata qualcosa a cui hanno fatto ricorso più volte i politici, quando si sono trovati con le spalle al muro" riferisce a IRIN Mark Micallef, un ricercatore che si occupa del problema della tratta di esseri umani presso la Global Initiative Against Transnational and Organized Crime.

Lottare contro la tratta o lottare contro la migrazione?

L’Operazione Sophia dell’UE, che ha l’obiettivo di interrompere il business del traffico di migranti e della tratta di persone, in parte affondando le imbarcazioni stesse, è stata accusata di confondere la lotta contro la tratta e il traffico di migranti con il blocco totale delle migrazioni.

"Provare a fermare la schiavitù distruggendo le imbarcazioni nel mezzo del Mediterraneo non è d’aiuto per le persone, in realtà" commenta Claire Seaward, manager delle campagne umanitarie per Oxfam. "Come stiamo constatando, i migranti usano semplicemente altre imbarcazioni. Nel passato usavano grandi barche di legno, mentre adesso salgono su dei gommoni."

Tim Eaton, un ricercatore membro del programma Medio Oriente e Nord Africa alla Chatham House, crede che uno dei difetti maggiori di Operazione Sophia sia guardare alla migrazione e ai migranti attraverso una lente ad una sola dimensione, quando in realtà c’è molto di più: vanno considerate la situazione economica e la speranza dei migranti. "A livello di politiche e modelli di risposta, il problema si presenta quando si guarda a questa questione solamente come un problema di sicurezza," ha dichiarato Eaton a IRIN.

Mettere in sicurezza i confini e introdurre sanzioni contro i criminali, inclusi i trafficanti, può essere utile sotto alcuni aspetti, ma non fermerà l’arrivo dei migranti né tiene conto dei pericoli che affrontano mentre sono in Libia.

Opzioni limitate

Ma non sembrano esserci molte vie alternative, soprattutto considerando che molte parti della Libia sono così pericolose da rendere impraticabile l’arrivo di volontari sul territorio.

Le ONG possono aiutare nell’assistenza alle vittime che si sospetta abbiano subito abusi e nel formare funzionari per l’applicazione delle leggi e operatori d’emergenza. Annemarie Loof, manager delle operazioni presso Medici senza Frontiere, afferma che l’associazione dà ai migranti in Libia "un numero di telefono da chiamare ovunque dall’Europa. Parliamo con loro della tratta di persone e dell’industria del sesso. Lo segnaliamo alle autorità italiane."

Izabella Cooper, la portavoce di Frontex, l’agenzia per la protezione dei confini marittimi dell’UE, afferma che il personale è stato formato nel riconoscere i segni della tratta di persone sulle navi impiegate nell’Operazione Triton, la missione navale che sostiene le operazioni di salvataggio italiane. "In molti casi queste ragazze non sanno che sono vittime di tratta," rivela Cooper a IRIN. "Molte di queste ragazze non hanno idea di ciò a cui vanno incontro."

Ma la realtà è che molti migranti non sono vittime di tratta, almeno non tecnicamente. Lasciano le loro case per scelta, guidati da fattori diversi tra cui la povertà e la guerra, e sono adesso bloccati nei centri di detenzione della Libia, intrappolati in quello che MSF chiama, in una lettera aperta pubblicata il 7 settembre, "un’ impresa fiorente di rapimenti, torture e estorsioni."
Andre Heller Perache, capo dei programmi MSF nel Regno Unito, descrive l’abuso nei centri di detenzione come "al confine tra il traffico di migranti e la tratta di persone", "un assurdo sistema di sfruttamento."

Per dare ai migranti un’opportunità di scappare dagli abusi, l’IOM offre il rimpatrio volontario: l’anno scorso sono state mandate a casa 2.775 persone dalla Libia e l’obiettivo è di rimpatriarne 10.000 nel 2017.

Loof di MSF crede che il rimpatrio volontario possa essere un’opzione valida per chi è intrappolato nei centri di detenzione invasi dalla criminalità del paese, ma sottolinea questo: "Io sono innanzitutto contro la detenzione arbitraria."

L’IOM svolge sessioni di formazione all’interno di alcuni centri di detenzione, con lo scopo di presentare al personale i principi dei diritti umani. Maysa Khalil, uno dei membri del programma, ha riferito a IRIN che, dopo la formazione, ha visto dei miglioramenti nella sanità e nell’igiene dei centri di detenzione. Tuttavia, ha ammesso che i migranti non riferiscono di subire abusi mentre sono ancora intrappolati nei centri, quindi è difficile misurare con accuratezza l’impatto del programma. In più, l’IOM non ha accesso ai centri di detenzione gestiti dai diversi gruppi armati libici.

Secondo Sherine El Taraboulsi, ricercatore dell’Humanitarian Policy Group presso l’Overseas Development Institute, la troppa fiducia nei programmi formativi come questi potrebbe essere malriposta, in un momento in cui i migranti hanno un bisogno disperato di aiuto immediato. Per cambiare approccio rispetto ai diritti umani, afferma che "ci vorrà del tempo, forse dieci anni".

Eaton di Chatham House è d’accordo. "[I programmi di formazione] sono certamente validi," commenta. "Ma ci sono gruppi armati che stanno guadagnando notevoli profitti a dispetto di essi. Dire semplicemente che devono rispettare i diritti umani non cambierà la mentalità delle persone. Perciò è questa la sfida."

Economia

Eaton sostiene che spesso ciò che non si considera nella discussione sulla tratta e i traffici di migranti è l’aspetto economico. "Le persone hanno ancora bisogno di sopravvivere," afferma, e di ciò bisognerebbe tenere conto nelle decisioni.

Nel sud della Libia devastata dalla guerra, il movimento di esseri umani e l’estorsione che ne consegue, spesso anche dopo aver attraversato i confini del paese, è diventato un grande business.

Un rapporto recente dell’International Crisis Group sottolinea che igoverni europei hanno spostato l’attenzione verso lo sviluppo economico del sud nel tentativo di controllare la tratta di persone.
Un funzionario UE, che è a conoscenza di un progetto di sviluppo italiano nel sud della Libia, ha riferito a un ricercatore dell’ICG: "Se si vogliono allontanare le persone dal business della tratta di esseri umani è necessario cooperare con loro, e per fare questo li si deve comprare."

Tuttavia il mercato di esseri umani genera profitti talmente alti e sostiene così tante persone che è improbabile che coloro che vi sono coinvolti vogliano smettere, anche qualora ricevessero occupazioni alternative.

Le agenzie umanitarie e le organizzazioni per lo sviluppo sono diffidenti riguardo ai metodi di controllo delle migrazioni e della tratta attraverso l’aiuto economico. Per esempio Claire Seaward di Oxfam mette in dubbio le motivazioni dell’Europa. "L’UE è impaziente di lavorare per fornire mezzi di sostentamento per fermare le migrazioni. Riguardo a questo siamo piuttosto critici. [L’UE dovrebbe considerare] lo sviluppo [per lo sviluppo in sé] e non preoccuparsi soltanto di fermare le migrazioni."

Per molte organizzazioni di soccorso, il modo migliore di procedere sarebbe aprire più canali legali di migrazione, compresi i visti umanitari.

"Le misure anti-tratta sono inutili", sostiene Arezo Malakooti, un ricercatore indipendente e autore di diverse relazioni per l’IOM. "Il modo per combattere queste storie orribili di tratta è la creazione di una via d’accesso legale per la migrazione, qualsiasi altra strategia manca l’obiettivo."

Fai una donazione al Progetto Melting Pot!

Vedi anche

  • Il 77% dei minori che migrano attraverso il Mediterraneo è vittima di abusi
  • I governi europei alimentano il business della sofferenza in Libia
  • In Algeria, il dolore e l’impotenza delle famiglie dei migranti in ostaggio in Libia
  • E l’Italia contribuisce alla costruzione della mafia in Libia. Conversazione con Nancy Porsia
  • Il sonno della ragione genera politiche migratorie
  • Il deserto, un pick-up e una pala
  • L’Europa, Minniti, le rotte migratorie e i patti col diavolo
[ 20 settembre 2017 ]
Sostieni il Progetto Melting Pot Europa!
Dona almeno 1€ - Inserisci l'importo:
Photo credit: Tom Westcott/IRIN

TAG

ARGOMENTI:
Africa e immigrazione, Detenzione amministrativa, Europa, Libia e immigrazione, Migrazioni
GEOTAG:
Africa, Libia

Chi siamo

  • Il progetto
  • Sostienici
  • Assegnaci il tuo 5‰
  • Servizi
  • Formazione Melting Pot
  • Aiutaci a tradurre
  • Autori e traduttori
  • Avvocati
  • Collabora
  • Seguici
  • Contatti

Sans papier

Normativa

  • Archivio e guida legislativa
  • Guida legislativa
  • Testo Unico Immigrazione
  • Normativa italiana
  • Normativa europea
  • Giurisprudenza italiana
  • Giurisprudenza europea
  • Accordi e trattati internazionali

Schede pratiche

Cittadinanze

  • Notizie, approfondimenti, interviste e appelli
  • Approfondimenti
  • Comunicati stampa e appelli
  • Incontri informativi e formativi
  • Interviste
  • Notizie
  • Rapporti e dossier
  • Reportage e inchieste
  • Tesi di laurea, ricerche e studi
  • Traduzioni
  • Video
  • Immagini
  • Audio

Rubriche

  • Speciale Sanatoria 2020
  • Leggi Salvini
  • Campagna Lesvos calling
  • Around Europe
  • Questione asilo
  • Speciale CPR - CIE
  • A proposito di Accoglienza
  • Confini e frontiere
  • Il punto di vista dell’operatore
  • In mare
  • Papers
  • Speciale Hotspot
  • Un mondo, molti mondi
  • Radio Melting Pot
  • Voci dal Sud
  • Migrarte
  • Archivio delle Rubriche

Ricerca

  • Argomenti sans papiers
  • Argomenti cittadinanza
  • Tag geografiche

Social

facebook

twitter

telegram

youtube

rss

TELE RADIO CITY s.c.s.

Onlus
P.I. 00994500288
Iscr. Albo Soc. Coop.
n. A121522

CREDITS

web design HCE s.r.l.

2003-2021
creative commons

Cookies
Privacy Policy

Melting Pot è una testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Padova in data 15/06/2015 n. 2359 del Registro Stampa.