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La giornata del Rifugiato e i diritti negati

Il 20 giugno è la giornata mondiale del rifugiato.
La prima è stata celebrata nel 2001, in occasione della Giornata Africana del Rifugiato.
In molte città d’Italia si svolgeranno diverse iniziative organizzate da amministrazioni comunali, organizzazioni non governative e associazioni.

Secondo il Cir degli oltre 22 milioni di rifugiati nel mondo, circa 13 mila sono rifugiati in Italia, altri godono di protezione umanitaria.
I paesi da cui scappano sono soprattutto Turchia, Corno d’Africa, regione dei Grandi Laghi, Iraq, Afganistan, Pakistan, Balcani.

Queste persone fuggono dalla loro patria per numerose ragioni. Le più comuni sono la guerra, la carestia, il disastro ecologico, o la persecuzione etnica o religiosa.
Spesso l’Italia è solo una tappa della loro fuga ed è l’unico paese dell’Unione Europea che non ha una legge sul diritto di asilo.

Una ricorrenza che rischia di diventare ritualità, soprattutto in questo momento di stretta repressiva in Italia con l’imminente emanazione del regolamento di attuazione della Bossi Fini, dove il Piano Nazionale Asilo subisce pesanti tagli, in un’Europa che sta varando nuove leggi sull’immigrazione dove i diritti sono sempre più ristretti.
Preoccupante la situazione in Iraq e in tutto il Medio Oriente in pieno “dopo guerra” e in Liberia dove solo nella scorsa settimana ci sono state 400 vittime e in molti altri luoghi del pianeta terra dove sono in fuga milioni di persone che difficilmente trovano protezione.
Un esempio è la situazione delle 1250 persone che “vivono” all’interno della tendopoli al confine tra Iraq e Giordania, nella “terra di nessuno”, denunciata dall’ Associazione Ya Basta durante il recente viaggio in Giordania.

Dal 19 al 21 giugno al Vertice europeo di Salonicco i governi si accorderanno su come gestire la difesa delle frontiere esterne cioè meno accoglienza e asilo. Altro tema all’ordine del giorno la proposta di Blair di deportare i richiedenti asilo in lager istituiti in paesi extra UE come Croazia e Albania.

Molti potenziali richiedenti asilo stanno sbarcando in questi giorni sulle coste italiane, come avviene ogni estate quando fa caldo ed il mare è meno pericoloso (non lo è stato, purtroppo, per le ultime vittime del Canale di Sicilia). Umanità in fuga dalla guerra, dalla miseria, dalla fame, da un futuro senza prospettive.
Ed ecco che risuona l’allarme invasione, ecco le polemiche tra i politici, le regole più repressive.

Ma qual’è la tutela in Italia dei richiedenti asilo, rifugiati, in questo momento?

Ce la ricordano i 32 cittadini kurdi che hanno deciso di intraprendere uno sciopero della fame dopo essersi visti rifiutare la domanda di asilo, richieste esaminate in modo superficiale e troppo in fretta da Commissioni che giudicano la Turchia un paese democratico.

Melting Pot vuole denunciare una realtà che per queste persone è drammatica e che deve fare i conti con la totale mancanza di una rete di accoglienza. L’Italia non ha centri di prima accoglienza che siano degni di questo nome, non si sta sviluppando una politica che guardi verso la garanzia di diritti. L’immigrazione viene vissuta, nella sua complessità, solo come problema di ordine pubblico e di sicurezza interna.

Abbiamo notizie di espulsioni frettolose di chi avrebbe diritto alla protezione, di roulotte in fila nelle piste di ex aeroporti a cui non si può accedere, di centri di detenzione che presto avranno una parte riservata all’internamento dei richiedenti asilo.

Quale significato possiamo dare a questa giornata se non lasciare da parte la retorica per creare presupposti politici per una accoglienza reale, che serva a globalizzare i diritti, per il riconoscimento del diritto per una persona a venire in Europa per “ricerca lavoro”, per l’attuazione di politiche che siano improntate sul rispetto e la dignità di esseri umani la cui unica colpa è di provenire da paesi extra – UE.