Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 27 agosto 2004

La maggioranza apre sulle quote

Prima l’attacco fatto mercoledì dal palco di Comunione e liberazione a Rimini. Poi, ieri, l’affondo, portato questa volta da Roma ma sempre da un altro palcoscenico cattolico come quello delle Acli. Chissà da quanto tempo Giulio Andreotti aveva voglia di togliersi dalle scarpe qualche sassolino nei confronti della Lega e dei modi spicci con cui il Carroccio tratta gli immigrati. Fatto sta che in appena ventiquattrore il senatore a vita ha trovato il modo di assestare al movimento di Bossi, ma soprattutto alla legge che porta il suo nome e quello del vicepremier Fini, due colpi che suonano come una chiamata alla armi per tutto il mondo cattolico. Intanto anche all’interno della Casa delle libertà sembra farsi strada sempre più la convinzione che sia giunto il momento di fare un «tagliando» alla legge, come chiesto nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Pisanu. Ieri sia da parte di An (Mantovano e Alemanno) che dallo stesso sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi (FI) è arrivata la disponibilità a rivedere almeno il meccanismo delle quote di ingresso degli immigrati. La platea scelta questa volta da Andreotti è quella intervenuta alla cerimonia per il 60esimo anniversario delle Acli. I toni sono quelli pacati, quasi ecumenici tipici dell’ex presidente del consiglio, ma le sue parole sono veleno allo stato puro, specie se si tiene conto del pubblico a cui si rivolge. Si parla, ovviamente, di immigrazione e Andreotti va giù duro: «Mi preoccupa – dice – un certo modo disumano e anticristiano di affrontare il problema dell’immigrazione». Il riferimento, va da sé, è all’intolleranza insita nelle continue esternazioni leghiste in materia. Non va bene, dice Andreotti, che prima invita «i cristiani come tali» a «reagire a culture che non sono nostre culture», poi attacca direttamente la «filosofia di base della Lega», ovvero «il suo approccio verso gli immigrati». «E’ uno spirito che non possiamo accettare – sottolinea – non si può accettare una politica in cui sia impedito di avere una concezione umana e di giustizia». E ancora: «Bisogna recuperare le linee di un cristianesimo naturale, non si può pensare di risolvere tutto col filo spinato o minando i porti per qualche ora».

Un attacco portato a tutto campo, che non risparmia neanche Oriana Fallaci: «Nessuno nega che ci siano nell’Islam elementi di pericolosità e fanatismo, ma attenzione: si sta formando una mentalità che rafforzerà l’Islam». Una mentalità rafforzata da alcuni passaggi dell’ultimo libro della scrittrice fiorentina, «Oriana intervista Oriana», in cui per l’ex presidente del consiglio figurerebbero «toni e senso di crociata difensiva».

L’immigrazione rischia dunque di diventare sempre più uno dei nodi cruciali su cui lo scontro all’interno di maggioranza e governo potrebbe farsi incandescente. Ma anche uno dei possibili punti di riunificazione dei cattolici, a prescindere dallo schieramento politico in cui si trovano oggi. Non a caso inviti alla revisione della Bossi-Fini sono arrivati a raffica da parte di esponenti importanti della vecchia Dc come Buttiglione, Pisanu e, adesso, Andreotti, ai quali ha fatto eco anche il segretario dell’Udc Follini. Inviti che suonano come altrettanti ammiccamenti ai cattolici del centrosinistra.

Forse anche per questo l’idea di una possibile modifica della legge ha cominciato a far breccia all’interno della Casa delle libertà: «Bisogna avviare una riflessione sul meccanismo delle quote», dice infatti il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano (An), per il quale «se la concessione del permesso di soggiorno è legata al contratto di lavoro dell’immigrato, allora non si capisce perché dover limitare il numero degli ingressi». Linea fatta propria dal ministro dell’Agricoltura Giovanni Alemanno (An anche lui), che propone «ingresso libero in Italia degli extracomunitari», seppure a condizione che abbiano un contratto di lavoro e che ci sia «un controllo adeguato». D’accordo per una revisione delle quote, infine, anche un uomo vicino al ministro leghista del Welfare Maroni come il suo sottosegretario Maurizio Sacconi, che chiede corsi di formazione professionale per gli immigrati da tenersi nei paesi di origine: «A quel punto – dice Sacconi – lo stesso concetto di quota sarà meno rilevante».

Sempre ancorato alla linea dura, invece, il coordinatore di An Ignazio La Russa che ieri è tornato a proporre l’introduzione del reato di clandestinità per gli immigrati che, espulsi, continuano a restare in Italia. Un’ipotesi sulla quale «si può ragionare» per Carlo Giovanardi (Udc), ma abbastanza freddata da Rocco Buttiglione che ha risposto direttamente a La Russa: «Vediamo cosa si può fare per far funzionare la meglio la legge Bossi-Fini», ha detto il commissario europeo, per il quale, però, «i lavoratori immigrati sono persone per bene e chi lavora fa il bene suo ed anche il bene nostro».