Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il manifesto del 21 marzo 2007

La maggioranza si spacca sulla cittadinanza

«Riforma troppo aperta» Udeur e Idv (con l’opposizione) bocciano il testo del relatore della Margherita. Bertinotti concede un «supplemento di dibattito»

Cinzia Gubbibi

Scoppia la bagarre sulla legge di riforma della cittadinanza, uno dei primi provvedimenti varati dal governo Prodi, fortemente voluto dal presidente del Consiglio in persona. E le critiche non sono espresse soltanto dal centrodestra – il che sarebbe scontato – ma anche da esponenti della maggioranza. In prima fila ci sono Italia dei Valori e Udeur, già poco convinti dall’impostazione del ddl firmato dal ministro degli Interni Giuliano Amato, ma totalmente contrari al nuovo testo di legge creato dal relatore della Margherita, Gianclaudio Bressa. Il quale ha accorpato varie proposte di legge già depositate alla Camera e ha partorito un nuovo testo che piace molto all’ala sinistra del centrosinistra, decisamente di meno a quella centrista. Si può immaginare la pozione dei partiti dell’opposizione: ieri a un certo punto hanno abbandonato la commissione Affari costituzionali – che avrebbe dovuto concludere il dibattito – e scritto al presidente della Camera Fausto Bertinotti per chiedere «un supplemento di discussione». Secondo il calendario, il provvedimento avrebbe dovuto iniziare il suo iter in aula il 30 marzo. Bertinotti ha acconsentito. Ora, se ne riparlerà dopo Pasqua. Nessun partito della maggioranza si è associato alla lettera, ma in molti speravano che il presidente concedesse più tempo. Ieri, in tarda serata, riunione della maggioranza per cercare di trovare un accordo.
Il testo Bressa prevede diverse novità rispetto a quello Amato. Per capire l’impostazione basti considerare un particolare: la cittadinanza per naturalizzazione, che può essere acquisita dopo 5 anni come prevedeva il ddl del governo (oggi sono dieci), non è più considerata una «concessione», ma un’«attribuzione». Cioè un diritto esigibile. Cambia poi la concezione dello «ius soli», cioè la concessione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri. Il testo governativo prevedeva che almeno uno dei genitori fosse presente da cinque anni. Quello Bressa da tre. E senza alcun accertamento sul reddito.
Di tutt’altra opinione Idv e Udeur che hanno presentato emendamenti per allungare il periodo di residenza a 7 anni. Un punto che per Francesco Adenti, capogruppo dell’Udeur in Commissione, è «irrinunciabile». L’Idv, invece, sul tempo è disposta a discutere. Ma non su un’altra modifica che l’accomuna all’Udeur: e cioè che il testo vieti il mantenimento della doppia cittadinanza «tranne per quei paesi che cancellano tutti i diritti ai cittadini che rinunciano a quella di origine», concede Massimo Donadi, capogruppo dell’Idv alla Camera. Per l’Idv c’è un altro punto «irrinunciabile» e cioè: «L’accertamento dell’integrazione. Che deve avvenire sotto diversi aspetti: la competenza linguistica, che fissiamo a quella di quinta elementare. La conoscenza dei rudimenti di storia e cultura italiana e europea. L’integrazione sociale: magari l’immigrato è perfettamente integrato nel tessuto economico, ma non lascia liberi i suoi figli». Ma non basta, perché secondo Donati «il nuovo cittadino italiano dovrebbe essere portatore di un modello positivo». Dunque un emendamento dell’Idv (d’accordo anche An) chiede la verifica degli adempimenti fiscali e previdenziali negli ultimi tre anni di residenza dello straniero. La deputata del Prc in Commissione, Mercedes Frias appoggia invece il testo Bressa: «E’ un disegno di legge che accoglie quanto detto da tutti gli esperti e le associazioni che abbiamo ascoltato in aula. Si stanno scontrando due culture: c’è qualcuno che pensa che esista la “stirpe italiana” e che farne parte sia un privilegio. E chi pensa che sia cittadino chi appartiene a una comunità. E questo, è un diritto».