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La nave nera

Cosa c'è dietro Generazione Identitaria?

Succede sempre così. Vai ad investigare cosa c’è sotto una operazione dell’internazionale nera e ci trovi una vera e propria fogna di commistioni con il malaffare e la finanza sporca; quella che commercia in armi e in uomini, e campa di guerre e di sangue. “Defend Europe” non fa certo eccezione. La nave dei “patrioti”, come solo il Giornale poteva definirli, che in questo momento si sta dirigendo verso Catania, con lo scopo dichiarato di smascherare le “Ong criminose che raccolgono i migranti presso le coste libiche“, è un concentrato di farneticanti ideologie complottiste e di propagande razziste abbondantemente foraggiato da losche società multinazionali che commerciano in mercenari e armamenti.
Ma vediamo per prima cosa chi sono questi “identitari”.

Generazione identitaria
Come c’era da aspettarsi, la prima cosa che sottolineano è che il loro movimento “non è né di destra, né di sinistra“. Ma, anche senza addentrarsi troppo nel dilemma gaberiano “Che cosa è la destra, che cosa è la sinistra”, se la xenofobia, il razzismo e il nazionalismo sono peculiarità della destra, loro sono tutti di destra.
Nati nel 2012 in Francia come prosieguo dell’esperienza politica del Bloc identitaire – movimento estremista a destra dei Le Pen, per intendersi – e subito diffusi in Germania, Génération Identitaire si presenta come il volto pulito del fascismo europeo. Potete farvene una idea cliccando su questo video di presentazione di un loro campo di addestramento diffuso su YouTube. Il filmato, così come tutti i loro eleganti siti, mostrano volti ben diversi dalla classica mascellona incarognita alla Benito: sono tutti visi giovani o giovanissimi, facce pulite, capelli preferibilmente biondi e tratti, secondo una logica lombrosiana, rigorosamente “europei”.
Generazione Identitaria, come spiega il nome stesso, è ossessionata dal problema dell’identità. “Essere identitari – si legge nel loro sito – significa difendere in ogni ambito l’identità etnica e culturale dei quali siamo detentori“. Cosa intendano col termine “identità” non lo spiegano affatto. Non sono troppo portati per le discussioni filosofiche o psicoanalitiche, questi tipi. Gli basta sapere che “Essere identitari non è un dogma né un’ideologia, ma al contrario un principio fondato sulla realtà, su ciò che realmente siamo“. L’identità, per loro, è solo una gabbia in cui rinchiudere le loro paure. E la prima paura è quella del diverso, del migrante, perché è proprio attraverso l’incontro con l’altro che noi mettiamo la nostra identità – anzi, diciamo meglio al plurale – le nostre identità in discussione.
Per tanti, questo è fonte di progresso, di crescita umana e sociale, di conoscenza di se stessi. Per Generazione Identitaria è puro terrore. Ed è proprio questa fobia a farli salire sulle vette del complottismo con la teoria della Grande Sostituzione, rispolverando una tesi delle scrittore Renaud Camus, già condannato per incitamento all’odio razziale. “L’invecchiamento della popolazione e lo scarso tasso di natalità coabitano con la sempre più poderosa immissione forzata di masse di immigrati terzomondiali nei territori dell’Europa – affermano -. E’ facile prevedere che, se non invertita immediatamente, questa tendenza, prolungandosi nel tempo, porterà alla completa sostituzione degli elementi etnici e dei popoli originari dell’Europa“.
Lo scopo dichiarato del movimento è la cosiddetta “remigrazione“, cioè il rimpatrio forzato di tutti coloro che non sono in sintonia con questa “identità“. Il che si traduce con: abolizione di qualsiasi tipologia di Ius Soli (non hanno ancora approvato la legge in Italia ma loro voglio abolirla lo stesso); abolizione di qualsiasi tipo di ricongiungimento familiare; congelamento di tutti i processi di naturalizzazione in atto; accesso a servizi sociali e case popolari riservata esclusivamente a cittadini italiani; criteri di preferenza, negli uffici di collocamento, a favore di cittadini italiani; divieto di costruire moschee o minareti; scioglimento di tutte le associazioni islamiche; lotta senza quartiere al razzismo anti-italiano.
Nel nostro Paese, Génération Identitaire è sbarcata nel novembre del 2012, poco dopo la sua costituzione in Francia. Ha sezioni a Bergamo, Milano, Brescia, Modena, Torino e anche in Sardegna. Il suo portavoce è un giovane studente di scienze politiche di Milano, Lorenzo Fiato.

La nave dei “patrioti”
Si definiscono un “movimento assolutamente pacifico e non violento“. Qualità gandhiane che fanno un pochettino a pugni col loro manifesto intitolato “Dichiarazione di guerra” e che comincia con “Noi siamo la generazione della frattura etnica, del fallimento totale del vivere insieme“. Defend Europe, l’operazione che li ha portati all’attenzione della stampa europea quando hanno annunciato la partenza di una nave dal porto di Gibuti con lo scopo si mettere il bastone tra le eliche delle navi delle Ong che salvano i migranti abbandonati in mare, è stata preparata con cura, in silenzio e con molto anticipo. Questa è gente che lavora nell’ombra e che proprio dalle ombre delle finanza trae le risorse economiche necessarie per organizzare le loro iniziative. Un modo di fare caratteristico dell’internazionalismo nero.
Hanno una forte presenza in rete, con molti siti realizzati professionalmente – ha osservato il giornalista Andrea Palladino -. Ma è difficile incontrarli fisicamente se non si fa parte del loro network. Quando organizzano le riunioni non indicano mai il luogo pubblicamente; l’indirizzo lo inviano all’ultimo momento via email solo a chi è iscritto“. La stampa ha saputo della loro esistenza solo quando hanno voluto loro, quando la nave era già pronta per salpare.
La domanda a questo punto è: come ha fatto un movimento di ragazzini (perlomeno è così che si presentano) assolutamente sconosciuto ai più, a raccattare una nave a Gibuti? La risposta l’ha trovata sempre Andrea Palladino in una inchiesta pubblicata su Famiglia Cristiana in cui ha ripercorso a ritroso l’operazione Defend Europe, cercando i mandanti e soprattutto scoprendo i nomi di chi ci ha messo i capitali.
La nave, intanto. Si chiama C-Star e batte una improbabile bandiera della Mongolia. L’imbarcazione, che prima si chiamava Suunta ed era di proprietà di una società specializzata nella sicurezza, la Sovereign Global Solution, fa normalmente scalo a Gibuti. Piccolo Stato indipendente nel Corno d’Africa, noto per essere un mercato all’aperto di armi e di mercenari. La Sovereign Global Solution infatti lavora proprio in questo settore: lo scopo della società è offrire “protezione contro la pirateria dei mari“. Che è come dire: “affittasi mercenari, addestrati e bene armati”. Navi come la Suunto, o la C-Star, se preferite, sono solo piattaforme galleggianti di armi e uomini per aggirare le politiche di embargo degli armamenti imposte dall’Onu in un angolo di mondo che è da 40 anni non conosce pace.
La Sovereign avrebbe venduto lo scorso marzo la nave ad una società inglese con sede a Cardiff, la Maritime Global Service Limited, che ha la sua stessa mission di mettere in “sicurezza” gli agitati mari somali. La Maritime Global è una strana società con un unico socio: il 49enne svedese Sven Tomas Egerstrom, già condannato a due anni e mezzo per frode dai tribunali del suo Paese e quindi trasferitosi in pianta stabile in Inghilterra. Egerstrom è presidente di un network di società specializzate in difesa privata con filiali in tutta Europa e collegato alla britannica The Marshals Group che riunisce altre sei società specializzate in, avete indovinato?, sicurezza in aree di guerra! Società che ti garantiscono che, se ti affidi a loro, i tuoi traffici, qualunque essi siano, nei martoriati Paesi dell’Africa orientale potranno continuare indisturbati e senza pericoli.
In altre parole, sono tutte società che fanno soldi con le guerre. E questi sono i capitali con i quali è stata armata la nave che ora naviga col patriotico scopo di “tutelare pacificamente il nostro patrimonio culturale“, come ha spiegato l’ex ufficiale di marina Gianmarco Concas, responsabile tecnico di Defense Europe.
Ma le navi come la C-Star, che la Maritime Global ha gentilmente concesso ai fascisti – chiamiamoli per quel che sono – di Generazione Identitaria di pacifico e di culturale non hanno proprio niente. Sono chiamate dai mercenari e dai contractors: “floating armoury“. Botteghe d’armi galleggianti, dove tutto si compra e si vende a suon di milioni. Anche la guerra.
E se consideriamo che è proprio per colpa della guerra che migliaia di profughi stanno abbandonando le loro case per tentare la fortuna sula mare, ecco che il cerchio si chiude.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.