Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

La possibilità di reingresso in Italia

Si tratta di una regola molto semplice stabilita dall’art. 8, comma 2, del Regolamento di Attuazione (D.P.R.n.394/1999) che recita “Per lo straniero regolarmente soggiornante in Italia che, dopo esserne uscito, intende farvi ritorno, il reingresso è consentito previa esibizione al controllo di frontiera del passaporto o documento equivalente e del permesso di soggiorno in corso di validità.”
Da tale disposizione discende che chiunque ha la possibilità di rientrare al paese d’origine e, quindi, di tornare in Italia, senza che vi sia a tal fine l’obbligo di chiedere un visto d’ingresso, essendo semplicemente necessario presentarsi alla frontiera muniti di passaporto e pds in corso di validità.

La norma dispone anche per l’ipotesi in cui, per qualche disguido e/o per ragioni di forza maggiore, la persona venga trattenuta nel suo paese prevedendo in tal senso che (art.8, comma 3) “Lo straniero il cui documento di soggiorno è scaduto da non più di 60 giorni, per rientrare nel territorio dello Stato, è tenuto a munirsi di visto di reingresso, rilasciato dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza previa esibizione del documento scaduto.”
Si tratta di una norma di salvaguardia di chiara formulazione e che non dovrebbe creare alcun problema interpretativo.

Il caso – Si evidenzia che si è verificato un caso che può essere inquadrato nella fattispecie prevista dalla norma, ovvero una cittadina marocchina in possesso di un valido pds per motivi di famiglia, a causa di dissapori con il marito, non ha più potuto disporre del titolo di soggiorno. In particolare, il marito della donna ha prima sequestrato, e poi distrutto il pds per impedirne il ritorno in Italia. La signora si è, quindi, presentata al Consolato italiano di Rabat, ovviamente senza il documento, per richiedere un visto di ingresso al fine di tornare nel nostro paese. La stessa ha dovuto far valere le sue ragioni, denunciando l’avvenuta distruzione del suo pds che, si precisa, era ancora valido e chiedendo che il Consolato si mettesse in contatto con la questura di Venezia per avere conferma di ciò.
La questione si sarebbe dovuta risolvere semplicemente ed in tempi brevi, ovvero, a seguito della verifica dell’effettiva validità del pds, la donna avrebbe dovuto ottenere un visto di reingresso ai sensi dell’art. 8, comma 3 del Regolamento di Attuazione. Nel concreto il Consolato italiano di Rabat ha chiesto conferma della validità del documento alla questura di Venezia, ma questa, inspiegabilmente, ha dato parere negativo. È stato così necessario promuovere un ricorso al TAR per ottenere un provvedimento che annullasse il decreto di rigetto della richiesta di reingresso.
Come vedete anche in questo caso la regola ci sarebbe stata (e non prestava dubbi sulla sua interpretazione), ma qualche Ufficio pubblico ha ritenuto necessario stabilirne un’altra di segno opposto.