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La privatizzazione del permesso di soggiorno

Presumibilmente da maggio il rinnovo del pds si farà tramite le Poste

La posta in gioco è alta: rinnovare il permesso di soggiorno per i 2 milioni di immigrati che vivono in Italia diventerà a pagamento, per almeno tre anni.
Tariffe e modalità di pagamento per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico sono state stabilite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con il Decreto del 4 aprile 2006 e prevedono il costo di 27.5 euro a carico dei soggetti richiedenti, da versare tramite bollettino postale, a cui va aggiunto il costo di 14,62 euro per la marca da bollo.
Sembra inoltre che i cittadini stranieri debbano pagare una trentina di euro per il servizio reso da Poste Italiane. Il tutto per un pacchetto di circa settanta euro.

Si tratta di un vero e proprio furto a danno degli immigrati ma anche dei comuni che ora rischiano di diventare dei semplici passacarte delle Poste.

Per risolvere uno dei problemi più gravi causati dalla Bossi-Fini, ovvero l’allungamento delle procedure per rinnovare i permessi, entra in gioco Poste Italiane s.p.a.
Questo era già presumibile dal Decreto legge 241 del 2004 con cui si prevedeva la possibilità per il Viminale di stipulare convenzioni con «enti concessionari di pubblici servizi o enti non pubblici» per snellire le procedure, senza oneri aggiuntivi per lo Stato».
Inoltre a febbraio era stato firmato un protocollo con l’Associazione Nazionale dei Comuni (Anci) che prevedeva una sperimentazione in dieci città e la possibilità di studiare una nuova normativa per passare definitivamente le competenze dalle questure ai Comuni.

Ora invece si scopre che la sperimentazione partirà gradualmente, e il ruolo dei Comuni sarà solo quello di fare da «front office» per le Poste, in quanto queste non forniranno alcun servizio aggiuntivo, né sportelli dedicati, né consulenze con mediatori linguistici

In pratica la domanda andrà compilata su moduli a lettura ottica e inserita, insieme ai documenti, in una busta prestampata. Questa andrà spedita tramite assicurata da un ufficio postale e successivamente vagliata dal centro servizi di Poste italiane tramite lettore ottico. Dai centri servizi delle Poste (dovrebbero essere cinque in tutta Italia) i dati contenuti nella domanda passeranno ad un unico Centro Elaborazione dati del Viminale, a sua volta collegato telematicamente con la questura competente. Quest’ultima verificherà se il cittadino straniero possiede i requisiti per il rinnovo e quindi lo convocherà per il rilascio del permesso. Eventuali integrazioni alla domanda andranno presentate ancora attraverso gli uffici postali. La ricevuta dell’assicurata postale rilasciata sostituirà il “cedolino” che oggi viene rilasciato da questure e commissariati.
Gli stranieri si rivolgeranno così agli sportelli, usufruiranno di tutti i servizi comunali o dei patronati, ma poi dovranno pagare alle Poste per un servizio che è sempre stato offerto gratuitamente.

Non è altro che la privatizzazione di un diritto. Un diritto a pagamento.

A cura di Milena Zappon, Melting Pot