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La regolarizzazione costa troppo, badante licenziata

Da gennaio assisteva una donna anziana e quando si è aperta la finestra della regolarizzazione ha chiesto alla sua datrice di lavoro di avviare le pratiche necessarie a sanare la sua posizione di immigrata irregolare. La risposta è stata negativa e, anzi, la protagonista della vicenda, una badante salvadoregna, è stata licenziata. Da qui la decisione di rivolgersi all’ufficio vertenze della Cgil che ha girato la pratica allo studio dell’avvocato Mario Berruti.

Nei giorni scorsi la buona notizia: il tribunale del lavoro di Brescia ha accolto favorevolmente il ricorso d’urgenza, ordinando il reintegro della donna «risultando sufficientemente dimostrata la natura discriminatoria del licenziamento».

Questa è solo una delle tante storie di colf e badanti alle prese con la le difficoltà a regolarizzarsi. Da un lato le pratiche burocratiche, dall’altro i costi della regolarizzazione. La sostanza è che in molte, anche dopo questa fase di questa regolarizzazione resteranno in nero e quindi clandestine. «Il dato bresciano è esemplificativo – ricorda il segretario organizzativo della Cgil di Brescia Damiano Galletti -: a oggi i moduli richiesti per la regolarizzazione sono 9mila e 7mila le richiesta effettivamente presentate, e questo a fronte di stime che parlano di circa 30mila badanti nella nostra provincia».

E così, dopo il 30 settembre, scaduti i termini, i lavoratori stranieri che vogliono sanare la propria posizione non potranno più ottenere i benefici e saranno perseguiti per il reato di clandestinità.

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