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La riduzione in schiavitù del richiedente asilo in Mauritania giustifica lo status di rifugiato

Tribunale di Bari, decreto del 12 settembre 2019

Il Tribunale di Bari riconosce lo status di rifugiato ad un cittadino senegalese vissuto in Mauritania in schiavitù.

In sintesi nel decreto si sottolinea: “la condizione di isolamento e schiavitù vissuta fin dall’infanzia, in assenza di strumenti intellettivi e culturali che consentissero al richiedente di avere la consapevolezza di essere “uomo”, ovvero soggetto titolare di diritti, financo quello di uguaglianza al pari degli altri essere umani, portatore di legittime istanze di una vita dignitosa, ovvero di bisogni primari tra cui quello di alimentarsi e lavarsi, e poi quello di ricevere una retribuzione adeguata alla sua occupazione di guardiano di bestiame in una foresta, cui aveva dedicato l’intera esistenza, sia di giorno che di notte, fa pienamente comprendere la difficoltà di rendere il racconto ricco di episodi e di particolari di una vita invero non vissuta (…). Ebbene appare evidente come nel caso di specie gli atti di persecuzione patiti dal ricorrente provengano da un soggetto non statuale (il padre adottivo ed i membri della comunità dei Naar) e cionondimeno è parimenti evidente, da tali fonti, come lo Stato della Mauritania non abbia assunto effettive misure per limitare ed impedire la schiavitù degli uomini neri, ovvero che siano loro inflitti atti persecutori né per attivare un sistema giuridico effettivo che per un verso consenta di individuare, perseguire penalmente e punire gli atti che costituiscono persecuzione o per altro verso l’accesso da parte di vittime di tali misure ed al riconoscimento dei propri diritti fondamentali (…)“.

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Tribunale di Bari, decreto del 12 settembre 2019