Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

La schiavitù in Europa nel XXI secolo

Jean-Jacques Régibier, Humanité.fr - 6 aprile

È un vero e proprio allarme quello lanciato dagli esperti del Consiglio d’Europa (GRETA 1) nel rapporto annuale sulla tratta degli esseri umani in Europa. Ancor più che lo sfruttamento sessuale, lo sfruttamento lavorativo è la forma principale di schiavitù moderna. E le prime vittime sono i migranti.

Lo schiavismo sta forse diventando una pratica diffusa e consolidata all’inizio del XXI secolo in Europa? Faticheremmo a crederlo, se gli esperti internazionali del Consiglio d’Europa non ce ne fornissero le prove, cifre e documenti alla mano, paese per paese.

Leggendo le 70 pagine del rapporto (il settimo) appena pubblicato dal Greta, relativo al 2017, si resta di stucco. Non solo la schiavitù si aggrava nel cuore dell’Europa, ma le cifre ufficiali, come sottolineano gli esperti, sottovalutano considerevolmente il problema. E le denunce, così come le condanne, sono quasi inesistenti, proprio perché le vittime trovano lavoro e alloggio grazie ai trafficanti, quindi molto spesso preferiscono non denunciare o non testimoniare. Risultato: la tratta degli esseri umani per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo resta praticamente invisibile. E questo, come spiegano gli investigatori del Consiglio d’Europa, «è uno degli aspetti più problematici della schiavitù moderna».

Un’attività criminale

Ci teniamo a precisare che il concetto di “schiavitù” o di “tratta di esseri umani” non è una metafora o una caricatura per attirare l’attenzione su uno degli aspetti più scandalosi dell’economia moderna. E non parliamo nemmeno di una nozione solo europea: si tratta di materia specifica di norme e leggi, definita dall’articolo 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e da altre istanze giuridiche internazionali, come l’organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).

Secondo le convenzioni internazionali, la tratta di esseri umani non è dunque un’opzione economica come un’altra: è un crimine.

La convenzione adottata dal Consiglio d’Europa, nella versione europea, è estremamente precisa e merita di essere citata per esteso, perché si riferisce a molte situazioni concrete di cui si sente parlare costantemente. La tratta di esseri umani è definita come «il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’accoglienza e l’ospitalità di persone, dietro minaccia di ricorso o ricorso alla forza o ad altre forme di costrizione, o tramite rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, o dietro pagamento o riscossione di somme di denaro o di altri vantaggi per ottenere il consenso di una persona esercitando su di essa la propria autorità, a scopo di sfruttamento».

Se fino a oggi la forma principale di sfruttamento degli esseri umani in Europa faceva riferimento in particolare allo sfruttamento sessuale, è ormai lo sfruttamento lavorativo ad essere il più diffuso, in particolar modo nel Regno Unito, in Belgio e in Portogallo, per citare i paesi più importanti. Gli esperti del GRETA citano nel rapporto anche un paese che ha risolto il problema in modo originale. Si tratta della Polonia, dove il concetto di “servitù” non è considerato dalla legge come forma di sfruttamento.

In città e in campagna

Anche se la schiavitù permea tutti i settori, è presente in particolar modo nel settore dell’edilizia, del turismo, del manifatturiero (tessile soprattutto) ma anche in agricoltura, nella pesca e nel settore pulizie. Praticamente, tutti i settori chiave attorno a cui ruota l’economia. L’obiettivo è chiaro: accumulare profitti riducendo, quasi a zero, il valore della forza lavoro, proprio quella forza che invece permette di creare valore. La pratica dello schiavismo genera vantaggi sostanziali rispetto alla concorrenza all’interno di uno stesso settore, e questo spinge tutti ad adottare gli stessi metodi. È questa la ragione di fondo che spiega l’irrefrenabile ascesa, oggi, della schiavitù lavorativa in Europa.

Per portare esempi di ciò che avviene in diversi paesi e settori economici, il GRETA ha mappato numerosi casi che sono arrivati alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Ad esempio, il caso di 42 cittadini di origine bengalese che lavoravano fino a 12 ore al giorno, senza permesso di lavoro, in una coltivazione di fragole a Manolada, nel sud della Grecia, sotto la stretta vigilanza di guardie armate, e che vivevano in baracche di fortuna senza servizi igienici e acqua corrente.

Il 17 aprile 2013, quando un gruppo di operai è andato a richiedere il salario che l’azienda non versava da parecchi mesi, una guardia armata ha aperto il fuoco, ferendo più di 30 persone. «Prima di questo incidente, le autorità greche conoscevano da anni le condizioni dei lavoratori nelle coltivazioni di fragole a Manolada (…) ma non era stato preso nessun provvedimento concreto per rimediare alla situazione» spiega il rapporto. La Corte d’Assise di Patras (Patrasso), che aveva esaminato il caso, aveva perfino prosciolto i due datori di lavoro in questione.

Ma lo schiavismo non è prerogativa delle zone rurali ai confini del continente europeo. Avviene anche nei bei quartieri delle grandi capitali alla moda. Così nel 2015 a Londra, riporta GRETA, la polizia ha registrato 75 casi di schiavitù domestica (collaboratori domestici), di cui 10 a casa di diplomatici!

Ancora una volta, non solo lo Stato non fa nulla per migliorare la situazione, ma al contrario, la aggrava. Gli esperti del Consiglio d’Europa denunciano il fatto che, nel Regno Unito, «il nuovo sistema per i collaboratori domestici di origine straniera, precarizza la situazione dei collaboratori domestici migranti e rischia di aggravare la tratta dei lavoratori in questo settore». Peggio ancora, secondo numerosi rapporti della società civile, quando le vittime di lavoro o di schiavitù domestica si rivolgono alla polizia per segnalare che sono stati sottratti i loro passaporti o che non viene versato loro lo stipendio, sono spesso allontanate, perché viene considerato il misfatto come materia di diritto civile: in realtà sono veri e propri crimini.

«La tratta per sfruttamento nel settore domestico e di cura alla persona riguarda più frequentemente le donne», concludono gli esperti del GRETA «e sono più difficili da individuare, perché il tutto avviene tra le mura domestiche, dove le vittime possono subire sia sfruttamento sessuale che lavorativo».

I migranti, le prime vittime

Numerose ricerche compiute in diversi paesi europei, e riprese nel rapporto di GRETA, mostrano come siano in primo luogo i migranti stranieri ad essere vittime di sfruttamento lavorativo in Europa, ma non sono gli unici. «Il nostro monitoraggio» spiega la presidente del GRETA, Siobhan Mullally «dimostra che un numero sempre crescente di persone è vittima di sfruttamento, di condizioni aberranti in Europa, all’interno delle frontiere e oltre»: il che spiega come le aziende europee applichino condizioni lavorative di schiavitù e di sfruttamento, in qualunque parte del mondo si trovino. L’attualità ci riporta, spesso in occasione di eventi drammatici, questa punta dell’iceberg. Pensiamo ad esempio al crollo del Rana Plaza a Dacca, Bangladesh, che ha provocato più di 1100 morti nell’aprile del 2013.
«I lavoratori migranti, stagionali e in situazione irregolare, così come i richiedenti asilo sono particolarmente vulnerabili e soggetti a schiavitù e sfruttamento lavorativo».

Leggendo il rapporto del GRETA, non possiamo che fare un parallelismo con la tratta degli schiavi africani del XIX secolo, guardando con inquietudine a quanto accade oggi, sotto forme ironicamente – e terribilmente – simili.
In entrambi i casi, uomini e donne, strappati al loro continente – sempre lo stesso, l’Africa – vengono imbarcati su navi o imbarcazioni pericolanti e affrontano traversate rischiose, al termine delle quali, se non ne muoiono, vengono sfruttati e schiavizzati.

Tra le diverse piste che il Consiglio d’Europa sta esplorando per tentare di migliorare una situazione che va via via peggiorando, sembra che, sottolinea il rapporto, «la collaborazione tra sindacati e ONG sia fondamentale per affrontare e risolvere con successo i casi di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo».

Per leggere il rapporto completo: https://go.coe.int/LoPqW

  1. Il Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa nella lotta contro la tratta di esseri umani (GRETA) è l’organismo del Consiglio d’Europa incaricato di controllare l’applicazione della convenzione europea contro la schiavitù. Il suo primo rapporto riguardava il periodo 2009-2011.