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La storia di Sabri continua, espulsione anziché ricovero

Il corpo è di Sabri Zaremdini

Sabri è un ragazzo tunisino di 29 anni che durante un controllo da parte degli agenti di polizia è stato trovato senza regolare permesso di soggiorno, per cui, come tanti altri, è stato condotto all’interno del Cpt di Gradisca d’Isonzo affinché venissero eseguite le formalità necessarie al rimpatrio.
Sabri ha, come tutti, un passato …il suo passato… fatto di scelte che lo hanno condotto all’interno di un SerT dove ha completato un periodo di disintossicazione e da dove, una volta fuori, non ha avuto a causa dei perversi meccanismi previsti dall’attuale normativa in materia di immigrazione, nessuna possibilità di ricominciare, di reinserirsi in maniera legale.
Ecco quindi che, come la stragrande maggioranza dei clandestini, accetta un lavoro in nero come operaio facendo il pendolare tra Trento, dove lavorava, e Padova dove viveva.
E’ a Padova che alla fine di maggio viene fermato dagli agenti di polizia, e dopo due giorni viene condotto all’interno del Ct.

A Sabri non piace il Cpt; la struttura è nuova, i pavimenti puliti, le mura dipinte con colori pastello e la musica che viene diffusa è quella che si trova in testa a qualunque classifica di dischi.
Ma è quella sensazione che trasmette, quel non sapere per quanto tempo rimarrai lì dentro (massimo 60 giorni, ma minimo quanti?). Ogni singola notte vive nel terrore che gli agenti di polizia vadano a prelevarlo dalla stanza in cui si trova per condurlo ad un aeroporto e da lì a casa.
“Casa”….Sabri si chiede “dove è la mia “casa”? Dopo molti anni in Italia, dove è casa mia? Cosa farò una volta a “casa”? ho tutte le mie cose qua, i miei abiti, i miei dischi, i miei libri, la mia auto, …. ho tutti gli amici qua, i compagni di lavoro, ho una fidanzata, ho la mia vita qui in Italia..e..come posso rivedere i miei genitori con questi tatuaggi? Cosa penserebbero di me? Cosa penserebbero di loro figlio?”
Sono questi i pensieri che affollano la mente ogni singolo minuto, di giorno come di notte, col sole come con la pioggia, sempre, in quello spazio temporale che è indefinito per questo infinito.
Sabri non può accettare di essere sopraffatto dal lento logorio della sua mente; all’interno di uno spazio eccezionale, assente di qualunque diritto minimo e di garanzie giuridiche basilari si rende conto che ha un corpo, un corpo tramite il quale parlare, ribellarsi, lo strumento attraverso il quale sperare che la sua condizione di afonia e di invisibilità all’interno del Cpt cessi.
Il 3 giugno inizia lo sciopero della fame e della sete; dopo un breve ricovero di due giorni, il 10 e l’11 giugno durante il quale viene in parte reidratato e nutrito, viene riaccompagnato al Cpt dove ricomincia lo sciopero della fame e della sete.
Il 18 giugno Sabri incontra un’operatrice esterna al Cpt. E’ accompagnato da un operatore della cooperativa che gestisce il centro, il suo corpo (già impegnato in una estenuante lotta interna contro i virus dell’epatite B e C) urla così forte da non avere più le energie per autosostenersi. E’ su una sedia a rotelle, il busto inclinato e proteso in avanti, lo sguardo fisso ed immobile. Il movimento oculare è impedito da lacrime condensate che non scendono, che non riescono a venir fuori, come se il suo corpo, per qualche meccanismo istintivo e sconosciuto, volesse impedire la fuoriuscita di quel liquido così prezioso ed indispensabile al settimo giorno di sciopero della sete.
Sabri non accetta cure all’interno del Cpt, “non mi fido dei medici qui dentro…voglio andare in ospedale”. Come qualunque essere umano ha la capacità di decidere ciò che è meglio o peggio per lui.
Ma questa capacità all’interno dello spazio di eccezione che è il Cpt non ha valore, non essendo innalzata e sostenuta da un diritto rimane un capriccio.. il capriccio di un trattenuto ribelle, viziato, autolesionista e piantagrane.
Sabri non ha la sovranità che ogni singolo individuo ha sulla propria esistenza, la sua vita non è rilevante. Non avendo un valore giuridico, non merita di essere vissuta, può pertanto essere sacrificata senza commettere alcun reato.
Inoltre all’interno del Cpt Sabri stanca, affatica tutti coloro che operano lì dentro. La direzione della cooperativa che gestisce il Cpt, sulla base del parere del medico che opera all’interno del centro (che non ravvisa un urgenza) decide che Sabri non debba essere ricoverato. Il 118 interviene all’interno del Cpt solo se chiamato da parte degli operatori dell’ente gestore del CPT, per cui l’ambulanza non si muove dall’ospedale di Gorizia.
Sabri..non va in ospedale.
Sabrie durante la notte tra il 20 e il 21 giugno, è stato rimpatriato.