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La terra sospesa delle strutture di accoglienza per Minori stranieri non accompagnati

Un tempo circolare intriso di contraddizioni

PH: Danilo Balducci per Save the Children

Alle sette le finestre sbattono una volta e poi un’altra. Poi silenzio. Lontano, tra le pieghe dei palazzi, incurva il freddo vento che spira da nord-est ululando sulla città che si risveglia. Qualcuno già comincia a camminare per casa. Se si trascorre molto tempo in questo appartamento – soprattutto in turno notturno – i passi dei ragazzi diventano carte di identità. La luce del sole nasconde; nel silenzio baluginoso dell’alba invece si impara a conoscere il peso di ciascun corpo sul pavimento.

Che siano un mese o due anni, nelle comunità per minori stranieri non accompagnati il tempo dei ragazzi è un tempo sospeso, circolare, che si chiude su quei corridoi come una spirale. La circolarità si dà in molti modi: nella suddivisione dei compiti di cura della casa, nella firma di entrate e uscite, nelle lezioni di scuola, nel ritorno a casa entro l’ora di cena. Sono i cerchi su cui si avviticchia ogni quotidianità occidentale, eppure sembra che stringa di più attorno alle loro storie.

La rotta balcanica brucia ancora sotto i loro piedi. È difficile normalizzare quel vissuto, contrarlo nelle forme lisce di quotidiano; diventa sapienza antica, un cumulo di reminiscenze che si manifestano a sprazzi, nelle conversazioni in sala da pranzo, irrompono nelle chiacchierate in pashtu o in urdu, riportando sempre le medesime forme e i medesimi spettri: “Bosnia camp”, “Croatia big problem”, “dog, police, beat”. Un comune appartamento italiano non è abituato a questi strattoni del passato e non potrebbe tollerarne la complessità umana.

La vita in accoglienza dei minori stranieri non accompagnati è intrisa di contraddizioni. A partire dai loro corpi, spesso dilaniati dalla rotta. Pur arrivando da un periodo di quarantena, la loro pelle è ancora rosicchiata dalla jungle, e a guarire potrebbe metterci mesi. I corpi espropriati dalla rotta testimoniano l’irriducibile distanza tra noi e loro e si adagiano poco per volta su quegli spazi, quasi come se quella levità fosse troppo. Al mattino, le lenzuola sono tirate tutte fin sopra la testa come uno strano riflesso di autoprotezione.

Al confine italo-sloveno, il flusso si biforca. Una parte dei migranti riuscirà a filtrare attraverso le maglie della polizia di frontiera e scenderà verso Trieste e Gorizia, diretto a Milano, a Torino, in Francia; un’altra parte verrà intercettata e identificata. Alcuni sono stati istruiti in precedenza sul sistema italiano: una volta nella trappola, cercano il male minore, ovvero la massima tutela possibile dalla gabbia statale.


Rotta balcanica (Aprile 2021 – Monitoraggio indipendente del transito dei Minori Stranieri Non Accompagnati)
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Fonte: Save the Children dal rapporto “Nascosti in piena vista. Minori migranti in viaggio (attra)verso l’Europa”

Perciò si dichiarano minori anche quando non lo sono. In questo segmento la legge 47/2017 in materia di minori stranieri non accompagnati, andata sotto il nome di Legge Zampa 1, è talmente opaca da essere aggirata facilmente con delle dichiarazioni orali; nel testo di legge si richiede che il soggetto dichiaratosi minore venga trattato come tale fintanto che non sia accertata la sua età effettiva: la detenzione o il respingimento di sedicenti minori è dunque illegale, indipendentemente dal loro status di richiedenti asilo.

La procedura di identificazione del soggetto come minore viene eseguita primariamente attraverso l’analisi dei documenti personali (passaporti, carte di identità, certificati di nascita e qualsiasi documento munito di fotografia della persona, a meno che ci siano dubbi sulla loro autenticità); se questo passaggio non va a buon fine, come nel caso di documenti falsi o assenti, si dovrebbe passare ad una procedura di valutazione dell’età che coinvolge esami socio-sanitari condotti da specialisti; nel corso dell’intera procedura la persona in esame dovrebbe essere trattata da minore 2.

Ma nella maggior parte dei casi un reale accertamento dell’età non viene eseguito. Dunque tale legge, entrata in vigore nel 2017 proprio con l’obiettivo di rendere più inclusivo il sistema della protezione dei minori stranieri non accompagnati, al contempo rende possibili dichiarazioni mendaci. D’altra parte, per ovviare a tali situazioni, il 31 agosto e il 21 dicembre 2020 ci sono state due direttive 3 della Procura della Repubblica per i minori di Trieste 4, che nei fatti “assegnano alle autorità di Pubblica Sicurezza un potere discrezionale circa l’attribuzione dell’età anagrafica ai migranti e rifugiati sottoposti a controlli in frontiera5, in contrasto con la legge Zampa.

Conclusione: è l’ennesimo fallimento del sistema italiano a tutela delle categorie fragili, per cui a fronte di un numero cospicuo di maggiorenni che riescono ad accedere alle strutture per minori stranieri non accompagnati, vi sono altrettanti minori (veri) che sono respinti dalle autorità dopo una valutazione arbitraria della loro maggiore età, in aperta violazione della stessa opaca legge Zampa che invoca il principio del superiore interesse del minore 6.

Assodata questa fase, dopo l’identificazione i minori vengono incanalati nei sistemi istituzionali. Ben venga. Se non fosse che questo canale ha la bocca strettissima e incatena il loro percorso ai ritardi istituzionali, ai lunghi tempi delle questure, moltiplicando la loro attesa e rendendola prassi.

R., bengalese, vuole raggiungere sua sorella in Inghilterra, ma adesso la Brexit rende questo percorso infinito. Resterà in Italia per qualche tempo, cercando lavoro dove riuscirà; S., pakistano, ai suoi primi giorni in comunità è stato informato di tutte le possibilità e ha deciso di fare l’audizione con la commissione territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale. Fino all’esito non può allontanarsi da Trieste. Ma questo esito arriverà tra mesi. Prima compirà diciotto anni (anche formalmente) e verrà trasferito in un centro di seconda accoglienza per richiedenti asilo maggiorenni. Già manifesta i primi segni di impazienza e di insofferenza per la situazione, ma dovrà attendere ancora dei mesi prima di vedere le prime opportunità di autodeterminarsi: senza documenti è difficile trovare lavoro ed un lavoro a nero non gli è consentito fintanto che vivrà in accoglienza. Trascorre il suo tempo come può, facendo lunghe passeggiate per la città e cercando ogni possibile occasione di imparare l’italiano: sul telefono, con gli operatori. Mi chiedo come faccia a dimenticare il macigno burocratico e ad essere così entusiasta dei suoi piccoli progressi quotidiani.

Il registro degli operatori sociali è un calderone di documenti che formalizzano questo tempo sospeso: permessi di soggiorno, richieste di permessi di soggiorno, certificati di nascita, prese in carico, trasferimenti, rettifiche anagrafiche, documenti sanitari, schede di primo ingresso, schede di dimissioni…

In questo universo, gli operatori compiono l’ingrato lavoro di mediare tra i migranti e il mondo istituzionale e giuridico che oggettivizza la loro condizione. Spesso non hanno il tempo e i mezzi per farsi carico delle soggettività, travolti dal mondo soverchiante della burocrazia. Eppure accadono meraviglie anche tra un turno e un altro. Uno degli operatori, afghano, è stato migrante a sua volta nella prima rotta balcanica, quella del 2015. Il pashtu è la sua lingua madre, e questa è una ricchezza incommensurabile in comunità. Per i ragazzi che non parlano l’inglese, la lingua diventa una barriera che aliena dal reale e li riporta tanto più alle loro terre d’origine.

Ci si aiuta con le lezioni: a settembre sono ripartiti i corsi del progetto FAMI finanziati dalla Prefettura 7: una nuova circolarità nel paradigma dell’attesa, ma è il primo necessario passo per districarsi nella matassa in cui sono incappati.

Imparare l’italiano è duro, ma ripaga tutti. Gli operatori entrano in relazione con le individualità anche in questo processo, reagendo ai loro progressi e osservando come la loro intuizione linguistica si raffina settimana dopo settimana.

Il vento questa notte ha soffiato fortissimo. Dalla camera 2 giunge il canto metallico di una sūra da un cellulare. A. si è addormentato su quella meravigliosa nenia del Corano. Sulla scrivania vedo una maschera da sub, dei quaderni, dei calzini scompagnati. La luce del mattino accarezza quei frammenti di una quotidianità goffa, scomposta, quasi forzandolo nei panni di un qualsiasi adolescente occidentale, che fa un tuffo a Barcola prima o al posto dei compiti e torna a casa malconcio, il corpo che cambia, sformato da un’età imperfetta e scanzonata.

A. è piccolo per davvero, si vede dal guizzo nello sguardo, dalla camminata un po’ sciocca, dall’arroganza intrisa di insicurezze con cui si dichiara al mondo. Tra pochi giorni compirà diciotto anni e verrà dimesso dalla comunità. Ma ancora nessuna notizia dei documenti: sono cinque mesi che aspetta il suo permesso di soggiorno, in questura devono esserci stati dei pasticci interni e dei documenti non c’è traccia. In questi giorni A. è preoccupato, teme di restare ancora immobilizzato da quest’attesa che si è agganciata alle precedenti, a ritroso fino al giorno che è partito di casa. L’ennesima attesa di questa rotta che sembra finita e non finisce mai.

Pensavo che arrivato in Italia sarebbe stato facile”, racconta.

È un ragazzo in fermento, pieno di progetti, vuole completare i suoi studi in Italia e poi chissà. I progetti perdono consistenza e diventano impalpabili dentro il cerchio dell’attesa. Ultimamente mangia poco, dice che anche i piccoli piaceri non hanno valore se non sa cosa ne sarà di lui. La referente di struttura continua a rassicurarlo, ma lui ha smesso di fidarsi. Comprensibile. La sūra continua a zufolare accanto a quel corpo addormentato.

Chiudo la porta della sua camera e lo lascio dormire; forse il sonno spezzerà per un momento quella catena. A volte l’oblio è la miglior forma di serenità.

  1. Legge n. 47/2017: misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati (Filo diritto, giugno 2018)
  2. Rapporto “Unaccompanied minors: critical conditions at italian external and internal borders” (Asgi, luglio 2021)
  3. https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2021/02/Direttiva_Procura_Minori_Sett2020-1.pdf
  4. https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2021/02/nota.msna_.21.12.20.pdf
  5. https://www.asgi.it/notizie/trieste-minori-eta
  6. Minori a rischio respingimento alla frontiera italo-slovena in violazione della legge Zampa (Asgi, febbraio 2021)
  7. Progetto FAMI PSL FVG 2018-2021

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.