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La vergogna arriva all’alba

Rom cacciati da l'ex Snia di Pavia

All’alba di questa mattina è stata sgomberata l’area della Snia dove vivevano 150 rom rumeni.
Per i Rom, qualsiasi sia la loro nazionalità, non sembra esservi pace.
Rumeni, comunitari. Ma ancora nessun diritto.
Erano rumeni i bimbi morti nel rogo di Livorno. Sono rumene queste famiglie alle quali, puntializza il Sindaco, è stato spiegato che l’area sarebbe stata sgomberata e che la città non avrebbe creato un campo rom, quindi dovevano andarsene da Pavia.
E allora dove devono andare?

Nella ospitale Bologna che li ha sgomberati dal Reno? Nella ospitale Roma dove sono stati cacciati in 15 mila, come vanta il sindaco Veltroni alla corse per l’elezione a sovrano del Partito Democratico e potenziale regnante di un paese che bada più alla sicurezza che alla legalità?
Dove controllo del territorio vuol dire demolire baracche e chi costruisce case senza pagare il pizzo deve cedere alla criminalità organizzata?
Nella ospitale Firenze?
L’elenco delle ospitali città italiane potrebbe continuare.

Lo sgombero avvenuto all’alba di oggi era annunciato, ma non è stata proposta nessuna soluzione allo squallore delle baracche. Eppure molti di loro lavorano presso aziende e cooperative pavesi. 50 bambini assolveranno a Pavia l’obbligo scolastico; per altri 20 è stata consegnata la domanda di iscrizione agli asili comunali. Molti Rom della Snia sono muratori, carpentieri, saldatori; altri si offrono come manovali.

Dopo lo sgombero e la distruzione delle baracche è iniziata la protesta, annunciata.
Una manifestazione ha attraversato le vie cittadine fino alla sede del Comune.
Lungo la strada hanno distribuito un volantino con le «Raccomandazioni» del Commissario Ue per i diritti umani Alvaro Gil-Robles, con cartelli che portavano scritte come: «No al razzismo», «Siamo cristiani anche noi», «Vogliamo solo esistere», «Chiediamo un lavoro umile», «Sciopero della fame». Gli adulti hanno annunciato 24 ore di sciopero della fame. Domani digiuneranno solo gli uomini. Per 4 di loro lo “sciopero” proseguirà ad oltranza.

Elisabetta Ferri, progetto Melting Pot