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La vita familiare in Italia va tutelata nonostante numerosi precedenti penali

Tribunale di Bologna, ordinanza del 24 novembre 2020

Nell’ordinanza allegata il Tribunale di Bologna ha fatto una dettagliata analisi della normativa applicabile e della giurisprudenza in tema di rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 19 co. 2 lett. c) e dell’art. 30 comma 1 lett. d) D.Lgs. 286/98 arrivando alla conclusione che la vita familiare dello straniero in Italia va tutelata nonostante i numerosi precedenti penali, salvo che lo steso risulti pericoloso per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, ai sensi dell’art. 13 co. 1 T.U. Immigrazione, unica norma applicabile in quanto richiamata dallo stesso art. 19 co. 2 D.Lgs. 286/98 e non considerato pericoloso ai sensi degli artt. 4 co. 3 e 5 co. 5 del medesimo Testo Unico, come invece aveva sostenuto la Questura nel provvedimento di rifiuto di rinnovo del titolo di soggiorno.

Il Giudice bolognese ha quindi affermato: “(…) per accertare o meno la sussistenza del diritto al rilascio del permesso di soggiorno richiesto si deve rispondere alla domanda se il ricorrente sia soggetto pericoloso ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 19 comma 2 lett. c) e 13 comma 1 d.lgs 286/98. In un caso analogo a quello di cui si tratta la giurisprudenza (Cass., sez. I, 7.6.2017, n. 14159), benché con riguardo alla (sola) ipotesi di primo (e iniziale) rilascio di permesso di soggiorno per motivi familiari a seguito di istanza di cittadino straniero convivente con moglie cittadina italiana, ha affermato che l’art. 19, co. 2, lett. c) TU Immigrazione contiene un parametro ai fini della valutazione della pericolosità sociale nettamente «più favorevole sia di quello relativo al visto per il ricongiungimento familiare (ex art. 4, commi 3 e 5 bis, del d.lgs. n. 286 del 1998) sia di quello desumibile dall’art. 20 del d.lgs.n. 30 del 2007 […]. In queste ultime due ipotesi la valutazione relativa alla pericolosità sociale non ha come parametro soltanto l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato ma anche la commissione di reati gravi ma comuni che vengano ritenuti indicatori di pericolo per la pubblica sicurezza, salvo sempre l’accertamento da svolgersi in concreto e caso per caso“.

Seguendo tale impostazione, prosegue la Corte, ancorché limitatamente al primo rilascio del permesso di soggiorno derivante dall’accertamento della condizione d’inespellibilità, la pericolosità ostativa al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari può desumersi esclusivamente dal parametro di cui all’art. 13, co. 1, TU Immigrazione. La Cassazione quindi afferma chiaramente la non sovrapponibilità della pericolosità richiamata dall’art 19 TU Immigrazione con la pericolosità descritta all’art. 20 d.lgs. 30/07. Da ciò si dovrebbe desumere che, siccome Cass. ord., sez. VI, 29.9.2016, n. 19337 ha equiparato i profili di pericolosità dell’art. 20 d.lgs. 30/2007 e dell’art. 5, co. 5bis, TU Immigrazione, la pericolosità descritta dall’art. 19 TU Immigrazione si pone su un piano diverso da quella richiesta dalle due norme da ultimo citate. Con l’effetto che la commissione di reati comuni, in un contesto relazionale estraneo ad una messa in pericolo dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, dovrebbe consentire, all’esito di una valutazione in concreto, il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 19, co. 2 lett. c) TU Immigrazione.

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Tribunale di Bologna, ordinanza del 24 novembre 2020